

David Fincher stupisce ancora con Gone girl – L’amore bugiardo, film del 2014 con Ben Affleck e Rosamund Pike. Lanciato nel ’95 da Seven, Fincher è autore di film cult come Fight Club e The social network. Il regista statunitense, il cui genere di elezione è il thriller, si rivela ancora una volta un bravo allievo di Hitchcock. Ci propone, infatti, un film dalla tensione crescente e che lascia un forte senso di inquietudine nello spettatore al termine della visione.
Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2012 di Gillian Flynn. La scrittrice statunitense ha curato anche la sceneggiatura dell’adattamento e ha creato un thriller con una storia che inizialmente sembra lineare per poi diventare sempre più complessa e articolata. Fra i produttori del film spicca la famosa attrice Reese Witherspoon, che dopo aver letto il romanzo nel 2011 ha deciso di scommettere sul progetto.
Gone girl, storia di un matrimonio non proprio perfetto
Nick (Ben Affleck) e Amy (Rosamund Pike) sono una coppia sposata da cinque anni. I due, entrambi impegnati nel campo dell’editoria, si erano conosciuti a Brooklyn anni prima, per poi trasferirsi in periferia per stare più vicini alla madre malata di Nick. Qui Nick inizia a lavorare come professore, mentre Amy diventa una casalinga. Un giorno la donna scompare misteriosamente e questo evento attira l’attenzione dei media che vedono in Nick il colpevole. Tutti gli indizi, infatti, sembrano portare a lui. Fra questi un diario lasciato da Amy in cui scopriamo tutti i retroscena di un matrimonio che non era perfetto come sembrava.
Amy gestisce il gioco fin dall’inizio come la femme fatal di un film noir. Cambia le carte in tavola ad ogni round ed è lei a decidere come andranno le cose, lasciando un confuso Nick in balia degli eventi. Il matrimonio diventa per lui una trappola da cui non c’è via d’uscita. Lo spettatore, il cui coinvolgimento cresce man mano che si aggiungono varie piste sulla sparizione della donna, empatizza dunque sempre di più con il personaggio interpretato da Ben Affleck al punto da viverne in prima persona la frustrazione.

La feroce critica di Fincher
Dietro tutta questa storia si cela una feroce critica al mondo dei mass media. Fincher, infatti, racconta il circo mediatico che si crea intorno alla vicenda e lo descrive come uno spettacolo dove si vuole necessariamente individuare un cattivo verso cui puntare il dito. Tutto viene estremizzato, Amy prende il potere e diventa la burattinaia, mentre le persone della sua vita e a coloro che stanno indagando per trovarla, i burattini. Ed è proprio in questa estremizzazione che si vede la mano di Fincher, che come in Fight Club ci propone con violenza un’accusa verso le ipocrisie e i miti del mondo occidentale.
La pellicola, inserita nella lista dei migliori dieci film del 2014 dalla NBR, ha diviso la critica e gli spettatori. Ma una cosa è certa: Fincher con il suo film che con ci traghetta lungo una storia inquietante e verso un finale amaro e ambiguo, riesce ancora una volta a farsi notare.
Paola Maria D’Agnone
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