Grano Nero (Another Coffee Stories) è il romanzo d’esordio di Paola Migliacci, finalista Opera Prima Premio Campiello 2023, che analizza il ruolo della donna durante il ventennio fascista sia all’interno della società che nei manicomi, dove la dimensione di controllo nei confronti del sesso femminile era acuita ed esasperata.

Grano Nero, guerra e follia: l’atteggiamento del Fascismo verso le donne

Grano Nero

Il Ventennio Fascista ha segnato un cambiamento coatto della donna, violentata nella sua dimensione più intima e quotidiana; dalla sua rappresentazione sociale, al rapporto con il corpo, con la sessualità fino alla maternità. Lo slogan “la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo” era ritmicamente ripetuto sulle facciate delle case di campagna sino alle copertine dei quaderni che le piccole italiane usavano a scuola.

Durante il regime fascista anche la dimensione di controllo dei manicomi si esasperò e in manicomio finivano anche donne definite “malacarne”; che non si conformavano alla volontà imperante del Potere fascista che le fissava nei ruoli tradizionali di sposa e madre. Questa condizione viene esplorata in Grano Nero dove a soli dieci anni Alice viene abbandonata dalla madre nel manicomio Sant’Artemio di Treviso.

Vittima dell’ideologia del ventennio fascista, che ha elaborato per le donne un progetto politico che ridefinisse i loro spazi privati e pubblici allo scopo di creare una coscienza di massa che desse il proprio consenso al costituirsi del regime, è anche Katrin; una psichiatra che desidera diventare madre ma quando scopre la sua sterilità si trova a scendere a patti con la stessa follia dei suoi pazienti. Ma all’arrivo del nuovo direttore, Ottavio Mastrelli, Alice avrà modo di provare a liberarsi dalla reclusione forzata che rischia di condurla realmente alla follia.

Le mille sfumature della guerra che si ripercuote (anche) sulla psiche

La follia, tuttavia, non è solo all’interno del manicomio; fuori imperversa la guerra e Treviso viene bombardata. Alice come molti uomini e molte donne che hanno vissuto la stessa devastante esperienza, non subisce passivamente la Storia; ma combatte per non abbandonarsi al desiderio di vendetta dimostrando che è possibile per ognuno di noi mantenere incolume la propria umanità, anche quando tutti intorno l’hanno inesorabilmente perduta. Esempio di resilienza è la poetessa Alda Merini, che alla memoria collettiva lascia in eredità la profondità di queste parole:

”Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto altro che rivelarmi la grande potenza della vita.”

La vita umana non è altro che un gioco della Follia scriveva Erasmo da Rotterdam; in Grano Nero l’autrice è riuscita a restituire, pagina dopo pagina, memoria e dignità alle donne. Si rivolge alle loro fragilità ma anche alla loro capacità di resilienza. Un romanzo introspettivo definito dalla stessa autrice come:

”Un libro d’etica della complessità, poiché le donne, al centro di quest’opera, mostrano un ampio vissuto fatto di lotte e sogni, in cui impossibile è non identificarsi.”

La riflessione su personaggi come Alice può non solo contribuire in modo rilevante alla decostruzione del primato della cultura patriarcale, ma significare la vera forza della protagonista; l’autentica celebrazione della forza morale. Un messaggio d’auspicio e un reportage di una realtà prorompente fatta di donne che non si arrendono ma prendono in braccio loro stesse portandosi in salvo.

Grano Nero: personaggi, simbolismi e una drammatica attualità

Ogni personaggio femminile, aggiunge l’autrice, ha un sogno e lotta per realizzarlo, attraverso le logiche del potere e del controllo. Sono queste le forze che muovono la storia, in quanto il potere genera le manovre e le tattiche, volontarie o involontarie, che le protagoniste mettono in atto per ottenere un controllo sulla propria vita e su quella degli altri. Solo Alice, la protagonista, oppone il suo diniego silenzioso a queste dinamiche; è l’unico personaggio nella storia a credere che non ci sia alcun bisogno di avere ‘potere su’.

La verosimiglianza dei personaggi e delle vicende, insieme alla giostra di sentimenti ed emozioni, ne scandisce il narrato e completa un titolo di certo non scelto a caso; il grano è simbolo sacro di vita e fecondità, ma in questa storia è nero perché rappresenta l’aggressione e la sopraffazione, ovvero la realtà quotidiana vissuta all’interno del manicomio, e quella che andava in scena fuori dalle mura, con l’avvento dei fascismi in Europa.

Ogni scritto, come quello di Paola Migliacci, oggi più che mai va considerato quale narrazione senza tempo; nel senso che, scorrendo pagina per pagina e leggendola con la propria voce interiore, non possiamo non ritrovarne elementi di drammatica attualità. La condizione femminile vive in ogni momento storico costanti ed eguali limitazioni culturali imposte da gran parte di sistemi politici che trovano in sempre più ambigui e pericolosi modelli da proporre con mezzi mediatici, strumenti di omologazioni asettiche e generalistiche.

Si punta a trascurare volutamente l’unicità di ciascuna persona esaltando, viceversa, la superiorità della maggioranza. Nel caso delle donne poi, troppo spesso si vogliono rappresentare, come vediamo in molti programmi televisivi, complici della loro autodistruzione. Suonano come dolci missili intellettuali da assorbire quotidianamente da tutti noi, le parole di Alda Merini una donna vissuta in un manicomio:

”Cerca di accettarti così come sei. Non cambiare per piacere agli altri. Chi ti ama accarezzerà le tue insicurezze. Chi vorrà starti accanto si accoccolerà alle pieghe della tua anima. Sii te stesso sempre. Fatti un dono vero resta come sei…”

Maria Laura Chiaretti

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