In Jp Morgan, dov’è stato stagista per un anno e mezzo, lo ricordano simpatico e rilassato. Rispetto ai colleghi bocconiani, aveva un altro passo: Gabriele Moratti è laureato in psicologia e storia dell’arte, una mosca bianca al reparto Fusioni e acquisizioni, cui di solito si accede dopo il 110 e lode in economia. Nel 2006, quando Gabriele comincia il suo stage, fra i clienti di Jp Morgan c’è la Saras di papà Gianmarco, che si rivolge alla banca di investimento per farsi accompagnare nella quotazione in borsa. Un’operazione travagliata e piena di accidenti, tanto che se ne dovrà poi interessare la procura. Ma Bebe, così si fa chiamare, non se ne occupa. Fa il suo, «fra Milano e l’headquarter europeo di Londra, maturando una significativa esperienza nel settore finanziario», come scrive nel curriculum che accompagna la sua foto sul sito Internet dell’azienda di famiglia. Da stagista Bebe non si sveglia presto la mattina, è vero, ma è gentile e si fa volere bene. È discreto, soprattutto.
Oltre a essere consigliere di amministrazione e assistente al direttore generale in Saras — dove è entrato nel 2001 per tornarci nel 2007 dopo la parentesi in Jp Morgan — Gabriele Moratti è anche cofondatore, assieme all’ex campione mondiale di kick boxing Andrea Vittori, dell’agenzia Manta Security. La società, specializzata in «analisi dell’area operativa, coordinamento tattico e gestione dell’agenda alla logistica», sul suo sito web promette ai clienti «Style&Elegance». Ma per quanto riguarda la propria, di sicurezza, Moratti delega malvolentieri. Certo, quando serve ben venga il bodyguard, ma lui intanto si allena. I finanzieri che ieri sera hanno ispezionato il lussuoso loft del figlio del sindaco avrebbero trovato il ring da pugilato e il poligono di tiro, dove esercitarsi a sparare.
Tante passioni, uno spirito umanitario, un’anima ribelle. Gabriele Moratti, figlio di Gianmarco e Letizia Moratti, ha una buona parlantina e nonostante l’apparente carattere timido, è molto determinato a raggiungere gli obiettivi, senza se e senza ma. Sa cosa vuole e quale strada intraprendere, per arrivare un giorno a raggiungere chissà “la stessa riconoscibilità del grande Armani”, a detta sua.
È il direttore creativo di Redemption, un brand nato con un’idea ben precisa: conquistare nel panorama moda una propria e distinta identità. Un marchio che guarda al passato e che riflette sul valore della sostenibilità (“La sostenibilità è un concetto che dovrebbe essere embedded nella nostra società, mi piace considerarla da un punto di vista olistico, non puramente ambientale, bisogna ricominciare a fare imprenditoria in una maniera più responsabile, come avveniva fino ai ’90, altrimenti andremo incontro a gravi disastri”, sostiene).