In Italia lavorativamente parlando essere giovani non paga. Complice la pandemia che ormai da due anni condiziona le nostre vite, il tasso di occupazione sembra non migliorare particolarmente. Sono numerosi infatti gli studi e i rapporti che periodicamente offrono una panoramica sulla situazione della disoccupazione tra i giovani. Qualche segnale incoraggiante secondo Istat ci sarebbe tuttavia stato: a marzo 2022 il livello di occupazione è salito dello 0,4%. Il numero dei lavoratori si aggirerebbe dunque al di sopra dei 23 milioni, superando i livelli occupazionali pre-Covid.

Sud Italia maglia nera di disoccupazione giovani in Europa

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, ha recentemente pubblicato il rapporto sul mercato del lavoro nel 2021. Quello che emerge è un dato per niente incoraggiante per quanto riguarda il divario tra nord e sud Italia: in Sicilia, Campania e Calabria circa quattro giovani su dieci erano disoccupati. In particolare, i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni senza lavoro erano rispettivamente il 40%, il 38% e il 37%. Peggio delle tre regioni italiane solo la città autonoma spagnola Melilla (42%), la Macedonia occidentale (42%) e la regione greca della Tracia (45%). A chiudere la classifica la regione spagnola di Ceuta con la percentuale di disoccupazione più alta: ben 56%.

Ad alzare la media nazionale la Provincia autonoma di Bolzano, che ha registrato il 7%, il Veneto e la Provincia autonoma di Trento, entrambe al 12%.

L’occupazione è in leggera crescita ma non c’è molto da gioire

Secondo l’ultimo Osservatorio Cida, in collaborazione con Adapt (associazione fondata da Marco Biagi che si occupa di studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro), il tasso di occupazione tra i giovani tra i 25 e i 29 anni nel 2021 è cresciuto rispetto all’anno precedente, registrando un tasso del 57,8%. Nel primo anno di pandemia l’occupazione era scesa al 52,7%. Ma niente di cui gioire appunto, perché se confrontato con i dati europei, il nostro Paese rimane il terzo peggiore in termini di disoccupazione giovanile, seguito solo da Spagna e Grecia.

Le condizioni contrattuali a cui devono sottostare i (pochi) giovani occupati non sono quelle desiderate: spesso firmano (pur essendo disponibili al full time) contratti part-time o nel peggiore dei casi da stagisti. Il tutto spesso accompagnato da retribuzioni non particolarmente alte.

In ultimo,la questione dei Neet. Acronimo di Neither in Employment or in Education or Training, il fenomeno non ha fatto altro che acuirsi durante la pandemia. In un quadro economico già di per sé precario, sono moltissimi infatti i giovani a non studiare e non lavorare. La regione italiana con la più alta presenza di giovani Neet è nuovamente la Sicilia, con la percentuale del 41%. A seguire altre tre regioni del mezzogiorno come la Campania (38.7%), la Calabria (38,4%) e la Puglia (32.9%). Medaglia d’oro al Trentino Alto Adige, che registra la percentuale più bassa di giovani lavorativamente inattivi (14.7%).

Elisa Pagliara