Benvenuti nell’universo letterario di StoryLine. In occasione dell’avvicinarsi del suo cinquantasettesimo anniversario abbiamo dedicato il nostro racconto di oggi ad I have a dream. Si tratta del più famoso discorso di Martin Luther King pronunciato il 28 agosto 1963 a seguito di una marcia a Washington
I have a dream, l’inizo
Una tiepida sera stava appena scendendo su Washington quando Clarence ormai sfinito cadde su una poltrona di fronte ad un tavolo carico di fogli. “Mancano 12 ore alla marcia e ancora non sappiamo per certo cosa il reverendo King dirà alla folla”, si lamentò Stanley dall’altro lato della stanza versandosi un bicchierino. “I have a dream dice raccontando la storia di un sogno, di un sogno che ha fatto”, continuò Clarence. “Dove è adesso?”, chiese Stanley spazientito. “Non lo vedi e li sul terrazzino a guardare le stelle mentre noi poveri onesti lavoratori abbiamo preparato ben 5 bozze. Ne avesse approvata una”, rispose Clarence. Mentre i due continuavano a lamentarsi il reverendo King era assorto nei pensieri che un sogno stava lentamente disegnando nella sua mente. Non sapeva sul serio cosa avrebbe detto ma ciò che contava, ciò che si doveva percepire, ciò che si doveva abbracciare era la tanto sospirata e agognata libertà.
Sognando con Mahalia in un pomeriggio di agosto
La libertà si doveva abbracciare e toccare come una figlia aveva spiegato al reverendo King qualche ora prima la sua amica e attivista Mahalia. Stavano camminando verso il tramonto nei pressi del memoriale di Lincoln dove tra poche ore si sarebbe svolta una grande marcia. Il reverendo King aveva cominciato a parlare del suo discorso notando come nessuna delle bozze su cui aveva lavorato lo convincesse. La cosa importante non era realizzare il solito dibattito retorico ma qualcosa che aprisse gli occhi e gli orecchi di tutti. ”Perchè non gli parli semplicemente del sogno”, gli disse Mahalia, “la nostra gente ha bisogno di credere in qualcosa che la spinga a lottare”. King rispose con insicurezza perchè temeva la reazione dei suoi collaboratori nel caso non avesse funzionato, temeva di sciupare un’occasione importante per i diritti della sua gente. Ecco perchè quella sera era ancora pensieroso e dubbioso. “Non dimenticare mai di essere libero”, disse, infine, facendosi forza mentre un sonno ristoratore gli stava facendo chiudere gli occhi.
Essere libero sempre
“Non dimenticare mai di essere libero”, ripetè ancora il reverendo King mentre l’indomani continuava ad esporre il suo discorso retorico alla folla che aveva partecipato alla marcia. Queste parole cozzavano un po’ con il suo essersi legato ad un artificio che non poteva essere facilmente compreso.Tanto più che non vedeva illuminarsi gli occhi della gente di fronte a lui mentre faticosamente cercava uno sguardo compiacente. Poi tra la folla notò lo sguardo di Mahalia che continuava a urlargli “parlagli del sogno Martin”. Una fitta gli attraversò lo stomaco quasi a toglierli ogni parola. Il reverendo King capì che non aveva più bisogno della retorica e gettò lontano i fogli del suo discorso. Guardò negli occhi la folla e disse semplicemente a braccio “Io ho un sogno” svegliando milioni di coscienze
Stefano Delle Cave