Il 22 agosto 1908 nasce, a Chenateloup, Henri Cartier-Bresson, il cosiddetto “occhio del secolo“, fotografo e pioniere del fotogiornalismo. Bresson trascorre gran parte della sua giovinezza immerso nell’atmosfera bohémien di Parigi, provando a intraprendere la carriera di pittore. Gli scarsi risultati nell’attività pittorica lo fanno avvicinare ulteriormente al mondo della fotografia, che sostiene possa “fissare l’eternità in un istante“. Negli anni venti del Novecento si avvicina al movimento surrealista, mentre nel 1947 è tra i fondatori della agenzia Magnum.
Henri Cartier-Bresson, “L’occhio del secolo”: un appellativo meritato
Henri Cartier-Bresson è indubbiamente uno dei fotografi più influenti del Novecento, tanto da essersi guadagnato il soprannome di “occhio del secolo“. La fotografia diventa un vero e proprio mezzo espressivo, che Bresson sostiene essere una forma d’arte, una estensione della pittura. Una Leica 35 mm diventa la sua compagna di viaggio: in Messico e in Europa la macchina fotografica documenta con lui i momenti vissuti. Gli scatti in questione, impressi tra il 1932 e il 1935, lo rendono famoso soprattuto negli Stati Uniti. Tornato in Francia, nel 1937, si dedica al fotogiornalismo dopo un periodo di apprendistato come regista presso Jean Renoir.
Durante la Seconda guerra mondiale entra a far parte della Resistenza francese. Viene catturato dai nazisti, riuscendo però a scappare ed arrivare in tempo per documentare la liberazione di Parigi nel 1944. Nel 1947 è tra i fondatori della storica agenzia Magnum, e nel ’53 pubblica “Il momento decisivo“, considerato una vera e propria guida per tutti i fotografi di reportage. Rimane attivo come fotogiornalista fino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso. L’approccio consigliato- per così dire- dal fotografo prevedeva di “allineare testa, occhio e cuore“, e di scattare più fotografie possibili. Questo consentiva di far emergere dalla massa caotica di scatti quello che sarebbe stato capace di simbolizzare e rappresentare fedelmente un evento, un individuo, un luogo.
I suggerimenti, gli studi di Bresson hanno ispirato- e continuano a farlo- innumerevoli fotografi e generazioni successive. La fotografia era concepita come arte, la macchina fotografica come una sorta di “album da disegno meccanico” in grado di ritagliare immagini dalla vita quotidiana con una precisone e un tempismo ineguagliabili, capace di individuare e congelare il fulcro della vicenda.
Joelle Cotza
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