Carmenta, la dea inventrice dell’alfabeto latino che favorì le matrone in Senato

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Di Stella Grillo

Dall’11 al 15 gennaio si festeggiano i Carmentalia in onore della dea Carmenta, divinità arcaica della religione romana e appartenente alle dee Camene ( antiche divinità delle sorgenti) che facevano parte del  Di indigetes. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, la dea della profezia venerata come inventrice dell’alfabeto latino.

Carmenta, la leggenda legata alla ninfa dell’acqua dai poeti oracolari

Carmenta
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Conosciuta nella religione romana come Carmenta o Nicostrata, questa dea era venerata dalle donne, in particolar modo, come protettrice delle gravidanze, delle nascite e patrona delle levatrici. Poiché possedeva il dono della profezia si usava appellarla come Carmentes antevorta et postvorta, ovvero, “che conosce il passato e che conosce l’avvenire”. La sua è una figura controversa: pare anche che fosse venerata perché ritenuta ideatrice dell’alfabeto latino, la cui conferma giunge anche da Isidoro di Siviglia.

Secondo la leggenda Carmenta era il nome latino di Themis, madre di Evandro, che ebbe dal dio psicopompo Mercurio. Il mito racconta che Evandro, re di una prima comunità greca, si stabilisce sul Colle Palatino seguito dalla madre Carmenta che giunge nel Lazio dalla regione greca dell‘Arcadia stabilendosi, a sua volta, alle pendici del Colle Campidoglio presso una roccia chiamata Carmentis Saxo.

Iconografia e genesi del termine Carmen indicante il genere poetico

Iconograficamente, Carmenta era rappresenta con una corona di fave che le cingevano i capelli e con un’arpa simboleggiante le sue doti profetiche; essendo una divinità dell’acqua, appare chiaro il riferimento ai suoi poteri oracolari in quanto, spesso, l’acqua è legata alle doti della profezia. Secondo alcuni miti, dal nome della dea sarebbe derivato il termine Carmen indicante il famoso genere poetico; la relazione fra la genesi della parola sembra derivi dal fatto che le profezie della dea erano, solitamente, in versi e un’altra attestazione sembra provenire dall’invenzione da parte di Carmenta dell’alfabeto latino.

Tra le altre cose, alcuni autori sottolinearono la relazione costituita dal nome della divinità Carmentis con il verbo canere, ovvero ”recitare in versi” che più di tutti si legava ai Carmina: in latino e in questa accezione, i Carmina indicavano responsi profetici o formule magiche. Qualsiasi poeta che denominava i suoi componimenti identificandoli come Carmen, rientrava in una dimensione poetica magica e sacra. A tal proposito, si soleva indicare una poesia, rientrante in questo genere, dal tono solenne o dal carattere  propiziatorio come, per esempio, il Carmen Arvale.

Plutarco, però, demolisce la convinzione per la quale si debba a Carmenta la genesi del celebre genere poetico. Secondo lo scrittore e filosofo greco vissuto sotto l’Impero romano, Carmenta era una delle tre Moire, corrispettive delle Parche greche, destinata a presiedere le nascite. Poiché anche essa era dotata di poteri oracolari, queste doti le valsero l’appellativo di Carmentis, derivante da Carmen ,appunto. Esiste, tuttavia, un’altra versione secondo cui il nome deriverebbe da ”Carere e mentem” ovvero ”priva di senno”, riferito allo stato reattivo che le sacerdotesse avevano in seguito alla tipica possessione profetica.

Carmenta, i Carmentalia e le matrone romane

L’11 gennaio si festeggiavano i Carmentalia, feste in onore di Carmenta a cui, successivamente, si aggiunge anche il 15 gennaio. Alla dea arcaica si offrivano libagioni di latte in quanto era proibito offrire sacrifici di sangue poiché, durante le celebrazioni, era vietato uccidere o indossare pelli di animali nel luogo sacro alla dea. Il culto si era poi esteso al 15 gennaio per volere delle matrone romane in seguito a un episodio storico.

Le matrone avevano espresso il desiderio di onorare la dea per i favori e gli aiuti che Carmenta aveva loro concesso in seguito alla loro battaglia contro il Senato, il quale aveva proibito a quest’ultime l’utilizzo delle carrozze. Lo sciopero messo in atto dalle matrone romane per il divieto d’utilizzo dei carpenta ( i carri trainati da animali) comprendeva una coalizzazione da parte delle donne che si negavano ai doveri coniugali nei confronti dei mariti; le proteste comprendevano anche il rifiuto del parto, tanto che alcune matrone si procuravano addirittura degli aborti fino a quando il Senato non ritratta la sua decisione, reintegrando il privilegio negato.

Stella Grillo

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