La Edoardo Molinari Golf Academy ha lanciato delle nuove live settimanali su Instagram chiamate TourTalks, e cioè delle chiacchierate con giocatori del tour. Come primo ospite si è presentato Francesco Molinari, per iniziare col botto. Ecco il botta e risposta della live.
Francesco Molinari: l’intervista
A Carnoustie nell’ultimo giro sembravi tranquillo. Hai fatto allenamenti specifici per quello?
“Arrivavo con molta fiducia grazie a risultati positivi nelle settimane passate. Questa sicurezza mi ha portato ad essere più solido e preparato per quella giornata. La sera prima quando avevo visto di essere con Tiger non ero contento, ma poi il giorno dopo ero calmo e sapevo che avrei fatto il possibile per consegnare lo score migliore”.
Poi la Ryder Cup di Parigi, tutti pensavano saresti stato fondamentale, ma non così tanto, e nessuno si aspettava che avessi giocato con Tommy. Com’è nata questa coppia?
“Neanche io mi aspettavo di fare così bene. Con Tommy avevamo deciso di giocare insieme tempo prima, chiedendolo a Bjorn. Tutti i giri di prova abbiamo giocato insieme e abbiamo convinto Thomas, che non era molto deciso nell’accoppiarci anche nel Four-ball. Dopo le prime due vittorie ci ha detto che avremmo giocato insieme anche sabato in entrambi i match”.
Passiamo Masters dell’anno scorso: cosa è successo dopo?
“La risposta non la so neanche io, il calo credo sia stato tecnico ed emotivo anche nelle persone al mio fianco. Tutti speravamo in un esito diverso ed è stato un duro colpo per tutti. Solo adesso abbiamo capito quanto questa esperienza ci aveva cambiato in quel periodo. Negli ultimi mesi ho avuto problemi tecnici non tirando la palla bene da tee a green”
Ogni anno cerchi di migliorarti aggiungendo persone al tuo team. Hai cambiato qualcosa dall’ultimo anno?
“No, a parte il caddie che era già programmato di essere cambiato, non c’è stato alcun cambiamento. Abbiamo solamente cercato di rendere la pratica più misurabile ed obiettiva. L’idea di fondo rimane la stessa degli ultimi anni. Prima di andare al prossimo torneo che è stato cancellato, avevo cambiato due piccole cose nella posizione sulla palla per ritrovare la forma e cercare di migliorare”.
Hai lavorato per guadagnare distanza da tee, si nota il movimento dei piedi e tutti dicono la loro idea. Vorremmo capire la verità: ti sei allungato ma manchi più fairway? È stato positivo?
“Il guadagno di distanza dipende da settimana a settimana e dalle mie condizioni. Ho lavorato molto negli ultimi anni anche dal punto di vista fisico, che ha sicuramente aiutato. La velocità massima che ho visto è di 177 miglia orarie sul Trackman, mentre sul campo riesco a raggiungere i 170, vale a dire 10 miglia in più rispetto al 2016, quindi 20/22 metri in più. Per quanto riguarda la precisione dipende, preferisco mancare più fairway ma essere più vicino per guadagnare più colpi a giro”.
Da qualche anno lavori con Dave Alred, che ha lavorato con Luke Donald. Ora fai molti performance drill. Vorrei sapere cosa fai?
“Dipende dal periodo e a cosa mi serve. Comunque ora grazie a Dave ho cambiato molto l’idea della mia pratica: da essere molto tecnico ad essere aiutato mentalmente grazie alla pratica con Dave, ma è solamente un livello successivo alla tecnica che, grazie al lavoro negli anni con Dennis Pugh, era diventata molto solida. Sono due fattori molto importanti che vanno bilanciati. Ultimamente stavo lavorando sulla tecnica e quando sarò più soddisfatto del mio swing tornerò a lavorare di più con Dave”.
Molti giocatori arrivano al tuo livello e si concentrano solo sui major facendo meno gare. Cosa fai tu?
“Ognuno ha la sua filosofia e si va a tentativi. Si può cercare di puntare certi eventi e fare lavori mirati per quegli appuntamenti. Dal punto di vista tecnico è più difficile: non esiste la ricetta giusta, ad esempio a Carnustie avevo giocato negli Stati Uniti “costretto” a dover fare un determinato numero di gare sul PGA Tour. Cerco comunque di preparare un torneo major come se fosse un torneo normale dello European Tour. Molti fanno l’errore di sovrastimare l’importanza dei major, mettendosi troppa pressione addosso”.
Hai fatto tante scelte in carriera. Qual è stata la migliore e la peggiore?
“La scelta migliore è stata quella di andare a giocare in America dove mi sono trovato molto bene. Ho sbagliato come tutti imparando dagli errori fatti. Non trovo nessun errore in particolare”.
Qual è il colpo più bello e quale quello più importante?
“Il più importante non è facile da decidere ma credo che sia il putt per il par alla 13 da 3 metri a Carnustie, la domenica. Il più bello è anch’esso difficile da scegliere: te ne dico due. Il secondo alla 17 sempre a Carnustie la domenica, bello soprattutto per la situazione. Mentre l’altro alla Ryder, sabato contro Tiger e Reed alla 11: ferro 5 ad un metro e buca vinta”.
Quale consiglio daresti ad un ragazzino di 12 anni?
“Dipende dall’età e dal livello, l’importante è sempre e comunque continuare a divertirsi, anche se poi diventerà più serio ed un lavoro. Andare praticare deve essere divertente, anche ora trovo felicità a giocare in giardino”.
Quale consiglio daresti ad un dilettante domenicale che non conosci?
“Un aspetto che tanti dilettanti della domenica che giocano per hobby che sottovalutano è il fattore fisico. Tutto serve: dalla flessibilità, alla mobilità, alla forza. Togliere una mezz’ora alla pratica e passare quel tempo a fare stretching sarebbe più utile”.
Grazie mille della disponibilità e spero di rivederti presto su un campo da golf.
“Lo spero pure io, anche se la vedo lunga”.
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Crediti intervista: Account Instagram Edoardo Molinari Golf Academy