Gustave Courbet, era convinto che nel mondo ci fossero delle ingiustizie e che fosse compito degli artisti denunciarle. Per questo scelse il pennello per condurre la sua battaglia contro la borghesia francese di metà Ottocento, colpevole di aver dimenticato i valori della rivoluzione.
“La pittura è un’arte essenzialmente concreta e può consistere solo nella rappresentazione delle cose reali ed esistenti. Un oggetto astratto, non visibile, non rientra nel dominio della pittura (…).” Così scriveva Courbet, il capostipite indiscusso del realismo francese.
Gustave Courbet, vita di un artista rivoluzionario
Jean Désiré Gustave Courbet nasce a Ornans il 10 giugno 1819 da una famiglia di ricchi contadini. Si trasferisce nella vicina Besançon per studiare legge ma abbandona subito il progetto paterno per iscriversi all’Accademia. Appena ventenne arriva a Parigi dove vivrà gran parte della sua vita. Rifiutato più volte dal Salon, nonostante l’apprezzamento da parte dei critici più giovani, Courbet sviluppa ben presto uno stile proprio.
Le amicizie con il poeta Charles Baudelaire, e il filosofo anarchico Pierre-Joseph Proudhon, lo spingono sempre di più verso l’impegno politico e sociale. Ormai accettato dal Salon, nel 1850 Courbet espone ben tre dipinti. Nel 1870 fonda la Federazione degli artisti. A testimonianza della sua insofferenza nei confronti del potere ufficiale, rifiuta l’onorificenza della Legion d’onore offertagli da Napoleone III.
Ritenuto responsabile della distruzione della “Colonna della Grande Armée” di Place Vendôme,deve pagare le spese dei lavori. Il debito accollato al pittore è esorbitante e lo costringe alla fuga in Svizzera dove muore il 31 dicembre del 1877, un giorno prima del pagamento della prima rata del debito imposto dal governo francese.
Un pittore che può esprimere solo il suo tempo
Courbet è convinto che un artista possa esprimere solo il suo tempo. Afferma infatti che il pittore dovrebbe descrivere solo ciò che può vedere e toccare negando ogni forma di allegoria, di mito, di rappresentazione fantastica o astratta. Nega il concetto classico di bello, sostituendolo con quello di “bello naturale”, che si presenta in forme sempre diverse e che tocca all’artista cogliere nella natura. Il significato del realismo, per lui, non stava tanto nella forma quanto nel messaggio senza filtri che, efficace, arriva dritto allo spettatore.
Con le sue opere infatti Courbet ha dato dignità agli ultimi. Ha dipinto la realtà così com’è, con la sua bellezza e la sua miseria. La quotidianità irrompe prepotentemente nell’arte, diventandone protagonista. Non si trattava solo di arte. Il realismo restituiva dignità alle classi più deboli, dando loro la dignità affinché divenissero soggetto delle opere.
Le opere più famose e discusse
Al Salon del 1951 scandalizza tutti con la sua opera Funerale a Ornans. L’opera rappresenta un umile funerale contadino con la solennità di solito riservata alle cerimonie regali o ai soggetti sacri. Uno spaccato autentico della durezza della vita contadina, senza alcuna idealizzazione, rendendo evidenti le disparità presenti nella società dell’epoca. Un’altra opera molto discussa è stata quella de “Gli spaccapietre” (Les Casseurs de pierres). Attraverso quest’opera Courbet intendeva denunciare la fatica del lavoro umile.
L’opera più provocatoria di Courbet venne però dipinta nel 1866. Si tratta de “L’origine del Mondo” (L’origine du monde). Il quadro rappresenta il primissimo piano di una vulva femminile, con il realismo che contraddistingue le opere dell’artista. L’opera, oggi esposta al Musée d’Orsay, non è l’unica a suscitare scalpore. Anche “Il Sonno” (Les Dormeuses) fa parte dello stesso filone erotico. Un elemento sempre presente nelle sue opere è anche la natura. Ritrae alberi, animali selvatici e scene di caccia, cieli e nubi. Raffigura spiagge deserte e onde in tumulto. A questo filone appartiene la sensazionale serie delle scogliere di Etretat.
“Ho cinquant’anni ed ho sempre vissuto libero; lasciatemi finire libero la mia vita; quando sarò morto voglio che questo si dica di me: Non ha fatto parte di alcuna scuola, di alcuna chiesa, di alcuna istituzione, di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema: l’unica cosa a cui è appartenuto è stata la libertà.”
Ilaria Festa
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Rivista Digitale n.02