Dopo i 3 titoli NBA nelle ultime 5 stagioni, il dominio dei Golden State Warriors sembra essere giunto al termine
Già dalla sconfitta nelle scorse Finals NBA, con il conseguente addio di Kevin Durant, in molti pensavano che l’egemonia imposta dalla franchigia californiana stesse per finire. L’arrivo di Russell in estate aveva dato nuove speranze alla squadra di coach Kerr, ma gli ulteriori infortuni patiti hanno influito negativamente sull’inizio della stagione dei Warriors e probabilmente condizioneranno l’andamento di tutta la stagione.
Warriors Hospital: l’infermeria piena
Oltre alla rottura del tendine d’Achille di Durant, durante le Finali NBA 2019 anche Thompson, tutt’ora sotto contratto per i Warriors, si è infortunato gravemente (Rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro per il prodotto di Washington) e a detta di Steve Kerr rimarrà ai box per tutta la stagione.
Ma non è finita qui: dopo soltanto 5 gare della Regular Season appena cominciata, il 2 volte MVP Steph Curry, pronto a tornare ad essere il leader indiscusso dei Warriors si è rotto una mano nella partita di una settimana fa contro i Suns (Per il video dell’infortunio clicca qui) e dovrà aspettare almeno 3 mesi prima di poter tornare in campo. Anche il leader emotivo della squadra, Draymond Green, si è fatto male alla mano e, anche se non sembra essere un infortunio pesante, adesso a Golden State si iniziano a valutare idee di ricostruzione, con Russell e lo stesso Green che sentiranno più volte i loro nomi associati a possibili scambi nei prossimi mesi.
I “nuovi” Warriors: panchina corta e inesperta
Le problematiche di questi nuovi Warriors non sono soltanto legate alla tenuta fisica dei giocatori, ma anche all’involuzione del roster in quanto ad esperienza e costanza in uscita dalla panchina. In estate Golden State ha dovuto salutare Livingston, ritiratosi dalla NBA, e Iguodala, spedito ai Grizzlies per avere abbastanza spazio salariale per far arrivare D’Angelo Russell sulla Baia.
La dirigenza non ha sostituito adeguatamente i due pezzi pregiati della panchina dei Warriors, così fondamentali nella conquista dei 3 anelli dal 2015 al 2018. Il Salary Cap pieno e il non essere più i favoriti nella corsa al titolo hanno limitato le possibilità del General Manager Bob Myers che ha completato il roster con rookie, come Poole e Paschall, già protagonisti in questo avvio di stagione, o giocatori in cerca di riscatto come Burks e Chriss.
Il sistema Warriors: la difesa che non c’è più
Golden State sta pagando questa inesperienza su tutti i fronti. Il record è di 2 vittorie e 5 sconfitte, lo spogliatoio, già dalla lite Green-Durant della scorsa stagione, non sembra più un’unica entità come negli anni passati e il sistema di coach Kerr ha smesso di essere quella macchina perfetta e apparentemente indistruttibile.
Soprattutto difensivamente si stanno riscontrando delle problematiche. Il defensive rating è il peggiore della Lega (Oltre 117 punti per 100 possessi concessi agli avversari) e concedono oltre 3 canestri in più a partita nel pitturato rispetto alla passata stagione, nonostante la presenza di molti più centri di ruolo nel roster attuale.
Il futuro: che strada prendere?
Se il buongiorno si vede dal mattino, i Warriors dovrebbero pensare ad un nuovo inizio, magari scambiando qualche giocatore, come in molti suggeriscono. È anche vero, però, che gli infortunati rientreranno a pieno regime dalla prossima stagione e i giovani di contorno avranno un’anno di esperienza NBA sulle spalle e potrebbero contribuire ad un ritorno ai massimi livelli, con la speranza di poter lottare contro le due squadre che sembrano più attrezzate a dominare la Lega, i Lakers e i Clippers (Per saperne di più sulla rinascita losangelina in NBA, clicca qui).