Musica

Haydn, la forma è l’equilibrio

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Franz Joseph Haydn nasce in una piccola cittadina dell’Austria nel 1732. Indubbiamente il suo ruolo nello sviluppo dell’estetica del Classicismo si rivelò fondamentale: plasmò con innovazione e rigore le forme compositive che si erano stratificate nel secolo precedente. Se la fuga è debitrice della figura di J.S. Bach, così, la forma sonata e la sinfonia hanno come loro creditore l’ingegno di F. J. Haydn. La sua maggiore occupazione durante la vita fu quella di kappellmeister o compositore di corte. La famiglia Esterházy, in questa direzione, si rivelò una grandissima risorsa per mettere Haydn nelle condizioni migliori, anche se questo spesso non avveniva. Ad ogni modo, un compositore stipendiato ha indubbiamente una libertà economica che gli permette un’occupazione musicale più proficua e costante.

Di seguito, verranno analizzate cinque opere considerate tra le più peculiari scaturite dal genio musicale di F.J. Haydn.

Franz Joseph Haydn in un ritratto dell'epoca
Franz Joseph Haydn in un ritratto dell’epoca

Sinfonia n. 45 degli addii

La sinfonia presente diverse caratteristiche degne di nota. La prima è la scelta della tonalità. Il fa diesis minore, infatti, era usata assai di rado all’epoca. Inoltre l’apertura della composizione ha in sé tutti gli stilemi afferenti all’estetica Sturm und drang: arpeggi discendenti di un accordo minore alle voci principali, sostenute da un accompagnamento in controtempo e i fiati che coadiuvano ad un senso di legato e pienezza sonora. Diversamente da quanto può suggerire il titolo, l’origine della nomenclatura degli addi non è dettato dall’ispirazione circa un drammatico commiato, bensì da un ironico suggerimento esecutivo dato dal compositore stesso. I ritmi di lavoro dell’orchestra presso la corte degli Esterházy, infatti, erano molto serrati e i musicisti espressero il loro malcontento. Haydn, così, introdusse alla fine del quarto movimento della sinfonia un anticlimax in cui gli esecutori smettevano di suonare per arrivare ad una riduzione progressiva della massa sonora. Ulteriore prescrizione del compositore stesso fu quella di spegnere le candele da leggio e dirigersi verso l’uscita per poter tornare a casa dai familiari rimanendo, così, i due primi violini. Haydn stesso e Luigi Tommasini.

L’incontro improvviso

La fama di Haydn non annovera, certamente tra i suoi trionfi la musica vocale, financo il teatro operistico che aveva preso piede in Europa grazie all’intervento italiano in questo genere. Tuttavia può apparire interessante esplorare una sezione del corpus compositivo di un autore di cui non solo si ha poca memoria ma viene considerata persino tra le meno efficaci.

La trama ha tutte le caratteristiche del dramma giocoso. Intrecci amorosi con lo sfondo di un amore impossibile che conduce le fila diegetiche della sinossi. Agnizioni che condurranno inevitabilmente ad un lieto fine in cui Amore e Giustizia trionfano. Inoltre l’ambientazione esotica è ascrivibile alla mania dell’epoca per le turcherie in cui venivano presentati gli Ottomani con stilemi stereotipati che, indubbiamente, non mancheranno ad influenzare la musica con inventiva e ricerca verso un senso dell’esotico. Nel complesso la musica si rivela varia e raffinata senza, tuttavia mostrare grande invenzione melodica pur ispirandosi, senza troppo celare, al lirismo italiano.

Le sette ultime parole di Cristo sulla croce

Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze è la nomencaltura in tedesco. L’opera è stata commissionata per avere una finalità liturgica, presso una chiesa di Cadice, entro le celebrazioni del Venerdì Santo nel periodo pasquale. In questa regione, infatti, era tradizione che il celebrante in una chiesa avvolta nel buio pronunciasse le ultime sette verba, proferite da Gesù di Nazareth sulla croce prima di spirare. Haydn, profondamente cattolico, accolse la sfida di musicare in guisa strumentale la drammaticità liturgica e narrativa. Gli espedienti musicali sono molti e conferiscono all’opera un senso tensivo e drammatico che ammicca a escamotage teatrali. Innanzi tutto non principia l’opera direttamente con il Pater, dimitte illis, quia nesciunt quid faciunt (Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno) ma vi antepone una solenne Introduzione (Maestoso e adagio). Alla conclusione delle sette sonate, invece, inserisce un elemento che avvicina molto quest’opera al teatro: il Terremoto. Un movimento in Do minore che si ispira all’evento catastrofico riportato dal Vangelo di Matteo. L’effetto non è solo di continua tensione emotiva e suggestiva ma un susseguirsi di stupore e meraviglia di fronte al mistero in cui Haydn credeva profondamente.

Concerto per tromba

Il concerto nasce grazie ad un celebre trombettista in voga presso i contemporanei di Haydn: Anton Weidinge. Il musicista, infatti, aveva appena ultimato una sua invenzione: la tromba a chiavi (organisierte Trompete). In uso al tempo, le trombe erano naturali, ovvero potevano eseguire solo una parte dello spettro sonoro in base alla loro intonazione naturale, appunto. L’invenzione di Weidinge, invece, con l’introduzione di queste chiavi, che poi saranno gli attuali pistoni, permetteva allo strumento di emettere tutte le note della scala cromatica, anche quelle estranee ai rapporti degli armonici naturali. Il concerto, purtroppo divenne famoso nei vent’anni successivi. Tuttavia, il compositore contribuì notevolmente a rendere più nota la nuova tromba che verrà in seguito adoperata come unico strumento utilizzato in orchestra.

La Creazione (Die Schöpfung)

La forma dell’Oratorio è quella affidata a quest’opera. Una lunga e solenne narrazione dei giorni in cui Dio creò l’uomo. Impossibili non scorgere la profonda fede che pervade l’animo del compositore austriaco quando si è dinnanzi a quest’opera. Una fede mai vacillante, non un esistenzialismo angoscioso bensì cieco ottimismo verso una pienezza dell’esperienza divina. Egli né descrive né tenta di narrare i primi giorni dell’Universo: li rappresenta. In principio era il Caos non è una massa sonora informe drammatica e causa di inquietudine ma quiete prima della tempesta di luce che il Verbo deflagrerà. Non mancano elementi di grande ispirazione teatrale grazie al quale gli effetti a sorpresa tipici di Haydn conferiscono all’opera non solo varietà ma l’idea del fermento e della gioia che pervadeva il Creato primigenio. Si chiude l’opera, infine, in un tenero e puro duetto tra Adamo ed Eva in cui delicatezza timbrica e invenzione melodica accompagnano verso il coro finale che con nitida solennità porta il fruitore verso la conclusione.

Paolo de Jorio

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