Forse è ora di ridurre l’orario lavorativo in Italia

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Di Maria Paola Pizzonia

In Italia più della metà della popolazione desidererebbe ridurre l’orario lavorativo. La società del lavoro sta cambiando e questo non è necessariamente un male.

In Italia, la maggioranza dei lavoratori desidera lavorare meno. È quanto emerge dall’ultimo studio del Censis sul benessere aziendale, che rivela un crescente desiderio di equilibrare vita e lavoro. L’Italia, infatti, registra un’elevata insoddisfazione riguardo alle lunghe ore lavorative, superando la media europea di 3 ore e la Germania di 6.

Perché ridurre l’orario lavorativo in Italia?

Le richieste principali dei lavoratori italiani sono una riduzione dell’orario di lavoro e un maggiore focus sul benessere psicologico. Queste richieste sono condivise tra i giovani, gli adulti e gli over 50. Un numero significativo di lavoratori ha smesso di rispondere a chiamate e email al di fuori dell’orario lavorativo per dedicare più tempo alla propria vita personale. Inoltre, c’è una forte domanda perché le aziende si prendano cura del benessere psicofisico dei dipendenti.

Il benessere sul posto di lavoro è un’altra priorità per i lavoratori italiani. La maggior parte degli intervistati chiede l’implementazione di programmi di welfare aziendale, con molti che vorrebbero vedere questi programmi potenziati. Inoltre, molti lavoratori apprezzerebbero un aumento salariale sotto forma di benefici del welfare.

Questi dati riflettono un crescente interesse per modelli occupazionali alternativi, come la settimana lavorativa di 4 giorni. Esempi di successo in questo senso sono stati osservati in Regno Unito e in Italia con alcune aziende come EssilorLuxottica, Lamborghini e Banca Intesa Sanpaolo. Queste riduzioni dell’orario di lavoro non solo non danneggiano l’economia, ma migliorano la produttività e il benessere dei dipendenti. Nonostante l’apertura dimostrata da alcune grandi aziende, le istituzioni non hanno risposto in modo simile, né riguardo all’orario di lavoro né ai salari. L’Italia, inoltre, è l’unico paese dell’Unione Europea in cui gli stipendi sono diminuiti dagli anni Ottanta e uno dei pochi senza un salario minimo.

Il governo attuale e il divario di genere:

Il governo attuale, guidato da Giorgia Meloni, ha respinto le proposte sia per un salario minimo, supportate da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, sia per una riduzione dell’orario di lavoro, presentata dal Movimento 5 Stelle. Non c’è ancora un sostegno politico serio per la settimana lavorativa di 4 giorni.

Un altro problema critico evidenziato dallo studio del Censis è il divario di genere nell’occupazione. Le donne, soprattutto quelle con figli, sono penalizzate con tassi di occupazione inferiori rispetto agli uomini, e i figli contribuiscono in modo significativo alla perdita di lavoro delle donne. Qualche dato:

  • Il tasso di occupazione femminile in Italia è stato inferiore rispetto a quello maschile. Nel 2021, il tasso di occupazione delle donne era del 49,5%, mentre quello degli uomini era del 65,8%.
  • Riguardo la disoccupazione le donne tendono a sperimentare tassi di disoccupazione leggermente superiori rispetto agli uomini. Nel 2021, il tasso di disoccupazione femminile era del 10,8%, mentre quello maschile era del 9,3%.
  • Nonostante il progresso negli ultimi decenni, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia rimane inferiore a quella degli uomini. Nel 2021, la percentuale di donne in età lavorativa (15-64 anni) che facevano parte della forza lavoro era del 47,6%, mentre quella degli uomini era del 67,6%.
  • Le donne sono spesso sottorappresentate in settori ad alta remunerazione e hanno maggiori probabilità di essere impiegate in settori a bassa retribuzione o occupazioni precarie.
  • In Italia, c’è ancora un significativo divario di genere nella retribuzione. Le donne guadagnano in media meno degli uomini per lo stesso lavoro svolto. Nel 2020, il divario salariale di genere era del 5,8%, con le donne che guadagnavano mediamente meno degli uomini.

Sì, è ora di ridurre l’orario lavorativo in Italia

La società sta subendo una trasformazione profonda, e con essa evolve il nostro approccio all’etica del lavoro. Le nuove generazioni non abbracciano più ciecamente l’idea del sacrificio estremo che caratterizzava le generazioni passate, e questo cambiamento non è necessariamente negativo. Si osserva una tendenza a “accontentarsi di meno”, a cercare condizioni lavorative più eque e rispettose dei diritti fondamentali dei lavoratori. Ciò significa che ora, tendenzialmente, non si accettano più situazioni che rasentano lo sfruttamento.

Questa evoluzione è significativa e positiva poiché riflette una crescita nella consapevolezza morale riguardo al valore del tempo umano, considerato una risorsa più preziosa. In pratica, si traduce in un maggiore benessere generale. È incoraggiante constatare che l’Italia, come molti altri paesi, sta manifestando un desiderio concreto di ridurre le ore di lavoro. Questo segnale non solo indica una maggiore attenzione al benessere individuale e collettivo, ma anche un progresso tangibile verso una società più equa e consapevole dei propri valori umani.

Ridurre il l’orario di lavoro in Italia e due parole sull’antilavorismo:

L’antilavorismo, in un’epoca contrassegnata dalla frenesia e dalla corsa alla produttività, emerge come un valore che invita alla riflessione. Si tratta di un movimento che sfida il culto del lavoro e solleva interrogativi sul suo vero significato. L’etimologia del termine “lavoro”, derivante dal latino “labor”, evoca il concetto di fatica, di impegno profuso per un fine. Quindi si può dire che in molti casi le attività che svolgiamo quotidianamente, anche quelle non retribuite, possono essere considerate forme di lavoro.

Il problema sorge quando il lavoro diventa un ostacolo al conseguimento della piena soddisfazione nella vita. Il lavoro dovrebbe essere uno strumento per migliorare la nostra qualità di vita, non il suo impedimento. Fondamentale in questo ragionamento è l’equità salariale, poiché solo un salario equo può essere il punto di partenza. È cruciale comprendere che l’antilavorismo non è una condanna del concetto di lavoro, ma una critica al suo sfruttamento.

L’antropologo americano, nel suo libro “Bullshit Jobs: A Theory”, discute dei lavori inutili o alienanti che dominano la società moderna. Lo scrittore e filosofo francese Andre Gortz è famoso per il suo lavoro “Critica della divisione del lavoro” e ha esplorato il concetto di lavoro alienante e la necessità di ridurre le ore di lavoro per creare una società più equa e centrata sul benessere individuale. Bisogna mettere in discussione le concezioni tradizionali del lavoro e invitando a una riflessione critica sul suo ruolo e significato nella società contemporanea.

L’antilavorismo abbraccia il valore della pigrizia intesa come ricerca di un equilibrio tra lavoro e tempo libero, ma non condanna il lavoro stesso. Ciò che va demonizzato è lo sfruttamento, il lavoro sottopagato e le condizioni inumane in cui talvolta si svolge. In questo contesto, l’antilavorismo rappresenta un richiamo alla dignità e al rispetto delle persone, invitando a una riflessione profonda sul significato e sui valori del lavoro nella società contemporanea.

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine