Mobilitazione e corteo intorno all’ex Ilva di Taranto dove operai e lavoratori dell’indotto hanno aderito oggi, 29 gennaio, alla manifestazione di protesta indetta da Fim, Fiom, Uilm e Usb e dalle associazioni di categoria Aigi, che raggruppa due consorzi dell’autotrasporto e uno portuale, Confapi e Casartigiani per “scongiurare il disastro sociale e ambientale e garantire la continuità produttiva e occupazionale” dopo il divorzio consensuale da ArcelorMittal. Di fronte alla possibilità imminente di una nuova amministrazione straordinaria dello stabilimento siderurgico tarantino, i lavoratori sono scesi in piazza per chiedere garanzie sui crediti spettanti al mondo della piccola impresa che già ora è in difficoltà nel garantire la continuità lavorativa.

La protesta intende essere un forte segnale in vista dei tavoli e delle decisioni del Governo sul rilancio e sul futuro del gigante dell’acciaio le cui prospettive sono molto incerte, anche alla luce della necessità di intraprendere il complesso passaggio alla riconversione ambientale. “Oggi non solo c’è bisogno che l’Ilva torni a essere pubblica ma, in queste settimane, bisogna scongiurare che ci sia un blocco totale delle attività”, afferma il leader della Cgil Maurizio Landini. “Se l’acciaio è un’attività strategica per un Paese industriale penso che lo Stato non solo debba essere dentro ma deve dare linee di interesse, tanto più se mettiamo a disposizione soldi pubblici, questo significa fare politica industriale che in questo Paese non si fa da 25/30 anni”, sottolinea Landini. “Quella di oggi – afferma Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil – è una straordinaria giornata di mobilitazione che parla a tutto il Paese. Sono giorni cruciali per l’ex Ilva. Ci aspettiamo la convocazione in queste ore da parte di Palazzo Chigi, in quanto occorre agire immediatamente. Il rilancio produttivo di Taranto e gli investimenti per la transizione ecologica sono indispensabili per salvaguardare l’occupazione e l’ambiente”. “E’ necessario – sottolinea il sindacalista – archiviare immediatamente la stagione di Arcelor Mittal e affrontare il futuro, che non può passare per il fermo degli impianti e la collocazione in cassa integrazione dei lavoratori. L’acciaio e la decarbonizzazione si fanno con le persone che lavorano, tutelando la salute e l’ambiente. Come Fiom-Cgil ribadiamo la necessità della salita del capitale pubblico e del controllo da parte dello Stato della più grande acciaieria d’Europa. Senza acciaio non c’è futuro industriale per il nostro Paese”, conclude. Oltre 6.000 lavoratori dell’ex Ilva stanno sfilando da questa mattina intorno al perimetro dello stabilimento di Taranto. “La massiccia adesione dei lavoratori alla mobilitazione di questa mattina – dice il segretario nazionale Fim, Valerio D’Alò – deve essere il segnale per il governo di comprendere che i passi che si faranno per salvare l’ex-Ilva dovranno tenere in debita considerazione e tutelare tutti lavoratori diretti e delle imprese, sia come ammortizzatori sociali, sia come tutela delle imprese stesse che devono essere aiutate nel poter traguardare una seconda eventuale insinuazione al passivo qualora il percorso sarà quello dell’amministrazione straordinaria. Bisognerà fare presto e bene – sottolinea D’Alò – per risolvere tutti i nodi che tengono bloccato il rilancio di tutti i siti del gruppo ex Ilva, non solo di Taranto ma di tutto il Paese”. “L’Ugl Metalmeccanici è oggi al corteo di Taranto perché le conseguenze innescate dagli impianti ex Ilva, che lavorano al minimo storico, hanno prodotto una pesantissima situazione. La manifestazione di oggi – sottolinea Antonio Spera, segretario nazionale Ugl Metalmeccanici – serve a rappresentare tutte le difficoltà e le contraddizioni di un territorio molto fragile e di un tessuto industriale molto complesso”. Anche per questo, rileva Spera, “chiediamo al Governo di andare avanti sulla strada che ha già iniziato a tracciare, tenendo conto di tutte le parti in causa: i lavoratori diretti, quelli dell’indotto e in amministrazione straordinaria, quelli degli appalti e gli autotrasportatori. C’è bisogno, infatti, di sostenere un intero sistema produttivo, una filiera che ha valenza strategica nazionale e, allo stesso tempo, l’ambiente di un territorio che ha sofferto fin troppo”, conclude.