God Save the Queer, la recensione: Murgia tra fede e femminismo

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Di Giorgia Lanciotti

God save the queer, il nuovo saggio di Michela Murgia edito da Einaudi parte da una domanda: si può essere femministi e cattolici? A questo interrogativo se ne aggiungono molti altri a cui la scrittrice cerca di dare risposte spaziando tra riferimenti pop, come Harry Styles e Cenerentola, e altri coltissimi come le icone russe e Rublev. Così, Murgia in questo pamphlet ci ricorda che anche una fede religiosa può essere vissuta con intelligenza.

God Save the Queer: il catechismo femminista degli anni venti

In God Save the Queer Murgia si domanda se le anomalie che non consentono alla comunità queer di sentirsi accolta nella propria Chiesa entrino in cruciale contraddizione con dictat realmente fondativi della professione di fede cattolica; o se, invece, possiamo mettere in discussione anche principi saldi nella storia della fede cattolica. Per questo la scrittrice distingue tra cristiani e cristianizzati, e per tale motivo ci riporta indietro nel tempo, alle origini del cristianesimo.

É là che Murgia ci riconduce, a quando la dottrina cristiana suscitava lo scandalo dei contemporanei, la diffidenza sociale e i fedeli provavano sulla loro pelle l’emarginazione più dura, fino alla persecuzione. Gli uomini e le donne, cristiani cattolici in segreto, venivano visti come seguaci di una dottrina estremista, quando si trattava soltanto di un rinnovamento che però, per sopravvivere al tempo, è dovuto innegabilmente scendere a patti con le società gerarchiche della storia antica. Tuttavia, questo processo di mimetismo, osserva Michela Murgia, ha comportato che la fede cristiana diventasse la versione religiosa del patriarcato, che col tempo inasprisse la discriminazione. Dunque, creasse un Dio a immagine e somiglianza delle classi privilegiate.

Murgia: quanto pericolo in una storia unica

God Save the Queer ci ricorda che, in passato, il cristianesimo è dovuto scendere a patti con i tempi e le implicazioni. Oggi, nei fedeli, cattolici credenti ritroviamo la stessa costrizione, quella a scegliere tra i dettami della fede in cui si riconoscono e la propria coscienza nella conduzione della vita fisica e quotidiana. Il sesso non generativo e la fecondazione assistita, l’aborto e l’eutanasia, per citarne alcune, sono questioni che creano un innegabile cortocircuito. Ma spoiler: per la scrittrice si può essere cattolici e femministi, queer.

In questo saggio non leggerete che queste contraddizioni, generate dalla convivenza di prospettive talvolta inconciliabili in un individuo indivisibile, sono del tutto risolvibili. Anzi, Murgia offre un interessante interrogativo per riflettere: risolvere queste contraddizioni sarebbe davvero la cosa migliore? Anche Dio nei Vangeli viene presentato sotto molteplici forme, pure discordanti tra loro. Perciò bisogna allontanare e sconfiggere il pericolo di una storia unica perchè dall’avere un unico Dio ad avere un’unica idea di lui il passo è breve. É stata la predicazione a restringere il campo, ma l’unicità può diventare pericolosa perchè è la strada che porta al dogma, che non è religione ma imposizione.

Murgia: in God Save the Queer il femminismo che serve alla fede cattolica

Imposizione che, la scrittrice sarda confessa, ha spesso avvertito nella relazione dell’uomo col suo Dio onnipotente. Quando da bambina le mettevano in bocca domande non sue e in testa risposte decisamente poco convincenti, credeva che la religione la volesse debole, piena di dubbi, bisognosa di una guida. Con la scoperta del femminismo e dell’empowerment, di un’attribuzione del potere senza chiederne il riconoscimento, il suo rapporto con la fede si è complicato. Tuttavia, scoprire che l’onnipotenza del Dio cristiano aveva più a che fare con la relazione con la realtà umana che con l’azione, l’ha portata a ringraziare questa complicazione, a non mollare la presa neanche sulla sua fede religiosa.

«Vorrei capire, da femminista, se la fede cristiana sia davvero in contraddizione con il nostro desiderio di un mondo inclusivo e non patriarcale, o se invece non si possa mostrare addirittura un’alleata. Da cristiana confido nel fatto che anche la fede abbia bisogno della prospettiva femminista e queer, perché la rivelazione non sarà compiuta fino a quando a ogni singola persona non sarà offerta la possibilità di sentirsi addosso lo sguardo generativo di Dio mentre dichiara che quello che vede “è cosa buona”».

Michela Murgia, God Save the Queer (Einaudi, 2022)

Murgia, attraverso queste cento pagine, rispondendo ad una domanda che le viene rivolta di frequente, vuole fornire ai suoi lettori degli strumenti per affrontare alcune delle contraddizioni che convivono in chi crede in un Dio onnipotente, ma non si riconosce nella struttura della sua Chiesa, così patriarcale e culturalmente inscalfibile.
Dunque, il problema non è Dio, ma l’istituzione religiosa che l’uomo ha creato? Secondo la Murgia questa è un’argomentazione ingenua, come se di Chiesa potesse essercene soltanto una “che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa”. Se i tempi sono cambiati, perchè non cambiano anche gli strumenti per raccontare Dio?

Giorgia Lanciotti

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