Una delle eccellenze made in Italy e uno dei brand simbolo del lusso cerca di risollevarsi dopo un periodo di ampio credito nei confronti dei creditori bancari. Furla, marchio bolognese, per stabilizzare la struttura del suo capitale e rilanciare l’attività ricorre alla composizione negoziata del debito. Attività che, a fine 2022, riportava un debito di 154 milioni verso i creditori bancari (stando a quanto riportato su Bloomberg). Sfortunatamente, il brand aveva riscontrato parecchie difficoltà economiche, anche per colpa della crisi pandemica. All’epoca infatti Furla Usa, la sezione del marchio di accessori, si era rivolta alla Corte fallimentare di New York per avviare la procedura Chapter 11. Lo scopo era quello di ristrutturare le proprie operazioni nel Paese.
Ascesa e ripresa di Furla
Ora sembra però che le cose possano andare meglio. La procedura, strumento di negoziazione extragiudiziale finalizzato al risanamento delle imprese, agisce e a supporto del processo di transizione. Per farlo, la proprietà dell’azienda ha stanziato 25 milioni di euro. Già nel 2022 il marchio, che ha ancora il controllo del gruppo, aveva totalizzato ricavi per 186 milioni di euro. Inoltre, una perdita di 27 milioni di euro nel 2022. Nel 2021 invece le perdite ammontavano a 52 milioni.
La storia del marchio di pelletteria comincia a Bologna nel 1927, grazie alla famiglia Furlanetto. In questi anni di crisi pandemica il marchio ha affrontato diversi cambiamenti della sezione personale. A settembre 2022 il marchio ha affidato la poltrona di CEO a Giorgio Presca con effetto immediato. Successivamente, il manager era subentrato al posto del COO Devis Bassetto, che ha ricoperto il ruolo di CEO ad interim dopo l’addio dell’AD Mauro Sabatini.
Marianna Soru
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