Oggi con noi c’è Enrico Capuano, un “pasionario” che ha combattuto mille battaglie, non ultima quella col suo cuore malandato che ha lasciato il posto a quello di una giovane donna. Enrico Capuano quarant’anni di carriera, indipendente per scelta, appartiene alla scuola cantautoriale italiana che ha scritto la storia della musica. Tante le sue collaborazioni artistiche da Claudio Lolli, Franz Di Cioccio, Grazia Di Michele, Francesco Baccini e Tony Esposito.
La musica l’ha suonata, ovunque nel mondo condividendo i palchi con i grandi della musica, ma anche con musicisti scovati per caso alle feste di paese. Un mestiere di cantautore e musicista, per il quale Enrico ama definirsi operaio, perché si lavora davvero, con fatica e impegno. Ascoltarlo raccontare i suoi giri per il mondo, i palchi del 1 Maggio, le piazze, le osterie e la gente che ha incontrato è un meraviglioso viaggio, che vale la pena di fare. Qui la nostra intervista ad Enrico Capuano:
E’ vero che ti definisci un indipendente fortunato?
«E’ vero: una volta era più facile c’erano tantissime feste e piccoli palchi che ci permettevano di andare di piazza in piazza per suonare. Ogni volta erano incontri, scambi, emozioni che rimanevano addosso. Si suonava ovunque, dalla festa del paese a quelle dei partiti, dal Palco del 1Maggio, alla festa del Santo patrono. Oggi un giovane fa più fatica a trovare spazio perché se è vero che grazie alla rete può aprire la sua finestrella e pubblicare la sua musica, finisce per perdersi nel mare magnum dei mille contenitori che sono tanti, troppi.
La memoria è corta perché esci oggi e domani, nessuno ti ricorderà più e, lasciare il segno tra tanto “rumore”, è un’impresa titanica. I soldi fanno la differenza, forse più del talento, anzi togli pure il forse… Lavorare in una nicchia, quella che ho scelto, mi ha reso forte perché avevo il pubblico che mi faceva sentire il suo calore, riempiendo le piazze dove mi caricavo di energia positiva, alimentando la mia creatività. Essere indipendente è stata una scelta che mi ha reso libero e fortunato perché comunque, ci ho campato tutta la vita.»
Enrico com’è cambiata la tua musica?
«E’ cresciuta e ne sono consapevole, oggi in particolar modo. Mi rendo conto di una maturità acquisita, che è arrivata negli anni. I ragazzi oggi sanno come muoversi, sono già pronti, mentre io ho faticato all’inizio. Sono cresciuto grazie all’esperienza e alla capacità di ascoltare, imparare dagli altri; tutto questo condito dallo studio, tanto studio. E’ importante esercitarsi, curare la tecnica vocale, la concentrazione perché questo è un lavoro che non si può sottovalutare. Con il problema cardiaco che ho avuto e, il trapianto di cuore, se non avessi esercitato la mia voce, il canto, non credo che sarei mai tornato a cantare.
La musica fa parte di me e con me cresce, trovando nuove parole e colori. Se posso, vorrei dire ai tanti emergenti di non illudersi che tutto possa essere “cotto e mangiato” in un attimo. Il tutto e subito al quale ci hanno abituati, in questo mestiere, non funziona. L’illusione dei tanti talent è che sia sufficiente esserci per sfondare, ma le luci si spengono e se non si è pronti, determinati e capaci, si viene dimenticati.»
La tua musica ha scritto la storia del folk-rock italiano. Come arriva questa ventata pop?
«Ho sempre fatto di tanto in tanto dei brani cantautorali folk, ma mi andava di fare questo così proprio come una ventata, vestendo con un abito leggero la mia musica. E’ un pezzo esistenzialista dove il tratto melodico è protagonista, evidenziato volutamente. Anche l’arrangiamento è tale, a marcare di più la sua malinconia riflessiva. Immaginarti ora è parte di me, un’espressione che mi appartiene e credo possa essere di tutti noi.»
Immaginarti ora, è come un fermo immagine, dove il passato e il futuro s’incontrano in un presente che sembra sospeso. Com’è nato questo nuovo singolo così intimo?
«E’ un incontro dove i ricordi e la loro velata malinconia, si mescolano alla frenesia e alla curiosità per il domani, per quel tratto di strada che ci si apre davanti. E’ una sensazione davvero particolare, che ho provato spesso, soprattutto, dopo aver ricevuto il cuore che mi ha permesso di ri-nascere. Ho imparato quanto sia importante dare peso a ogni momento, che come un tassello compone il puzzle della nostra vita.
Questa canzone è nata proprio da questa consapevolezza che si raccoglie in un fermo immagine, unico e irripetibile. L’ho scritta nel periodo del lockdown, che per me è stato pesantissimo, abituato com’ero a fare anche cento date in un anno in giro per il mondo da vero indipendente. Ho dovuto fermarmi e mi sono ritrovato, con un tempo che non credevo di avere, a riflettere. Com’è successo a tanti di noi, ho ritrovato tempo per il tempo, un ideale sosta su una panchina dalla quale osservare i giorni passati, godere del presente e immaginare il futuro.»
Enrico, hai un sogno?
«Sogno una rivoluzione culturale per sviluppare nei quartieri e nei piccoli centri la possibilità di fare piccoli festival, che oggi purtroppo, sono soffocati dalla burocrazia. E’ solo così che i territori, i piccoli paesi possono ritrovare respiro e nuova speranza, dando un po’ di lavoro a tutti da chi vende la birra, al service, a chi fa i panini. Un’opportunità per i tanti emergenti che hanno bisogno di poter fare musica, di esprimere la propria creatività. Per quello che riguarda me, uscirà a breve il video di Immaginarti ora e un cd che presenterò con il mio primo live in streaming. Non sarà una vera e propria “piazza” ma un modo alternativo per incontrarci e condividere la gioia della musica!»
Francesco Nuccitelli