È stata presentata l’ennesima proposta di legge contro l’aborto. La maggioranza di destra, fin dai primi giorni, ha dimostrato di voler far entrare all’interno del Parlamento le voci anti-abortiste e non è stato difficile riuscirci. La nuova proposta di legge non fa altro che ribadire ciò che è già stato detto all’interno della maggioranza di destra e arriva come una conferma delle posizioni anche di Fratelli d’Italia. 

Infatti dopo le proposte del senatore Gasparri del 14 ottobre 2022, anche Fratelli d’Italia ha deciso di depositare il proprio disegno di legge. Era necessario? No, ma serviva dare un segnale (non agli elettori) ai sostenitori. La firma è di Roberto Menia e prevede la modifica dell’articolo 1 del Codice Civile che chiarisce la capacità giuridica dell’individuo

Il dubbio manifestato da associazioni, opposizione e attivismo è sempre lo stesso. Infatti con la modifica dell’articolo 1 del Codice Civile l’aborto potrebbe essere considerato “omicidio volontario”. In altre parole i diritti di un embrione potrebbero scavalcare il diritto all’accesso all’aborto della persona.

Striscione sul diritto all'aborto e la libertà di scelta - photo credits: web
Striscione sul diritto all’aborto e la libertà di scelta – photo credits: web

Nuova proposta di legge contro l’aborto: cosa chiede il ddl?

Non è passato molto dalla proposta di legge di Gasparri sulla modifica dell’articolo 1 del Codice Civile e il suo spettro non ha smesso di preoccupare. A rianimare la paura anti-scelta (presentata come “pro-life”) ci ha pensato Roberto Menia di Fratelli d’Italia con un nuovo disegno di legge contro l’aborto. Il 13 gennaio 2023, con il titolo “Modifica dell’articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica ad ogni essere umano”, si aggiunge l’ennesimo tassello all’idea di un Paese schiacciato dalla retorica anti-scelta, anti-gender e anti-diritti. 

Nell’articolo 1 del Codice Civile si legge:

La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita.

Con tale modifica l’embrione, fin dal momento del concepimento, diventa titolare di diritti e doveri. L’aspetto più controverso è l’idea di allineare i diritti delle persone nello stato di gravidanza a quelli di un soggetto non ancora nato. Si potrebbe così minare il libero accesso al diritto di interruzione volontaria di gravidanza, perché tale comportamento potrebbe essere definito un illecito contro il diritto dell’embrione.

Cosa ha detto Menia sulla proposta?

Menia ha voluto sottolineare che la proposta ha lo scopo di definire lo statuto giuridico dell’embrione umano. “Si tratta di riconoscere che embrione, feto, neonato, bambino, ragazzo, adolescente, giovane, adulto, anziano, vecchio sono diversi nomi con cui si indica una identica realtà, un identico soggetto, lo stesso essere personale, lo stesso uomo”, ha riferito. Così il concepito, intenso solo nella sua accezione maschile (sarà un lapsus freudiano? Chissà) vorrebbe essere inteso titolare del diritto alla vita.

Inutile domandarsi se l’embrione ha dato il suo consenso o meno alla sua futura vita. Il discorso prosegue in una sola direzione. La nascita è prevista per l’interesse della narrazione anti-scelta, mentre il resto della vita è all’ombra nell’indifferenza dello Stato. La prossima proposta sarà quella di un possibile risarcimento per tutti lз figlз che non volevano nascere, che non hanno avuto genitori o una vita adeguata? Nessuno lo crede possibile, perché la responsabilità del natǝ è scaricata sui genitori o il genitore, anche se non avrebbero voluto esserlo. 

La promessa di non toccare il diritto all’aborto non è stata mantenuta e non ci stupisce

Durante la campagna elettorale la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha voluto più volte sottolineare di non voler toccare il diritto all’aborto. I segnali di rischio non mancavano di certo, ma al momento dell’insediamento i timori sono diventati realtà. 

La scomoda verità è che non toccare l’aborto era solo una promessa vuota della campagna elettorale, ma soprattutto essa posava le basi su un sistema già malfunzionante. In Italia l’interruzione volontaria di gravidanza non è mai stato un diritto (davvero) garantito dallo Stato, se non grazie al duro lavoro delle associazioni. 

Alla fine non serviva toccare la legge 194, legge perfetta per mantenere tutte le criticità del diritto all’aborto attive. Basta scavalcarla e tentare di modificare il primo articolo del Codice Civile.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta