CasaPound è solo il caso più esemplare, ma la realtà fascista del nuovo millennio in Italia è molto più diffusa di quanto si immagini.

Xenofobia, razzismo, populismo, sovranismo, eurofobia: sono queste le caratteristiche principali di quello che può essere tranquillamente definito oggi “Fascismo 3.0”. E se qualcuno magari si sente incline a considerare questa una naturale deriva degli ultimi anni dovuta principalmente al fallimento dei partiti di Sinistra, è bene che sappia che ci troviamo di fronte a una vera e propria “malerba”, di quelle impossibili da estirpare completamente. Le minimizzazioni di alcune ricorrenze annuali, poi, non aiutano certo il cittadino medio a farsi un’idea ben chiara della faccenda. Perché, occorre dirlo, ridurre la Festa del 25 aprile a puro e semplice “derby tra comunisti e fascisti” è veramente triste. E l’ignoranza, considerando anche i trascorsi storici, va sicuramente annoverata tra le caratteristiche di cui sopra legate al neofascismo odierno.

La prima contraddizione tutta italiana è da vedersi nell’attuazione della vecchia Legge Scelba del 1952, secondo la quale “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Si tratta, peraltro, dell’introduzione ufficiale del reato di apologia del fascismo, prevedendo la pena detentiva (da 5 a 12 anni) per qualunque individuo “promuova oppure organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione” del disciolto partito mussoliniano. Si prevede la condanna, inoltre, per chiunque “pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”, ma è sull’art. 4 relativo alla propaganda che la legge del ’52 vacilla.

Fascismo, propaganda
Palazzo Braschi 1934 (Roma), fonte “Wikipedia”

Già il 16 gennaio del 1957, diversi esponenti del Movimento sociale italiano (partito di estrema destra fondato nel 1946 da Almirante, Rauti e Michelini) interpellarono la Corte costituzionale richiamando l’attenzione sulla possibile violazione dell’art. 21 della Cost. sulla “libertà di manifestazione del pensiero”. La Consulta, in quel caso, non ravvisò nelle argomentazioni mosse contro la Legge Scelba ragioni abbastanza valide da mettere in discussione la condanna ad ogni tipo di difesa elogiativa e/o esaltazione che potesse istigare alla riorganizzazione del partito fascista.

Il passo successivo a livello giuridico avviene con la Legge Mancino del 1993, prevedendo la reclusione fino a 3 anni per chiunque fomentasse la diffusione di idee propagandistiche fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, l’esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi fascisti, o le sue finalità antidemocratiche. Ma, in qualche modo, è stata la mancata approvazione del disegno di legge presentato nel 2017 dal deputato del PD Emanuele Fiano (causa l’epilogo della legislatura nello stesso anno) a mettere la firma definitiva su quanto già non stesse avvenendo in Italia nonostante le “misure cautelative” finora citate.

In base all’introduzione nel codice penale di un nuovo articolo, il 293-bis, si stabiliva ufficialmente la condanna (da 3 mesi a 2 anni) per tutti coloro i quali avessero mosso propaganda attraverso le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco. In sostanza, si vietava tassativamente la diffusione (soprattutto attraverso la rete) di immagini o simboli relativi ai vecchi movimenti socialisti, oltre all’ostentazione di gestualità eclatanti come il “saluto romano”.

Infografica “movimenti di ultradestra” (fonte “AdnKronos”)

Un breve excursus storico, questo, per rendere più evidente quanto nessuna delle soluzioni citate e realizzate, più o meno, nel corso degli ultimi 70 anni abbia sortito alcun effetto veramente concreto. Se la Sinistra è andata lentamente incontro alla propria crisi ideologica, la Destra a ben vedere non si è mai contraddetta. Ogni passo mosso da quest’ultima, infatti, non ha fatto altro che portare ad un inevitabile “dileggio delle più recondite paure di una società italiana tristemente senescente”. Paure tenute sempre in caldo e utili all’occorrenza, come quella per “il diverso”, sia che dipenda da un fattore di pelle che da uno di natura sessuale (prima che politico, ovviamente). Ecco che allora persino i valori culturalmente più tollerabili (ammesso che ce ne siano, in questo senso) crollano come un castello di carte, cedendo spazio e ragion d’essere a quelli umanamente  più assurdi, capaci solo di avvelenare le giovani menti e condurle al loro personalissimo disastro.

Manifesto Lega 8 marzo 2019 (fonte “TGCOM24”)

Lo stupro di Viterbo, in questo senso, è solo l’ultimo, tragico episodio derivante da quell’assordante propaganda politica basata su slogan del calibro di “PRIMA GLI ITALIANI”, che poco o niente hanno a che fare con l’orgoglio nazionale. Ciò che di realmente concreto ha fatto l’avanzata sempre più incalzante negli ultimi anni delle linee di destra, è stato fomentare quel “sempre verde” malcontento popolare incentrato principalmente sulla ricerca del colpevole (che fosse la “Sinistra incapace” o l’immigrato invasore) e sulla legittimazione di idee dal sapore medievale (non ultimo, quello di definire il ruolo della donna esclusivamente all’interno delle mura domestiche). In sostanza, quello che si ritrovano davanti i giovani aspiranti membri di qualsivoglia movimento di estrema destra è un quadro fatto di violenza legalizzata, perché di base a restare impunito è il pensiero marcio che si nasconde dietro (nemmeno troppo bene in realtà).

I risultati dell’estrema destra alle ultime elezioni politiche nei vari paesi europei (fonte “Le Monde”, Immagine “Il Post”)

CasaPound, Forza Nuova, Avanguardia Nazionale, Do.Ra., Veneto Fronte Skinheads e altri ancora. Da nord a sud si fa fitto l’elenco dei camerati del nuovo millennio, che trovando nei grandiosi partiti alla guida attuale del Paese (Lega Nord, Fratelli d’Italia, Forza Italia) il proprio elisir di lunga vita, rafforzano la propria raison d’être grazie anche all’avanzata delle destre europee. Polonia, Austria, Belgio, Danimarca, Svezia sono alcuni degli esempi più eclatanti di quanto la percentuale di sostenitori di stampo nazionalista sia cresciuta negli ultimi anni, facendo leva soprattutto su argomenti comuni come l’immigrazione e la lotta all’Islam.

Un quadro che anticipa in maniera piuttosto preoccupante lo scenario delle elezioni del prossimo 26 maggio.

Jacopo Ventura