Giovani e cannibali: variazioni sui coming of age femminili

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Di Carola Crippa

I prodotti mediali sul cannibalismo sono diventati sempre più frequenti e di moda. Il cannibalismo, di fatto, è uno degli ultimi tabù rimanenti. Niente stimola orrore e disgusto negli spettatori come il cibarsi di carne umana, pertanto, l’inserimento di personaggi cannibali in film e serie tv è stato spesso usato come shock value. Ma non solo, i personaggi cannibali forniscono un pretesto per esplorare il funzionamento della psiche umana, e anche per sviscerare dinamiche sociali e politiche. In particolare, l’ultima variazione sul tema, Bones and All di Luca Guadagnino, ha riacceso i riflettori sulla declinazione femminile di questo topos. Bones and All non è, infatti, l’unico film che mette al centro della sua narrazione una ragazza cannibale, ricordiamo anche Raw (2016) di Julia Ducournau, We are what we are (2013) di Jim Mickle e The Neon Demon (2016) di Nicolas Winding Refn. 

Mostruoso femminile e cannibalismo

La declinazione di genere all’interno di questo tipo di rappresentazione, già di per sé inusuale e respingente, si basa principalmente sul concetto di mostruoso femminile. Barbara Creed definisce il mostruoso femminile come il tipo di costruzione tipico di personaggi femminili negativi all’interno dei film horror tramite l’associazione con le funzioni riproduttive o i tratti matriarcali. L’elemento che repelle le audience è costituito dalla sessualità della donna che viene, infatti, iper-sessualizzata o ipo-sessualizzata: ciò spaventa e genera orrore nello spettatore. Il genere, quindi, diviene fondamentale nella costruzione del mostruoso femminile: l’elemento che terrorizza è strettamente legato alla dimensione della femminilità e di ciò che ne consegue.

In questo caso, però, oltre al mostruoso femminile si aggiunge anche il disgusto per il tema del cannibalismo, generando, così, una dimensione di avversione duplice. Di fatto, lo spettatore è più abituato a vedere le donne come oggetto di consumo (tramite il loro corpo, le violenze che subisce e la sua sessualizzazione) che come consumatrici. In questo senso, quindi, il mostruoso femminile sommato al cannibalismo rompe gli stereotipi e varca i tabù sia morali che culturali della società. Non solo si trasgrediscono i confini morali di quella che è considerata una pratica socialmente repellente ed amorale, ma anche quelli che limitano ed incasellano la posizione delle donne all’interno del patriarcato. Il ribaltamento avviene nel momento in cui le donne, soggetti che abitualmente sono considerati prede, divengono cannibali e, quindi, predatrici.

Coming of age femminili… e cannibali

Raw e Bones and All sono due film che utilizzano il cannibalismo come pretesto per poter esplorare la crescita di due personaggi femminili: Justine e Maren. Nel classico coming of age vengono inseriti elementi horror e legati al consumo di carne umana. Lo scopo è quello di approfondire e sviscerare temi tipici della crescita, quali la solitudine, la sessualità e la trasgressione.

Solitudine e giudizi

La solitudine è strettamente legata alla fame insaziabile che entrambe le protagoniste hanno. La fame non si limita al consumo di carne, ma, soprattutto, ad un desiderio di connessioni e accettazione sociale. La condizione delle due, infatti, porta all’isolamento e all’incomunicabilità con il resto della popolazione, la paura è quella del giudizio morale degli altri. L’analogia con la realtà, quindi, è immediata ed è evidente. Così come il motivo della scelta di utilizzare protagoniste giovani che si trovano ad affrontare la loro crescita ed i cambiamenti che ne conseguono. 

Sessualità, amore e morte

Anche la sessualità è strettamente collegata alla fame di carne umana. Sensualità e piacere nel mangiare si uniscono e vengono enfatizzate dagli incontri sessuali delle protagoniste che sono crudi, quasi animaleschi e, soprattutto, molto simili al consumo della carne. Di fatto, quindi, il confine tra amore e morte è sottilissimo e non sempre distinguibile. Il finale di Bones and All ne è un esempio: Maren consuma il corpo di Lee, il suo ragazzo, assecondando il suo desiderio finale. Il cannibalismo, in questo caso, non è più qualcosa di brutale e repellente, ma diviene un atto di purificazione, di tenerezza e di connessione e comunione tra due innamorati.

Trasgressione come fascinazione

La trasgressione del cannibalismo permette, inoltre, la scoperta di se stesse e dell’accettazione della propria condizione. Nel caso di Justine, infatti, il risultato finale sarà quello di una maggiore indipendenza dalla sua famiglia, da cui ritornerà cambiata, maturata e più indipendente. In quello di Maren, invece, non c’è un ritorno alla famiglia, che, anzi, è la causa “genetica” della condizione della ragazza. Maren è costretta a crescere da sola, ad imparare a gestire la sua fame e a diventare indipendente. 

La trasgressione delle norme sociali e dell’abbandonarsi alla propria natura animalesca è ciò che costituisce la fascinazione nei confronti di questi prodotti. La rottura della routine e la presa di distanza dalle esistenze comuni finiscono per creare un nuovo codice morale e delle nuove regole che, in un’ottica di trasgressione femminile, diventano fondamentali per rompere leggi non scritte e gabbie patriarcali.

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Carola Crippa