Benvenuti nell’universo narrativo di StoryLine. In occasione del Giorno della memoria abbiamo dedicato il nostro racconto di oggi a questa ricorrenza. Lo abbiamo fato ispirandoci ad una canzone di Leonard Cohen intitolata “Dance Me to the End of Love”. Questa canzone è ispirata allo storia delle orchestre costrette a suonare nei campi di concentramento come Auschwitz

Rimbombava nella sua mente il fuoco di una recente lite. Questo era nell’animo di Matteo Zanchi mentre dopo tanto tempo entrava a casa del suo vecchio Zio Elia. Aveva le chiavi da un po’ ma se ne era sempre di dimenticato. Del resto suo zio, dopo la terribile esperienza di Auschwitz, non era mai stato un tipo del tutto aperto con le altre persone. Per questo Matteo lo aveva inevitabilmente trascurato e nemmeno aveva messo piede in casa di Elia nonostante l’avesse ereditata. Poi l’ultimo recente litigio dove la moglie lo aveva cacciato di casa. Già quella Claudia con cui inevitabilmente si era preso una pausa mentre il loro amore sembrava essere in difficoltà.

Auschwitz, la memoria del lager

Dance Me to the End of Love, la canzone che ha ispirato il racconto, fonte

Ubriaco d’alcol e di rabbia Matteo urtò una scatola sulla scrivania del vecchio zio facendola cadere sul pavimento. Trovò molte lettere consumate dal tempo e una vecchia foto scattata in un caffè con lo zio in compagnia di una donna. Matteo inizialmente non ci fece caso poi incuriosito cominciò a leggere le lettere. La prima era data Auschwitz 12 gennaio 1944, narrava di un evento del 1936 ed era indirizzata ad una certa Elena. Raccontava il loro primo incontro in un caffè. Elena dove essere la donna della foto. “Perchè mi sta fissando?”, aveva chiesto allo zio la prima volta che si erano visti. “No la sto fissando sto solo cercando di capire cosa c’è nella testa di chiede un gin a mezzogiorno”, aveva risposto simpaticamente Elia.

“Che semplicità”, pensò Matteo e che amore doveva essere stato il loro se lo zio se lo ricordava anche in un lager. “Forse è solo un caso, di certo non avrebbe potuto inviare lettere da un lager”, ne convenne. Eppure Matteo notò che c’erano altre lettere indirizzate a Elena. In esse lo zio le raccontò di tutto, da come riusciva sopravvivere facendo da violinista in un’orchestra per i suoi aguzzini, la lotta disperata per una razione doppia e la voglia di non arrendersi nella speranza di poterla rivedere . “Scriveva queste lettere anche senza inviarle lo stesso e io invece”, pensava Matteo. In quell’istante si ricordò delle scenate di gelosia della moglie a causa della sua segretaria, litigi che al cospetto della storia di Elia sembravano quanto mai inutili. Gli venne quasi in mente di chiamarla ma poi desistette.

Danza con me fino alla fine dell’amore

Matteo si risvegliò con un gran mal di testa che cercò di combattere con un te caldo. All’orizzonte una mattina di gennaio fredda e asciutta. Matteo si risedette alla scrivania e continuò a leggere le lettere. Una triste lo colpì particolarmente. Lo zio Elia raccontò la cattura di un suo amico che aveva provato a scappare ed ora la sua orchestra doveva suonare per la sua esecuzione. Era il dicembre 1945. Improvvisamente Elia si era scoperto debole e sul punto di morire anch’egli. “Che cosa abbiamo fatto? Perchè i nostri figli che chiedono solo di poter venire la mondo devono essere uccisi?”, si chiedeva nella sue lettere.

Matteo pensò per un attimo a Claudia, a quanto fosse ridiventata improvvisamente importante . Poi lesse un’altra lettera. Era datata 20 gennaio 1945. Era una preghiera triste e sincera ad Elena dove Elia le chiedeva di danzare con lui fino alla fine dell’amore nel momento in cui credeva che non ce l’avrebbe fatta ma per fortuna non fu così. Sapeva che suo zio, dopo essere scampato alle marce della morte, era ritornato a casa totalmente cambiato. Ma che fine aveva fatto Elena? Si chiese Matteo. Sul fondo della scatola c’era una lettera di una sopravvissuta di Ravensbruck che gli annunciava la sua morte dopo il suo internamento come partigiana.

Epilogo


Matteo capì che Elia non aveva più rivisto Elena ma quelle lettere lo avevano salvato dall’inferno dandogli la forza di andare avanti e lui probabilmente non aveva mai smesso di amarla anche dopo averla perduta per sempre. Matteo invece si rese conto di essere ancora in tempo. Si rivestì e chiamò Claudia. “Danza con me fino alla fine dell’amore perchè questo è l’unico ballo che non voglio finire”, le disse poco dopo quando si furono incontrati. Matteo aveva imparato da suo zio Elia che l’amore vero fa vivere.

Stefano Delle Cave