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Il ministro Calderoli condannato a 7 mesi per le offese a Cècile Kyenge, dopo quasi 10 anni

Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, in Tribunale a Bergamo nel nuovo processo per la vicenda delle offese all’allora ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, che il 13 luglio 2013 definì “orango” alla festa della Lega di Treviglio (Bergamo) durante un comizio.

L’accusa era diffamazione aggravata dalla matrice razziale. Kyenge non si era costituita parte civile. La Cassazione aveva annullato le precedenti condanne in primo e secondo grado. A dicembre il reato andrà in prescrizione.

Chi è Cècile Kyenge

All’incirca dieci anni fa Cècile Kyenge era politicamente e mediaticamente molto in auge: con la sua presenza all’interno del governo Letta come ministro per l’Integrazione con delega alle politiche giovanili erano sorte infatti delle polemiche – originate spesso da alcune sue posizioni non poco strumentali – che vedevano coinvolti esponenti (soprattutto) della Lega, che da pochissimo tempo aveva visto innalzare la leadership di Matteo Salvini. Il tema di discussione era pressoché sempre lo stesso: l’immigrazione.

Certo: sicuramente la sua vita e la sua esperienza studentesca e professionale, tra Repubblica Democratica del Congo e Italia, aveva fatto sì che l’allora parlamentare del Partito Democratico avesse tutti i requisiti per rappresentare le proprie istanze riguardanti i diritti dei migranti. Anche a livello istituzionale. Peccato che (ovviamente non solo per responsabilità sua, va precisato) la sua brevissima permanenza da rappresentante del governo italiano non sia esattamente passata alla storia per dei provvedimenti considerati fondamentali all’interno dell’ordinamento giuridico sull’integrazione.

La breve e discussa esperienza da ministro

Due mesi di tira e molla tra Bersani (il “non vincitore” di quelle consultazioni elettorali) e Grillo su nuovo governo e Presidente della Repubblica non portarono a niente: Napolitano venne riconfermato al Quirinale, Enrico Letta fu nominato premier di un esecutivo di larghe intese (Pd, Pdl e Scelta Civica) e, dopo essere entrata a Montecitorio, Kyenge sarà designata come prima ministra nera (come lei stessa preferiva più volte definirsi rispetto all’espressione “di colore”) di governo della Repubblica Italiana. C’è da dire, però, di quei dieci mesi al potere non verranno tuttavia ricordate sue misure che andavano effettivamente a migliorare il processo di Integrazione.

Nei fatti, volente o nolente, Cècile Kyenge passerà alla storia solo ed esclusivamente per il fatto di essere stata paragonata – il 13 luglio 2013 – da Roberto Calderoli a “un orango”.

Che fine ha fatto Cècile Kyenge?

Il governo Letta cade nel febbraio 2014 e, con lui, anche l’esperienza ministeriale di Kyenge. Poco male: perché le porte del Parlamento europeo si apriranno per lei tre mesi dopo le 92.898 preferenze ottenute alle elezioni. I temi portati avanti saranno sempre gli stessi: immigrazione, inclusione sociale dei nuovi cittadini europei, cooperazione internazionale e lotta contro il razzismo e xenofobia. Nella sostanza comunque – anche per via delle varie farraginosità dell’Europa – non arriva niente di fondamentale. Nel 2019 si ricandida, ma non è ugualmente fortunata: è solo ottava, con 42.172 voti, nella medesima circoscrizione del Nord-Est: niente rielezione. L’ex deputata sparisce definitivamente dai radar dei media.

Dopo l’addio alla politica, l’ex ministra era poi tornata alla sua passione professionale originaria con la quale aveva cominciato a muoversi in Italia: è del luglio 2021, del resto, la notizia secondo la quale era diventata medico di base in un quartiere della periferia di Padova rimasto scoperto dal servizio

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