Il 17 maggio è la giornata internazionale contro l’omofobia, eppure siamo ancora sugli spalti a tifare come a una partita per la legge Ddl Zan contro la discriminazione omolesbobitransfobica. In sede di discussione in Parlamento, ma anche nelle piazze, nei palinsesti, e niente di meno su Twitter. Di principio, è l’esigenza stessa di avere una giornata internazionale a decretarne la radicalizzazione del problema, sulla base del senso comune. Dall’altro lato del marciapiede, in fila indiana, la combriccola del family day, il mondo cattolico e una fazione politica o l’altra. 

L’obiettivo della giornata internazionale contro l’omofobia è dal 2004 quello di promuovere e coordinare eventi di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno dell’omofobia, della bifobia e della transfobia. L’occasione giusta per scendere in strada con bandiere arcobaleni, tutti a distanza debita, con megafoni colorati. Ma, soprattutto, il giorno giusto per ribadire quanto la proiezione anacronistica di chi confonde ancora i diritti della legge Zan con i preconcetti da “maschi e femmine” sia il cuore di una mentalità bigotta di cui siamo tutti, indistintamente, vittime. 

La paura e l’insicurezza

La proposta di legge attuale contro l’omobitransfobia e la misoginia è arrivata in commissione Giustizia della Camera lo scorso 30 giugno, ma è stata presentata nel 2018. Nel frattempo: la tragedia normalizzata. L’odio e la violenza non sono soltanto la prospettiva di un’ignoranza radicata, ma anche un limite che annichilisce le evoluzioni di una società. Abbiamo bisogno di una giornata internazionale contro l’omofobia non per difenderci, non per accusare, ma forse, semplicemente, per avere consapevolezza. Né lui né lei meritano di crescere nella paura e nell’insicurezza. E se non bastasse la giustificazione personale, la difesa umana: la paura e l’insicurezza di oggi è il terrore di domani. Se per gli altri è una questione di accettazione, per chi è vittima di omotransfobia è anche un processo di superamento. 

Per iniziare, avere consapevolezza di quanto la violenza sia anche l’emarginazione. Di tutte le persone non eterosessuali, le persone queer o “non binary”, le persone intersex o trans, che nella dimensione lavorativa, dal punto di vista burocratico e medico, vengono discriminate. E quindi emarginate. In qualche modo, esagerando come si crede, è una crociata di obiettori contro quello che si definisce ideologia, non considerandola natura. È il regime del normale che viene meno, secondo natura e verità. Ma finchè una giornata internazionale contro l’omofobia celebra pur sempre una minorità ci saranno ancora troppi automatismi da mettere in discussione. Sia dal punto di vista socio-culturale che ideologico. In ogni caso: umano.

Abbiamo bisogno di una giornata internazionale contro l’omofobia per provare a naturalizzare un preconcetto che è unicamente culturale. Una condizione strutturata dai processi storici, ma un retaggio che non si adatta alle evoluzioni. Ma non è qui che bisogna scendere nel politico e giurisdizionale, ma è sempre qui – ovunque – che si può tentare di sdoganare una condizione limitata che non comprende quello che è semplicemente reale.  

Giornata internazionale contro l’omofobia, ma contro i paradigmi convenzionali

La radice è che siamo sommersi di sovrastrutture che ci direzionano verso una performance di genere che sia adeguata al sesso assegnatoci alla nascita: l’una o l’altra. Mai una e l’altra. Eppure quello che ci rende vivi è la scoperta della propria natura. Non la passiva accettazione di un paradigma ma assecondare la necessità di performarci secondo ciò che sentiamo, non ciò che seguiamo. Ci aspettiamo di fare i conti con una rete standardizzata per ciò che è lecito o non è lecito, ciò che legale o è illegale. Ma ciò che è giusto e sbagliato, secondo propria natura, non può rientrare in modelli e paradigmi convenzionali. 

È piuttosto impossibile sradicare la natura, eppure sembra che sia più ostile decostruire una convinzione sociale e culturale.  Forse, con la legge Ddl Zan, siamo già in ritardo ma anche in anticipo, verso un’evoluzione del pensiero dominante che tende ancora al passo fermo. Abbiamo ancora bisogno di una giornata internazionale contro l’omofobia perché il rapporto critico con i generi sessuali è ancora un problema sociale. E questo determina un coinvolgimento totale che non è solo per chi è “frocio”, come li chiamano ancora.  Se alla radice c’è la fobia, mi chiedo di cosa abbiate paura. Se il vulnerabile oggi è ancora il diverso, la paura è ancora violenza.