Il surriscaldamento globale continua a provare forte malessere per l’ambiente e le specie animali che rischiano l’estinzione. In Antartide si sono raggiunti picchi di calore mai toccati prima con il 18,3 gradi Celsius, a discapito degli animali come i pinguini che soffrono il caldo e non hanno cibo. In realtà non si tratta di un fatto nuovo, ma anzi sono predizioni avute da tempo, di cui si è continuato a parlare per anni, senza agire concretamente. La crisi climatica in realtà non interessa nessuno?
I pinguini a rischio estinzione, solo uno dei danni che continuiamo a fare consapevolmente all’ambiente
La crisi climatica continua ad estendersi, arrivando quasi ad un punto di non ritorno.
Si sta conducendo all’estremo il livello di sopportazione del nostro pianeta, portando molto specie animali a cercare di adattarsi al cambiamento ambientale.
Gli uccelli migratori, come riportato dal WWF, stanno cambiando gli spostamenti anno dopo anno, le fioriture si stanno anticipando, e gli animali presenti in Antartide continuano a soffrire la fame e il caldo, quello che stanno sopportando i pinguini.
Il continente nel 2020 ha raggiunto il picco di 18,3 gradi Celsius, un record considerando che la temperatura media del mese di gennaio (il più caldo) è di -28 °C.
A soffrirne sono ovviamente anche in pinguini, e questo continua a spiegare, come se non fosse già evidente da anni, la situazione difficile che sta vivendo l’ecosistema.
Si parla però di un pronostico già annunciato da tempo, che evidentemente si sta scegliendo di ignorare, girando la testa dall’altra parte.
Oggi 20 gennaio è proprio il “Penguin Awarness Day“, giorno in cui si celebra il simpatico e iconico animale, e in cui la nave Arctic Sunrise di Greenpeace ha scelto di dedicargli una missione.
Stanno navigando per raggiungere colonie di pinguini, alcune mai avvicinate, per monitorare la loro situazione e scattare fotografie. È quanto esposto dalla portavoce della spedizione, Louisa Casson.
“L’Antartico è in primo linea nella crisi climatica e le colonie di pinguini ne stanno subendo i colpi. Nella missione del 2019 avevamo registrato come le colonie di pinguino pigoscelide antartico di Elephant Island avevano avuto delle riduzioni drammatiche, alcune anche per il 77% degli individui negli ultimi 50 anni.“
Dati che compaiono ma che forse non preoccupano.
Se ne continua a parlare, ci si continua a commuovere quando si vedono foto di animali sofferenti, ma basta qualche minuto per riprendere a pensare ad altro.
L’immagine di Greta Thunberg viene celebrata su ogni rivista, in ogni dichiarazione, ma in realtà il suo urlo non lo si ascolta veramente.
È stata lei stessa a ribadire più volte come si sarebbe dovuto fare di più, e come molti leader abbiano solo parlato senza agire. Una frustrazione che dovrebbe toccare chiunque perché come ripete lei: “Dovreste comportarvi come se la vostra casa fosse in fiamme, perché lo è.”
Riguardo la spedizione di Greenpeace infatti Casson continua dicendo:
“I pinguini vedono cambiare il loro ambiente e sparire il loro ecosistema: fino a quando useremo combustibili fossili saranno in grandissimo pericolo. Nel frattempo le grandi industrie della pesca razziano il loro principale nutrimento, il krill, (il piccolo crostaceo oceanico, ndr), che viene usato per produrre l’olio di krill venduto come integratore alimentare. Per questo è importante istituire una rete di grandi aree protette che siano off limits per le navi da pesca e l’industria, ma ci vuole l’impegno di tutti: la Commissione per l’Oceano Antartico, composta da 25 Paesi membri, tra i quali l’Italia, è in ritardo sulla proprie scadenze di 10 anni, e lo è perché ancora manca una reale volontà politica e diplomatica nell’arrivare a una decisione comune.”
Tutto ciò sta avendo sotto gli occhi di chi dovrebbe agire, e che invece consapevolmente sceglie di non farlo.
Si scegli di continuare a parlare solo di Covid, di politica, di dati economici, che non devono essere certo ignorati, ma in cui deve trovare necessariamente posto l’emergenza climatica, riconosciuta come la vera e più grande crisi mondiale.
Bisogna parlarne di più perché venga fatto di più, perché vengano toccate le coscienze e non solo l’emotività, ricordandosi che le parole servono per agire, per apportare un cambiamento che sia veramente risolutivo, e non per dissolversi nell’aria.
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