Formula 1 e moda: il fashion va dritto in pole position a Monaco

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Di Luca Cioffi

A Montecarlo, tra auto sportive e spalti acclamanti, la pista si è accesa sotto il bagliore del grand prix, che punta la luce delle sue teste di serie sui look degli spettatori. Da Charlotte Casiraghi a Lewis Hamilton, i look degli ospiti dell’ultima edizione 2023 del circuito monegasco, segnano un recupero del ‘’racecore’’: la tendenza social che guarda alla divisa da pilota per immaginarsi un dailywear che esce fuori dal tracciato della corsa. E tra maglie di Chanel e tute del team Ferrari, la moda riaccende i motori in vista del podio.

Formula 1 e moda: il recupero ed il restauro di un immaginario

Charlotte Casiraghi al Gran Premio di Monaco - Photo Credits it.dayfr.com

Si deve ripercorrere in retromarcia la storia, a volte turbolenta, che unisce moda e Formula 1, risalendo al 2016, l’anno in cui quest’ultima stava per scomparire dalla programmazione televisiva. La Formula 1 che aveva sempre appassionato il pubblico internazionale tra Europa ed America, in quell’anno registrava un calo del 40per cento di spettatori, che abbandonavano gli spalti delle corse per quelli di altri sport, portando ad un indebolimento dello share. Un periodo che i produttori della F1 di Monza definirono come ‘’intervallo’’, consapevoli che questo era solo un temporaneo disorientamento dell’industria delle corse. E così fu. Dopo sei anni, nei quali si sono avvicendati diversi passaggi di proprietà e modifiche strutturali, l’intera organizzazione della Formula 1 passò a Liberty Media, che riprogramma il calendario di competizioni ed incrementa le pubblicità social. Fu quella la svolta con la quale raggiunse il miliardo di spettatori nel 2022, anche grazie alle nuove strategie di comunicazione messe in atto su social come TikTok, dove il racecore si rimette in moto. Complici di questo ritorno sono le apparizioni di celebrity e fashion personalities che per primi reinterpretarono la gara come lo stage di uno show, grazie al supporto di main partener come Boss e Tommy Hilfiger, con i quali si riscrissero le regole del dresscode, spaziando in colori e tessuti. Dal rosso del cavallino rampante della Ferrari al grigio ottico della Mercedes, fino ad arrivare al blu Maserati, la moda si appropria delle texture delle più note case automobilistiche e con queste fonda una nuova liason, che supera lo schermo social e si materializza in un recupero di materiali come la pelle degli interni delle auto e le fibre metalliche dei rivestimenti, in un upcycling che coinvolge atelier e meccanica.

La storia di una partenership

Una storia lunga, che si intesse nel nylon di divise imbottite e boot in pelle, e che ritrova il principio della sua narrazione nei lontani anni ‘20. Autore del primo capitolo di questa storia è la giacca in pelle prodotta nel 1928 dall’azienda americana Schott NYC, che per prima commercializzò il biker come lo conosciamo ora, simile a quello che poi apparve indossato da Tom Cruise nel ruolo di Maverick. Era un capo accessibile e resistente, il primo nel suo genere a presentare un’univa chiusura verticale laterale che garantiva resistenza in corsa. Nel 1953 appare indossata da Marlon Brando in Il Selvaggio e lì l’immaginario del biker si allarga, mutando in tute e stivali bassi come quelli dei piloti. Gli stessi che anni dopo la cultura punk riprese e reinterpretò allontanandosi dal suo uso d’origine. Lo stesso fece Jean Paul Gaultier negli anni ‘80, quando creò la sua divisa da pilota al femminile, in una rilettura couture che lascia ben poco spazio alla praticità. Avvicinandoci al presente Boss, per anni sponsor della McLaren, è tra gli eredi di questa partnership moda-formula 1, il quale nel 2006 fece sfilare abiti ed accessori vicino ad un nuovo modello della Mercedes. Ed è di recente ha annunciato una nuova collaborazione con un ignoto marchio automobilistico, per il quale curerà gli interni ed il design di una mini collezione dedicata. Nel 2018 è Tommy Hilfiger ad avvicinarsi alla Formula 1, scegliendo Lewis Hamilton come nuovo testimonial e successivamente ricostruendo un circuito come scenografia dello show SS18 dal titolo ‘’Drive’’, dove apparirono look che riproducevano le iconiche tute da corsa. Stesso concept per l’americano Jeremy Scott, che nel 2016 ha costruito un’intera collezione a tema Gran Premio, anni dopo ripresa da Francesco Ragazzi per Palm Angels in collaborazione con Haas F1 Team, la scuderia americana guidata da Guenther Steiner. In quegli stessi anni escono nuove collaborazioni: Alpha Tauri e Piloti, storico brand di scarpe che si rifà alla F1, Alpine e Berluti, Lewis Hamilton e Valentino. Anche maison totalmente estranee ai circuiti da corsa attingono a quell’immaginario per reinventarsi, come per Dior e la sua FW22, dove look collegiali fatti di abiti neri e colletti sporgenti si abbinano a guanti in pelle gialli, blu e rossi che riprendono i race gloves usati dai piloti in gara. Fino ad arrivare al debutto nel ready-to-wear di Ferrari, in un tributo esplicito alle origini della Rossa, con il quale si presenta nell’idustria dell’abito come insider delle corse. E sempre di tributo parla Chanel con la Resort 23 presentata al Monaco Beach Club lo scorso anno, dove sfilarono mini bag a forma di caschi da pilota, blazer che riproducono le spesse giacche da corsa, e lunghe tute a quadri realizzate nell’iconici tweed.

Charlotte Casiraghi e la t-shirt da migliaia di euro

Ed è proprio Chanel, negli ultimi giorni, ad aver riportato l’attenzione a dentro e fuori la pista. Quando Charlotte Casiraghi è apparsa alle gare di qualificazione per il Gran Premio di Monaco, in denim, sandali bassi, la sua immancabile 11.12, e una maglia bianca con la scritta Chanel con un’auto sportiva stampata sopra, TikTok si è riempita di foto e associazioni tra la maison parigina e la Formula 1. Un fashion dilemma che si interroga su quanto la moda ricorra a realtà a lei estranee per costruire un potere totalitario, su quale fonda guadagni e pubblicità. Non a caso gli utenti di TikTok hanno scovato in brevissimo tempo il costo della maglia proveniente dalla Resort di un’anno prima: 4.500euro, ma può variare a seconda di applicazioni e decori che la rendono personalizzabile. Il suo valore ha aperto un dibattito sullo stesso social media, ma al contempo ha riacceso l’attenzione per quello che i tag definiscono come ‘’racecore’’: il trend nativo digitale che guarda alle corse sportive per reinventarsi, e che mira a vestire l’alta velocità.

Luca Cioffi

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