Il satellite ci mostra i movimenti provocati dalla tettonica che interessano la nostra penisola; questo ci aiuta a comprendere la geodinamica italiana, come e dove si formano i terremoti e perché.

Gli studi sui movimenti di blocchi crustali più o meno ampi e delle placche usando i dati degli spostamenti delle stazioni GPS sono estremamente comuni. Ma le stazioni GPS devono essere allestite deliberatamente e quindi sono poche (in Italia qualche centinaio). L’uso del radar interferometrico da satellite consentirebbe di utilizzare i dati di milioni di punti già esistenti selezionati direttamente da un apposito software (edifici, altri manufatti, speroni rocciosi); un grave ostacolo è che le misure del radar possono essere correlate solo fra loro quando non si esce da una scala locale molto piccola.

La novità quindi è stata quella di coordinare le misure radar satellitari con i dati del movimento delle stazioni GPS. Il risultato è un articolo appena pubblicato in cui vengono esaminati i movimenti tettonici in Italia desunti dal radar; frutto della collaborazione fra il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze e l’Istituto Geografico Militare che per la prima volta usa i rilevamenti radar per esaminare i movimenti tettonici a grande scala (in questo caso a quella che in Geologia si chiama la “regione italiana”)

Italia Continentale

Nell’Italia settentrionale si notano in corrispondenza del margine fra la pianura padana e le Alpi tra Verona e Biella alcune aree che si muovono verso Ovest (W), come intorno a Verona, Brescia, Como e Ivrea, in un quadro generale in cui nella componente Est-Overst (EW) la crosta si muove verso Est (E).

Un aspetto interessante è che in queste aree si addensano preferenzialmente gli epicentri dei terremoti, come quelli di Verona(1177), Brescia (1065 e 1222) e Rovato (1802). Questo succede anche lungo il lago di Garda (Salò), nell’Alessandrino lungo il limite fra la pianura e gli Appennini e all’interno della catena alpina, a Egna-Neumarkt, tra Trento e Bolzano; dove ci sono evidenti tracce di un evento sismico di M 6.5 nel III secolo d.C. e di un evento precedente, risalente a circa la metà del III millennio a.C.

Mappa delle aree sismogeniche nella penisola italiana. Fonte
Remote Sens. 2019, 11(4), 394; doi: 10.3390/rs11040394

Nell’arco alpino i dati confermano che, in un quadro generale di sollevamento, le zone ad altezza maggiore (Pennine, Retiche e Argentera) mostrano tassi di sollevamento molto maggiori del resto della catena.

Da notare che proprio i movimenti verticali differenziati spiegano l’anomalia del lago d’Orta (l’unico lago glaciale il cui emissario va verso la catena alpina e non verso la piana): un sollevamento molto pronunciato a sud del lago ha provocato l’interruzione del flusso verso il vecchio emissario, l’Agogna, dirigendolo a nord (N), verso il Toce tramite il Nigoglia.

Italia Peninsulare

Come era stato già evidenziato con i soli dati GPS la penisola è divisa in due parti nella componente EW, con la parte orientale (grossomodo il versante adriatico) che si muove verso E mentre il versante tirrenico si muove verso W. Si vede anche come la fascia Ortona–Roccamonfina, che segna il passaggio tra Appennino centrale da quello meridionale, le velocità contrastino rispetto a quelle delle aree adiacenti

Movimenti verticali

Per quanto riguarda i movimenti verticali, tutta l’area posta grossolanamente tra il Po e il crinale appenninico è in forte innalzamento; ad eccezione di una fascia lungo la Via Emilia tra la costa e Reggio Emilia, dove è particolarmente evidente la subsidenza antropica a causa dei prelievi indiscriminati di acqua dalle falde acquifere.

Abbiamo inoltre un forte sollevamento che coincide con quello che abbiamo chiamato il “Duomo Abruzzese”; in quest’area sono raggruppate le vette più alte della catena appenninica e la topografia è in armonia con il chiaro sollevamento mostrato dalle velocità verticali. È interessante notare come l’area in sollevamento sia delimitata da importanti linee tettoniche.

Un’altra cosa interessante che emerge dai risultati è che la linea Ancona–Anzio, un sistema di faglie che ha avuto una grande importanza fino a qualche milione di anni fa e che divide l’Appennino settentrionale da quello centrale, “funziona” ancora o, almeno, influenza ancora in qualche modo la geodinamica. È possibile che, senza avere attualmente un ruolo geodinamico preciso, agisca come una “cicatrice” lungo la quale sono più facili i movimenti.

Italia Insulare

Nella Sicilia di Nord-Est (NE) il lavoro ha gettato luce sui confini fra la zona in compressione della costa tirrenica centrale e occidentale e quella in distensione che occupa la parte più NE dell’isola; quest’ultima corrisponde all’espressione superficiale del limite occidentale del cuneo di crosta dello Ionio che sprofonda nel mantello terrestre sotto il Tirreno. E` questa la situazione che determina la sismicità profonda che caratterizza quell’area.

Il radar interferometrico è particolarmente utile in questo caso perché rispetto all’Europa stabile le due aree sono caratterizzate da componenti EW divergenti. I dati mostrano un limite abbastanza netto che da Tonnarella, sulla costa tirrenica del golfo di Patti, arriva nella valle dell’Alcantara e fino a Castiglione di Sicilia. Poi il segnale si perde perché viene obliterato dai movimenti del corpo dell’Etna. Per cui viene escluso che il limite pieghi a Sud-Sud-Est (SSE) verso Taormina e prosegua lungo il lineamento Ionico come suppongono molti Autori.

L’Etna

E qui viene il bello. l’Etna si troverebbe, secondo questa ricostruzione, esattamente su questa linea; proprio come il monte Moio, un vulcano poco a nord dell’Etna dalla vita breve attivo circa 30.000 anni fa. Non solo: l’Etna si trova nella nostra ricostruzione all’intersezione fra questa linea e la linea Kumeta–Alcantara; una faglia che ha giocato un ruolo importante in passato ma il cui ruolo attuale ci sembra piuttosto sottostimato.

L’Etna è all’incrocio fra queste due linee tettoniche; siccome queste hanno entrambe una componente distensiva (cioè la crosta si sta leggermente allargando in loro corrispondenza), creano le condizioni ottimali per la risalita di magma prodotto al lato del cuneo della crosta dello Ionio. Oltretutto l’allineamento fra Lipari, Vulcano, Moio ed Etna (i vulcani attibuiti a questa particolare situazione di magmatismo), è praticamente perfetto.

Bibliografia

Farolfi, G., Piombino, A., & Catani, F. (2019). Fusion of GNSS and Satellite Radar Interferometry: Determination of 3D Fine-Scale Map of Present-Day Surface Displacements in Italy as Expressions of Geodynamic Processes. Remote Sensing, 11(4), 394.

Ulteriori spiegazioni le potete trovare sul blog di uno degli autori a questo indirizzo: http://aldopiombino.blogspot.com/2019/02/aspetti-particolari-della-geodinamica.html