Golden Days: la nostalgia targata Patti Smith, Tom Waits e Keith Jarrett

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Di Redazione Metropolitan

I pezzi  di Tom Waits, Patti Smith e Keith Jarrett nella produzione di Aterballetto, Golden Days. Quando la musica ha cambiato un’epoca

Lo smarrimento, la paura, la certezza di avere perduto i punti di riferimento. Il suono ruvido e graffiante di Rain Dogs apre il sipario su Golden Days, in scena al Teatro Masini di Faenza ieri sera, inaugurando la stagione di danza. Johan Inger firma la coreografia su musiche di Tom Waits, dando corpo alle atmosfere notturne, a volte cupe, a volte irrequiete, del suo album del 1985.

GOLDEN DAYS (PHOTO CREDITS NADIR BONAZZI)

I ballerini, ragazzi in abiti casual. La luce fredda, discreta. Poi il silenzio. Partono le note di Birdland di Patty Smith. E’ una ragazza sola in abito di lurex nero a dar corpo alla malinconia della sua poetica visionaria.  Infine, l’omaggio al virtuosismo di Keith Jarrett al concerto di Colonia del 1975 con l’allegra irruenza di Bliss, dove la danza diventa gioco, leggerezza, joie de vivre.

GOLDEN DAYS (PHOTO CREDITS A. ANCESCHI)

Golden Days è lo spettacolo contenitore in cui Inger porta in scena due  coreografie, quella  di Rain Dog’s, del 2011, realizzata per il Basel Ballet e poi riadattata per Aterballetto nel 2013, e Bliss,  del 2016, vincitrice del premio Benois della Danse, anche questa creata per la compagnia di danza emiliana. Fil rouge proprio l’assolo della Smith, in un trittico che racconta la nostalgia e il sogno di un’epoca, quella degli anni’70 e ’80, che i tre artisti hanno attraversato, segnato e cambiato.

Da non perdere.

“E poi il volto si illuminò di una tale gioia pura e semplice, che  il sole bruciava intorno alle sue palpebre e i suoi occhi erano come due soli” (Patty Smith, Birdland, 1975)

Anna Cavallo