Avete mai pensato a cosa sarebbe un film horror senza un commento musicale che dia armonia a quell’agglomerato di mostri, zombi, fantasmi e chi piú ne ha piú ne metta? Ecco, Fabio Frizzi ne sa qualcosa. Una vita di cinema e musica segnata dal sodalizio artistico con il regista Lucio Fulci, grazie al quale è considerato uno dei simboli del cinema horror e di genere in tutto il mondo. Permettetemi di introdurvi a questo piccolo viaggio nel mondo creativo di questo grande musicista dell’orrore, che ho la fortuna di chiamare ”papà”.
Fabio Frizzi, l’intervista
Il tuo primo amore è stata la chitarra. Come ti ha influenzato lo studio approfondito di questo strumento nel creare la tua identità artistica nella composizione di colonne sonore?
La chitarra è stato l’inizio di tutto. Appassionato di musica lo ero già fin da piccolo, ma avere in mano questa specie di chiave, di passe-partout, che mi permetteva di capire meglio cosa c’era dentro l’universo musica fu veramente una conquista. Non avrei mai immaginato che sarebbe diventata una professione, ero già felice così, suonando i miei brani di musica antica, conoscendo il fascino della musica di insieme, nel pop e nel classico, una meraviglia. Poi quando si è aperto l’altro portone, quello della professione di compositore di colonne sonore la chitarra non mi ha mai abbandonato: ha condiviso il podio con piano, tastiere e quant’altro, ma è ancora, sempre, vicino a me.
Sei cresciuto respirando cinema a pieni polmoni. C’è stato un momento preciso in cui è nato l’amore per la colonna sonora? E se si, quale?
È stata una lunga (nemmeno tanto) strada di avvicinamento. Mio padre (Fulvio Frizzi) viveva profondamente la sua professione di distributore cinematografico, portando tutti i giorni a casa le sue novità e le sue speranze. La musica ha sempre avuto grande importanza nel cinema e ogni volta che un nuovo film era pronto per uscire era accompagnato e supportato da una nuova colonna sonora. Il tema drammatico che Carlo Rustichelli scrisse per “Il Ferroviere” di Pietro Germi mi conquistò subito. Poi tante altre emozioni, poi finalmente incontrai Morricone al tempo di “Giù la testa”. Un paio di anni dopo cominciavo con il mio primo film.
Come coesistono il Fabio ascoltatore di musica e il Fabio compositore? Quali sono gli artisti (compositori/cantautori/musicisti) che maggiormente ti hanno influenzato nella tua carriera?
La mia generazione ha avuta la grande fortuna di vivere un’epoca musicalmente meravigliosa e irripetibile. Credo che anche da questo sia venuta la mia passione per la musica. Chi mi conosce sa che il binomio che sintetizza (in modo certamente un po’ banale) i miei riferimenti è Bach e Beatles. Il vero senso di questo schema sta nel fatto che non ho grandi pregiudizi nei confronti di generi e epoche. Ho ascoltato e ascolto di tutto e ogni artista che apprezzo può essere (o essere stato) una mia utile ispirazione.
Una carriera cinquantennale che conta più di cento tra film, cortometraggi, fiction e serie tv. Chi, tra i registi con cui hai lavorato, ti ha lasciato più il segno?
I visi, i caratteri che affiorano sono veramente tanti. Da alcuni dei grandi classici con cui è stato quasi incredibile collaborare, come Steno (Febbre da cavallo), Luciano Salce (Fantozzi, Vieni avanti cretino). Bruno Corbucci (due dei “Delitti” con Tomas Milian), alla persona che mi ha voluto accanto in alcune delle pagine più belle della fiction italiana, Vittorio Sindoni (“Non lasciamoci più”, “Il Capitano”, “Butta la luna” e molte altre). Ma uno di quelli che mi ha dato di più, compresa una eredità artistica che mi porta in giro per il mondo a dieci anni, è stato Lucio Fulci, venerato in tutto il mondo soprattutto per la sua produzione horror. Questa sua popolarità ha piacevolmente trascinato nel vortice anche me.
La tua lunga collaborazione con Lucio Fulci è riconosciuta oggi in tutto il mondo come un caposaldo del cinema e della colonna sonora horror. Che ricordi hai di quel periodo, dell’atmosfera sul set, del rapporto con Fulci?
Lucio, persona colta, eclettica, esigente, era uno che il cinema lo conosceva bene, circondato dai suoi collaboratori fedeli metteva in ogni suo film, a qualsiasi genere appartenesse, la sua forte personalità artistica. Non è un caso che sia stato definito dai critici francesi il terrorista dei generi. Un grande uomo di spettacolo, un caro amico, uno da cui ho imparato moltissimo.
Come hai accolto questa recente riscoperta del cinema di genere e in particolare dei vostri film?
All’inizio di questo momento di riscoperta, circa 15, 20 anni fa, mi è sembrato qualcosa di piacevole, insolito e di probabilmente momentaneo. Poi la meteora è diventata un mondo nuovo, che ha trascinato anche molta della nuova cinematografia. Insomma qualcosa di bello ed importante non solo per me, ma per la cultura di tutto il mondo.
Non posso non chiederti, per concludere, quali sono i tuoi tre film horror preferiti.
Ce ne sono tanti… Ma oggi qui voglio consigliare a chi non conosce bene Lucio Fulci, qualcosa di ‘nostro’. “Zombi 2”, “Paura nella città dei morti viventi” e “L’Aldilà”. Se avete il coraggio di guardarli, non ve ne pentirete!
Caterina Frizzi