Hannah Arendt nasce ad Hannover il 14 Ottobre del 1906. Filosofa, politologa, storica tedesca, ebrea di origini, viene naturalizzata americana. Tutto il suo pensiero, e la sua “teoria” politica, non può essere slegato da quelle che sono state le esperienze fondamentali della sua esistenza.

La sua, infatti, è una biografia per molti aspetti drammatica. In quanto ebrea, lascia la Germania nazista e si trasferisce negli Stati Uniti, dove, non senza fatica, si ricostruisce una vita personale e professionale. Le sue opere sono caratterizzate da un’attualità che continua a far discutere. Le origini del totalitarismo, La condizione umana, La banalità del male, per citare solo le principali, hanno avuto una risonanza immediata e per le tesi, e per lo stile argomentativo, coraggiosamente controcorrente rispetto ai dogmi ideologici, e hanno dimostrato di reggere a revisioni e critiche.

Brevi cenni biografici

Hannah Arendt nasce in una famiglia benestante appartenente alla borghesia ebraica,che non aveva particolari legami con il movimento e le idee sioniste. Pur non avendo ricevuto un’educazione religiosa la Arendt non negò mai la propria identità ebraica, professando sempre in modo niente affatto convenzionale la propria fede in Dio. E non solo, la Arendt infatti, si identifica con le vicissitudini del popolo ebraico, e per tutta la vita cerca di comprenderne il destino. Cresce a Koningsberg, la città natale di Kant, del quale già a 14 anni ha letto tutte le opere, e a Berlino dove fu studentessa di Filosofia di Martin Heidegger. Quest’ultimo fu il grande amore della sua vita al quale perdonò persino l’adesione al nazismo.

Hannah Arendt e Martin Heidegger-immagine web
Hannah Arendt e Martin Heidegger-immagine web

Si laurea nel 1929 sotto la guida di Karl Jaspers, con una dissertazione su “Il concetto di amore in Agostino”. Nello stesso anno si trasferisce a Berlino dove sposa un filosofo conosciuto pochi anni prima, forse per dimenticare l’amore per Heidegger. Divorzierà nel 1937. E’ costretta poi a lasciare Berlino nel 1933. Si trasferisce in Francia prima e a New York dopo, con il suo secondo marito. Qui rimarrà apolide fino al 1951 quando gli Stati Uniti le concederanno la cittadinanza. Dal 1957 comincia la carriera accademica vera e propria: ottiene le cattedre presso le Università di Berkeley, Columbia, Princeton e, dal 1967 fino alla morte, anche alla New School for Social Research di New York.

L’Hannah Arendt pensiero

L’ opera della Arendt si prefigge di analizzare le cause ed il funzionamento dei regimi totalitari sotto due profili: storico-politico, in quanto analisi della situazione generale europea; filosofico-politico, in quanto analisi del regime totalitario, con particolare riferimento a nazismo e stalinismo (esclude il fascismo perché non nasce sin dall’inizio sotto forma di regime totalitario).Nel tentativo di spiegare la causa e la natura del male del totalitarismo, la critica giudica che lei sia andata più a fondo di George Orwell, di Simone Weil e di altri studiosi “. 

Per la Arendt tutti noi siamo incapaci di soffermarci a pensare e a dire a noi stessi cosa stiamo facendo, di qualunque cosa si tratti; ciò che guida il suo interesse per il totalitarismo è ben espresso da una frase di Pascal: “La cosa più difficile al mondo è pensare”. Così nel suo libro più famoso “La banalità del male”, Eichmann, il protagonista, nazista sotto processo, dice la verità. Era semplicemente una persona comune, ordinaria, come la maggior parte di noi, che eseguiva gli ordini perché incapace di distinguere il bene dal male. Per questa, chiamiamola semplificazione, fu accusata dalla comunità ebraica di banalizzare il fenomeno nazista.

Hannah Arendt ritratto-immagine web
Hannah Arendt ritratto-immagine web

Muore a New York il 4 Dicembre del 1975.

Cristina Di Maggio

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