Era il 12 maggio 1977 quando, Giorgiana Masi, fu uccisa. Aveva solo 19 anni e manifestava per la sua libertà, per i diritti, in quegli anni caldi e tormentati.
Giorgiana Masi era una studentessa, una femminista e una militante del Partito Radicale. Quel giorno, come molti, celebrava il terzo anniversario del referendum sul divorzio. Durante la metà degli anni ’70 si respirava un clima rovente: le università occupate, le manifestazioni; le radio libere in cui, gli allora ”ragazzi del ’77”, raccontavano le loro battaglie per un mondo migliore. Giorgiana divenne il simbolo di queste lotte: Stefano Rosso, noto cantautore romano, nel testo Bologna 77 racconta di questi scontri non mancando di ricordare la figura della Masi.
Giorgiana Masi, vittima per aver sognato un mondo libero
L’Italia degli anni ’70 era in fermento sotto ogni punto di vista. Risulta fondamentale contestualizzare il caso di Giorgiana Masi in un quadro storico dettagliato. I lavoratori erano in rivolta, così come gli studenti: a quel tempo, i sindacati, tutelavano soltanto coloro che possedevano un contratto a tempo indeterminato; si escludevano a prescindere, quindi, quelle nuove forme di lavoro che cercavano di farsi spazio. C’è uno sgretolarsi della fiducia nelle istituzioni da parte di disoccupati e precari: persone che non hanno idea di cosa sarà il loro futuro. Non sono le sommosse del Sessantotto dove, per lo più, erano gli intellettuali e gli studenti privilegiati a criticare l’operato della società; con l’estensione della scuola dell’obbligo e l’apertura delle università, l’istruzione non è più un diritto riservato alla media borghesia, bensì, alla gioventù nella sua interezza. Sono coloro che vivono ai margini, quelli tagliati fuori dalla società stessa, a dar sfogo alla rabbia e alla frustrazione.
Le prime agitazioni studentesche partirono dal Sud. Il 1977 è anche noto per la riforma Malfatti: la circolare dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione datata 3 dicembre 1976. Tale provvedimento limitò la liberalizzazione dei piani di studio, eliminò la possibilità di ripetere gli appelli d’esame e pose pesanti restrizioni al diritto di scelta degli studenti sui corsi da seguire: conquiste importantissime del Sessantotto. La protesta partì proprio dai lavoratori precari di Bologna;la riforma Malfatti è un attacco diretto al diritto allo studio e all’università aperta a tutti. L’Italia di Giorgiana Masi è questa: una società latente, che promuove l’individualismo.
La manifestazione pacifista del Partito Radicale trasformata in una tragica repressione
Il 21 aprile 1977, a Roma, ci fu una sparatoria fra alcuni manifestanti di Autonomia Operaia e i poliziotti; tale scontro, finì con l’uccisione dell’allievo sottufficiale Settimio Passamonti. Il giorno dopo, il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga vietò tutte le manifestazioni pubbliche fino al 31 maggio del medesimo anno. Il Partito Radicale non rispettò le disposizioni, decidendo di organizzare un sit-in in Piazza Navona per il 12 maggio. Gli obiettivi furono: la raccolta di firme alla proposta dei referendum abrogativi e la celebrazione del terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio, avvenuto nel 1974. La sera prima, Marco Pannella, aveva pubblicato tramite l’ANSA il testo di un comunicato: si annunciava la totale rinuncia della manifestazione a ogni intervento politico. Nonostante l’atmosfera pacifista, poco dopo le 14:00, le forze dell’ordine sbarrarono gli accessi di Piazza Navona, bloccando i manifestanti. Il subbuglio esplose in altre zone della città: cinque mila agenti in divisa e un copioso numero di agenti in borghese, iniziarono a lanciare lacrimogeni, picchiare, utilizzare colpi di arma da fuoco. Giorgiana Masi era lì.
Giorgiana Masi, dinamiche di un omicidio senza colpevoli
Quel giorno, la Masi, si trovava insieme al fidanzato Gianfranco Papini. Intorno alle 19:00 alcuni parlamentari tentarono di mediare con le forze dell’ordine: lo scopo era consentire ai manifestanti di evacuare la zona verso Trastevere. Un consenso che fu, in realtà, di facciata. Durante l’evacuazione partirono fumogeni e colpi di pistola provenienti, all’apparenza, da Ponte Garibaldi. In un clima di fiutata tragedia e confusione, i manifestanti iniziarono a fuggire. Giorgiana Masi correva: alcuni presenti la videro cadere a terra ”come fosse inciampata”. Non era caduta: fu colpita, alle spalle, da un proiettile calibro 22 mentre fuggiva. Caricata su un’auto, giunta in ospedale non c’è più niente da fare: la dichiararono morta. Si raccontò che la Masi fu colpita al ventre; tuttavia, dall’autopsia risultò un colpo alla schiena:
”Da un colpo di arma da fuoco a proiettile unico, trapassante, con traiettoria pressoché ortogonale al dorso della ragazza ( e cioè parallela al terreno) sparatole alle spalle”.
Il surreale o, probabilmente, l’indifendibile: quella sera stessa, Francesco Cossiga, dichiarò di non aver mandato alcun agente in borghese nel corteo asserendo il non utilizzo delle armi da fuoco per ripristinare l’ordine pubblico. Interessante anche il discorso di come, una pallottola sparata dal davanti, potesse arrivare alla schiena. Nonostante l’autore dell’omicidio sia rimasto ignoto, Pannella e i radicali sostennero la responsabilità morale di Cossiga.
Quando il fotografo Tano D’Amico, diede dignità a una morte innocente smentendo un ministro
Le forze dell’ordine erano dalla parte di via Arenula, verso il centro; i manifestanti a Piazza Sonnino, verso Trastevere. Le Forze dell’ordine, quel giorno, avevano sparato. Ma Cossiga continuava a dire il contrario. Nel 2005, spiegò la morte di Giorgiana Masi con la versione del ”fuoco amico” rivelata, poco dopo quel triste 12 maggio, da Fernando Masone. A tal proposito affermò che, la ragazza, fu uccisa da proiettili:
“Vaganti sparati dai dimostranti, forse dai suoi compagni e amici con i quali si trovava contro le forze dell’ordine”.
Pannella lo accusò di mentire nuovamente ma, dal suo canto, Cossiga dichiarò di aver scongiurato al leader del Partito Radicale di disdire la manifestazione. Furono le foto di Tano D’Amico a smentire Cossiga. Lo scatto del poliziotto in borghese Giovanni Santone rivelò le bugie del Ministro dell’Interno: un uomo con pistola in mano.
D’Amico rivelò di aver subito ripercussioni quando divulgò il suo materiale ai radicali; quest’ ultimi, fecero stampare 40mila poster con cui tappezzarono l’Italia. Non fu un caso il fatto che spararono a una donna: volevano colpire il Movimento Femminista poiché, il governo, considerava le donne pericolose. Il fotografo raccontò anche che diversi agenti si recarono da lui:
”Mi dissero che Giorgiana era una ‘donna’ e i poliziotti che io avevo fotografato erano ‘uomini’. Mi hanno voluto chiaramente dire che Giorgiana è stata uccisa in quanto donna, per non correre il rischio di uccidere un loro collega”.
Cossiga fu costretto ad ammettere che c’erano poliziotti in borghese e che erano armati.
Stefano Rosso, Bologna 77 e il ricordo di Giorgiana
Stefano Rosso, in Bologna 77, racconta proprio gli ”Anni di Piombo” seppur con la sua tipica leggiadria poetica che, spesso, lo vide trattare temi cruenti e scomodi: Una storia disonesta ne è un altro esempio. Le sommosse, le atmosfere roventi, le morti dimenticate: Il cantautore romano dedica la canzone a Giorgiana Masi. Lo stesso Stefano, quel 12 maggio, si trovava in mezzo ai disordini presso Ponte Garibaldi, insieme al fratello Tonino. Scosso dal clima di violenza, scrisse il brano: tributo alla Masi ma, anche, a tutto il Movimento del ’77.
Nella seconda strofa, si evince chiaramente il ricordo che, Stefano Rosso, attribuì alla vicenda di Giorgiana Masi:
E poi primavera, e qualcosa cambiò
Qualcuno moriva, e su un ponte lasciò
Lasciò i suoi vent’anni e qualcosa di più
E dentro i miei panni, la rabbia che tu.
Un brano struggente dove, per sempre, vivrà una giovane ragazza uccisa alle spalle da un ”proiettile vagante”: non bisogna mai dimenticare che, anche forme di governo democratico dove sono garantite e promosse le uguaglianze e le libertà fondamentali dell’uomo come singolo e nelle manifestazioni sociali, hanno risposto al cambiamento con le soppressioni. Antonio Gramsci scriveva ”Odio gli Indifferenti”: l’indifferenza è abulia e vigliaccheria, aggettivi che, purtroppo, ben si accostano alla storia di questa giovane ragazza. Così, si conclude, l’ultima strofa di Bologna ’77:
Tu sappi che il sole che splende per te
E il grano che nasce, e l’acqua che va
E’ un dono di tutti, padroni non ha.
La libertà è un dono di tutti, non ha padroni. E neanche quella di Giorgiana doveva essere recisa. Qualsiasi cosa si dica, la targa su Ponte Garibaldi riconosce la Masi come “vittima della violenza del regime”. No, non è il femminismo spicciolo che adesso va tanto di moda; è un fatto evidente: e le evidenze, non hanno genere, etnie o culti. Né hanno bisogno di formulare tesi o predisporre orazioni per confutarne la tangibilità: la ragione è nell’esplicito.
Stella Grillo
Foto in copertina: scontri a Roma nel 1977 immortalati dal fotografo Tano D’Amico: – Photo Credits: senzasoste.it