Francesco Guicciardini è stato uno degli scrittori più significativi del Rinascimento. Con il suo pensiero politico e dal rapporto lavorativo e di reciproca stima con il suo collega Niccolò Machiavelli ha influenzato tutta una corrente di pensiero fino ai nostri giorni.
Noto soprattutto per l’opera “Storia d’Italia”, Guicciardini nasce a Firenze il 6 Marzo del 1483 da una famiglia tra le più fedeli al governo mediceo. La sua formazione è naturalmente umanistica, ma si avvicina particolarmente alla storiografia antica, per poi intraprendere il percorso accademico in giurisprudenza. Contro il parere del padre, Guicciardini sposa Maria Salviati, che nell’ottica paterna costituisce la minaccia di un conflitto d’interessi con Soderini, a cui tutta la famiglia Salviati è nettamente opposta. Francesco invece, con grande ingegno e lungimiranza, sfrutta la situazione a suo favore, proprio per ottenere quegli incarichi politici tanto ambiti.
Francesco Guicciardini: il pensiero politico
Con l’opera precedentemente citata Storia d’Italia, lo scrittore si afferma nella storiografia moderna. Ciò che rendere quest’opera così interessante è la prospettiva dell’autore, che si pone come spettatore, distaccato e imparziale, al punto da risultare un eccellente analista di quella che è la situazione politica dell’epoca. Il dibattito, non solo politico, ma anche culturale, quanto governativo e umano, è in questi anni molto acceso: in questo quadro così complesso, Guicciardini analizza le caratteristiche delle circostanze, esaminando con occhio critico il variare di esse e contestualizzandole nel loro “particulare”. Il concetto è in contrasto con l’universalità umana di Machiavelli, che invece sostiene un inevitabile ripetersi della natura umana, radicata e precisa, nel corso della storia.
Il concetto guicciardiniano differisce dal pensiero machiavelliano anche per un’altra peculiarità: se Niccolò opta per una natura tendenzialmente maligna dell’uomo, Francesco invece intende il particulare proprio come la piena realizzazione dell’ingegno umano, che pone al proprio servizio e al servizio dello stato. In altre parole, Guicciardini invita a soffermarsi sulla capacità umana di poter sfruttare al massimo le potenzialità di una data circostanza, nella sua specificità.
Ricordi politici e civili: un’opera che anticipa la storia
L’opera dei “Ricordi politici e civili” è considerata da molti una delle fondamenta dell’aforisma politico. Il titolo non deve ingannare: in questo caso Guicciardini utilizza il termine “ricordo” non per riprendere qualcosa dalla memoria, ma lo utilizza nel senso latino di monito. Il ricordo guicciardiniano è quindi una finissima elaborazione in cui lo scrittore esclude da ogni possibilità la prospettiva di una storia mitologica, costruita ad arte, fantastica, idealizzante una società utopistica, sottolineandone l’inattuabilità. Una civiltà non può contare sulla propria perfezione, proiettando nella propria storia leggende inverosimili per poter sostenere un sistema di valori che non ammette alcuna falla, è impraticabile nella realtà. Francesco affronta diverse tematiche, si sofferma sulla religione, che condanna:
«Io non so a chi dispiaccia più che a me la ambizione, la avarizia e la mollizie de’ preti: sì perché ognuno di questi vizi in sé è odioso, sì perché ciascuno e tutti insieme si convengono poco a chi fa professione di vita dependente da Dio, e ancora perché sono visi sì contrari che non possono stare insieme se non in uno subietto molto strano. Nondimento el grado che ho avuto con più pontefici m’ha necessitato a amare per el particulare mio la grandezza loro; e se non fussi questo rispetto, arei amato Martino Luther quanto me medesimo: non per liberarmi dalle leggi indotte dalla religione cristiana nel modo che è interpretata e intesa comunemente, ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati a’ termini debiti, cioè a restare o sanza vizi o sanza autorità.»
Francesco Guicciardini – Ricordi, 28
La straordinarietà dell’opera emerge dal ritratto dell’uomo moderno che l’autore traccia in questa sorta di “anti-trattato”. Francesco insiste soprattutto sul da farsi dell’uomo, e sulla propria autonomia nel costruirsi. Non servono dolci illusioni, e neppure crude certezze. Guicciardini ha una visione disincantata del mondo, della storia, ed è per questo che ricorre ancora a quel particulare che differisce da circostanza a circostanza.
«È grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente e, per dire così, per regola; perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione per la varietà delle circunstanze, le quali non si possono fermare con una medesima misura; e queste distinzione e eccezione non si truovano scritte in su’ libri, ma bisogna le insegni la discrezione.»
Francesco Guicciardini – Ricordi, 6
Maddalena Barnabà
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