Inverno, letteratura latina: i paesaggi glaciali nelle Odi di Orazio

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Di Stella Grillo

Il sopraggiungere dell’inverno è un evento magico, decantato nell’arte e nella cultura in genere. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, uno fra i più noti carmi oraziani in cui si descrive un gelido paesaggio invernale.

Inverno, Ad Thaliarchum: pace e candore di un paesaggio invernale

Inverno
Photo Credits: classicalanthology.theclassicslibrary.com

Nel Carme numero 9 contenuto nel primo libro delle Odi, Orazio descrive, inizialmente, il biancore di un paesaggio di campagna innevato:

”Vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus
silvae laborantes geluque
flumina constiterint acuto”.

L’immagine suggestiva evocata dal poeta latino è provocata dalla vista del profilo del Monte Soratte, una montagna sita in provincia di Roma la cui forma e collocazione stimolò, sin dai tempi antichi, curiosità e fantasia. Orazio in questo Carme tratteggia l’immobilità del paesaggio campestre dovuta al gelo la cui condizione reca una sensazione di pace interiore. ”Vedi come s’innalza candido per la spessa neve il Soratte”, afferma il poeta, sottolineando il freddo pungente che circonda i boschi e il gelo che, addirittura, ha arrestato i corsi d’acqua circostanti. La seconda strofa è invece animata da uno scenario simposiaco: alla quiete derivante da uno scenario bucolico intriso di candore, Orazio contrappone uno spazio chiuso. Nel simposio non c’è spazio per l’algidità; è reso vivo dal vino, dal focolare e dai movimenti di un protagonista, Taliarco: il re del banchetto. Si ritiene che questa figura sia priva di riscontri realistici.

Inverno, la riflessione di Orazio sul suo significato simbolico

Nelle strofe successive, il poeta pone la sua attenzione sulla simbologia della stagione che intercorre. Dopo un’attestazione circa la visione candida dello scenario circostante e il calore del simposio, del vino e del focolare, ecco che Orazio giunge ad una riflessione più astratta. Per il poeta latino il significato simbolico della stagione invernale è l’emblema del tempo che scorre: collima con la tristezza, la vecchiaia, le occasioni che pian piano sfuggono alla potenza derivante dalla freschezza della gioventù. Ed è proprio per tutte queste ragioni che fa propri gli insegnamenti di Epicuro; non bisogna rimandare ad un domani incerto e claudicante i piaceri della giovinezza:

Che cosa accadrà domani, evita di chiedertelo e
qualsiasi giorno la Sorte concederà, a guadagno
ascrivilo e non disprezzare
i dolci amori, ragazzo, né tu le danze

finché da te ancora giovane è lontana
la canizie fastidiosa. Adesso frequenta
il Campo Marzio, le piazze e i lievi
sussurri la sera all’appuntamento,

e il riso agognato della tua ragazza
che viene dall’angolo più segreto a tradirla,
e il pegno strappato al braccio
e al dito che appena resiste
.

Nelle ultime strofe, di nuovo l’azione: il poeta esorta alla frequentazione di luoghi sociali, le piazze e i portici della città dove i giovani innamorati si danno appuntamento sussurrando alla sera. Tutta la composizione teorizza – quasi – gran parte del pensiero oraziano, il celeberrimo Carpe Diem: l’invito a godere delle gioie presenti, poiché fugaci, più noto della letteratura.

Si noti, poi, come l’ironia delle ultime strofe metta in risalto tutta la maestria del poeta: quella di scandagliare la psicologia dei suoi personaggi grazie alla sua propensione all’introspezione. L’invito a godere del presente, fra l’altro, è rimarcato dall’immagine di una giovane fanciulla innamorata; la ragazza prima si nasconde in un angolo buio della piazza, per poi tradire le sue intenzioni ridendo al cospetto dello smarrimento dell’amante.

Ispirazione ad Alceo e differenze con il modello alcaico

L’ispirazione al poeta greco Alceo è evidente: non solo nell’apertura scenografica del componimento. Orazio, però, non si limita ad ispirarsi ma rimodella interamente il modello greco elaborandolo in modo originale. La prima differenza in questione consiste nella copiosità dei dettagli: il poeta latino, a differenza dell’autore greco, introduce particolari descrittivi minuziosi per quei lettori non presenti alla scena rappresentata. I partecipanti del Simposio greco, invece, potevano godere direttamente del carme recitato; gli elementi evocati, infatti, erano riproposti con poche immagini. Altra differenza è che, Orazio, cerca di rendere familiare l’Ode al lettore, romanizzandone alcuni ulteriori dettagli: il Monte Soratte, l’anfora sabina, il Campo Marzo.

Stella Grillo

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Foto in copertina: Inverno, vista in lontananza del Monte Soratte, vicino Roma, di George Loring Brown – Photo Credits: classicalanthology.theclassicslibrary.com