Le utenti dei social sono tutte in rosa con il girlification! Ma è davvero tutto oro quel che luccica? Tra Disturbo Alimentare e paura di un’età adulta senza più prospettive, attraversiamo il fenomeno social incarnato da Barbie.
Sempre più spesso appaiono contenuti con hashtag come #girldinner, #girlmath e #lazygirljob, e sebbene questi possano apparire come frivoli e divertenti forse nascondono un lato più preoccupante: la rinforzatura di stereotipi legati al genere. Parliamo quindi di girlification.
Il discrimine linguistico “GIRL” è presente più che mai. Dalla cena tra ragazze, ai compiti di matematica per ragazze “dark academy”, alla “rotting fashion” delle ragazze: l’adolescenza è femmina e soprattutto è ovunque. Che complice anche il film campione d’incassi sulla celebre bambola Mattel: Barbie?
Da una parte, la crescente popolarità di queste tendenze rappresenta un tentativo di celebrare e rivendicare l’identità femminile. Dall’altra, etichettare certe attività come “da ragazza” può involontariamente propagare idee dannose.
In questi casi, “GIRL” non è solo un’identità che si attraversa, ma anche qualcosa che si pratica e si costruisce: rinforzando forse una serie di stereotipi che con la scusa dei “layers ironici” escono dalla porta e tornano dalla finestra (come si suol dire) e con loro portano tutta una serie di problematicità che il femminismo contemporaneo stava cercando di marginalizzarle. Questi sono interrogativi importanti, in un’epoca in cui la parità di genere è al centro del dibattito pubblico. La speranza è che tali tendenze possano aprire un dialogo costruttivo, piuttosto che limitarsi a perpetuare cliché dannosi.
Ma prima di scoprire se Barbie sia davvero il cavallo rampante della contro-rivoluzione del genere, procediamo con ordine.
La retorica della bambina: il disturbo alimentare, l’esistenzialismo tossico
Ma cosa significa questo per le persone che non sono più “GIRLS” inteso nella sua condizione rispetto all’età? Perché si parla di “ragazze” e non donne? che tutto ciò sia semplicemente rebranbding per adulti?
Una delle ultime tendenze che si fa strada sui social è la “cena tra ragazze” o girl dinner. La Girlification vede le donne preparare piatti non convenzionali (ovvero miseri stuzzichini e snack) oppure mettere insieme gli avanzi nelle loro case e chiamarla “girl dinner”: dai pacchetti di Doritos a dolciumi colorati che sostituiscono i pasti cucinati (e spesso non sono nemmeno consumati dopo aver postato la foto online).
Da quando il TikTok originale è stato pubblicato a maggio, la tendenza è decollata con tale ferocia che esiste persino un brano virale non ufficiale di TikTok. Girl Dinner. Tuttavia, non è una novità, e come ha sottolineato la scrittrice Talecia Vesico, la tendenza è una versione rinvigorita e rinominata del meme dei “pasti della depressione”.
Anche il fitness e la salute sono stati definiti un’attività femminile. Nel 2022, l’estetica degli influencer di salute & benessere è stata rinominata nella tendenza “THAT GIRL” dove “quella ragazza” altro non è che una visione estremizzata di tutti quegli standard fisici e non che rappresentavano il canone che la body positivity cercava di decostruire. Essere “THAT GIRL” significa essere una ragazza inscalfibile, col corpo perfetto (o quantomeno attraente per il male gaze) e i modi scanzonati, se non propriamente intrisi di tossicità femminile sulla falsa riga di pellicole come “Gone Girl”. Ma non solo, essere “THAT GIRL” essenzialmente si traduce nella prassi quotidiana di una forte restrizione alimentare. Diventare “quella ragazza” era essenzialmente sinonimo di apparire magra e ostentare il privilegio necessario per permettersi uno stile di vita simile insieme ai migliori prodotti per la cura della pelle sul mercato.
Per quanto sia incoraggiante per molte donne trovare solidarietà nelle esperienze condivise di mangiare spuntini a cena, non posso fare a meno di chiedermi perché così tante donne adulte all’interno di queste tendenze insistono sull’essere “ragazze” piuttosto che donne. A me sembra rappresentare l’inverso dello slogan millennial ossessionato dal diventare adulto, come se questa tendenza cercasse di svincolarsi dal dolore di un fallito “adulting” che ci è stato inculcato nell’età dei millennials: il tutto con un insidioso pizzico di consumismo e di essenzialismo tossico rivolto brandizzato su un genere.
Le tendenze evidenziate sembrano anche rafforzare le pericolose aspettative di genere relative all’immagine corporea e alle abitudini alimentari.
Il termine “cena tra ragazze” è molto radicato nel modo in cui le ragazze dovrebbero “mangiare di meno”
Rebecca Ditkoff
afferma Rebecca Ditkoff, una nutrizionista, su Junkee. Tali tendenze rafforzano il fatto che le donne dovrebbero aspirare ad apparire ed essere in modi che aderiscano a standard di bellezza irraggiungibili e soprattutto intrisi di “male gaze” e che quindi ben poco hanno di emancipazione femminile. Secondo la psicoterapeuta e assistente sociale Hannah Tishman,
Il confronto sui social media può far emergere sentimenti di inadeguatezza, stanchezza, tristezza, solitudine e ansia. Può aumentare comportamenti alimentari disordinati e una relazione malsana con il cibo e l’esercizio fisico
Hannah Tishman
Il rifiuto di un’età adulta che non lascia prospettive
Di fronte alla girlification, la domanda sorge spontanea: è davvero necessario associare ogni comportamento, specialmente quelli stereotipati, all’identità di genere? E, soprattutto, è utile a noi donne? Ci sta davvero emancipando? In tutti questi casi di utilizzo sui social media, il termine “GIRL” raccoglie comunque una serie significanti di collettività. In questi significanti si contrassegnano i propri sentimenti di solidarietà con gli altri e identificazione tra simili, poi reso condivisibile sotto l’identità di “ragazza”.
Queste non così tanto poliedriche varianti di femminile “GIRLY” riecheggiano quindi la stessa precarietà dell’età adulta. La differenza però è che invece di aggrapparsi ai significativi momenti della crescita, le donne in queste tendenze si aggrappano alla loro infanzia. Quasi come se si stessero infantilizzando per far fronte alle sfide di un’età adulta che è certamente precaria sotto questo capitalismo. Quasi come se cercassero rifugio altrove ora che le pietre miliari più tradizionali dell’età adulta (come l’acquisto di una casa e un salario vivibile) sono diventate irraggiungibili.
Sotto il patriarcato, noi donne abbiamo accettato che la giovinezza abbia molto valore sociale. Questo perchè i nostri corpi attraversano un mondo in cui gli uomini hanno reso la giovinezza sinonimo di bellezza. In combinazione con la normalizzazione di quella che lo psicologo Erik Erikson ha definito “adolescenza estesa”, molti giovani aspettano, per scelta o necessità, fino a più tardi nella vita per raggiungere i tradizionali indicatori dell’età adulta.
Naturalmente, non tutti i video che seguono queste tendenze mirano a questo risultato. Tuttavia, le intenzioni non superano l’impatto.
Girlification e binarismo di genere: cosa ci resta del femminismo?
Il fenomeno Barbenheimer si riduceva in un certo senso anche ad una prospettiva binaria di genere competitiva tra un film per “ragazze” e un film per “ragazzi”. Siccome internet è un luogo meraviglioso molti hanno creato meme tentando di sovvertire o parodiare la dicotomia intrinsecamente di genere con il meme “Barbienheimer”. Tuttavia è necessario analizzare il binarismo di genere, anche come lo stesso film di Barbie.
Nel film, le Barbie sono palesemente controfigure di tutte le “ragazze”, con Ken che sostituisce gli uomini, e nessun personaggio che sfida questo cis-binario. La scena finale del film vede Barbie recarsi a una visita dal ginecologo. Il passaggio al mondo reale le ha dato una vagina, segno che è finalmente degna di essere donna. Non importa che in realtà molte donne non hanno vagine e molte persone che non sono donne le hanno.
Non si può fare a meno di osservare queste tendenze femminili sono spesso binarie di genere. Diviene quindi sponteaneo volerle mettere in relazione anche all’ascesa delle destre e con loro anche della transmisoginia in tutto il mondo.
l costante rafforzamento dei rigidi binari di genere, anche ironicamente, non fa altro che incoraggiare la discriminazione contro le altre identità. Le persone transgender, siano esse genderqueer, non binarie, donne trans o uomini trans, portano con sé le conseguenze dell’essenzialismo di genere. L’esssenzialismo di è una tendenza che rafforza quegli stessi rigidi canoni che escludono anche chiunque altro non sia considerato abbastanza magro, abbastanza bianco o abbastanza robusto da soddisfare gli standard di genere.
Emanciparsi da tutto questo potrebbe (forse) significare anche rinunciare al graziosissimo fenomeno della “girlification”, e ahimè, aggiungo, perchè era molto carino.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine