Il merito non entrerà nella scuola con la rinomina del ministero dell’Istruzione, perché questo concetto esisteva già. A preoccupare è la concretezza che un nome simile possa portare a una serie di cambiamenti atti a spingere il merito sopra all’equità scolastica. Si è discusso in questi giorni del concetto di merito e di come è stato considerato il contrario dell’inclusione.

La parola merito in sé non è problematica, ma è evidente che la scuola non può essere “del merito” quanto più “delle opportunità”.

Il punto quindi non è favorire chi dimostra di riuscire più degli altri, ma di riconoscere la passione, l’impegno o meno di chiunque. Prendere il merito a modello vuol dire non far valere il contesto nel quale lə studente è riuscito a raggiungere i propri obiettivi. La scuola deve sviluppare il meglio di ognunə, non il massimo, non spingere alla competizione. Perché se da una parte vi è la valorizzazione del merito, dall’altro il rischio è quello di far prevalere una valutazione vuota e che non guarda alle reali necessità dellə studentə. Le problematiche quotidiane, il contesto sociale, la classe economica e culturale che abitano, per fare un esempio, ma il punto di partenza è diverso per ognunə e varia a seconda anche del genere, dell’orientamento sessuale, dell’etnia e molto altro.

Bisogna pensare la scuola pubblica come un ambiente che non rigetta nessunə e che non deve proporre uno standard minimo, perché escludente. In che modo la scuola e lo Stato può fornire strumenti per uscire da questi contesti?

Merito e meritocrazia nella scuola - photo credits: web
Merito e meritocrazia nella scuola – photo credits: web

Che cos’è il merito?

Il merito è un valore borghese, spiega Sciltian Gastaldi su Il Riformista e lo è alla luce del contrasto all’aristocrazia che non guardava il merito, quanto più all’elezione di nascita. Il merito però da solo non può nulla se non si accompagna a un punto di partenza comune, continua Gastaldi. Ed è qui il problema più grande: non partiamo tutti della stessa linea di partenza. Anche nella condizione di iniziare tutti dallo stesso start, le condizioni sociali, economiche e culturali comporterebbero una diversa andatura nel percorso scolastico.

Con il passare del tempo la parola meritocrazia ha assunto connotazioni negative, perché soffoca il concetto di eguaglianza e pari opportunità. Il merito riflette una profonda disuguaglianza sociale, pone infatti un’élite meritevole (privilegiata) in contrasto con una massa subalterna perché ignorante. La base di tale condizione non è dovuta a una colpa del singolo, all’assenza del sacrificio e dell’impegno (mito del self-made man), quanto più dalla deresponsabilizzazione che il concetto di merito permette alla scuola e allo Stato.

La meritocrazia come non-valore: l’assenza di complessità nella scuola

Cosa vuol dire meritocrazia? È un “sistema di valutazione e valorizzazione degli individui, basato sul riconoscimento del loro merito” scrive Treccani. La meritocrazia tutto sommato può sembrare una valorizzazione della bravura e dell’impegno, ma c’è l’altra faccia della medaglia. Il lato oscuro della meritocratica è l’assenza di attenzione per le disuguaglianze di partenza. Marialuisa Villani, sociologa dell’educazione, spiega che le disuguaglianze di partenze sono “tutte quelle condizioni per le quali i soggetti sono svantaggiati all’interno della società“. 

Il concetto di meritocrazia nella scuola manca della visione di complessità che solo una sguardo intersezionale può fotografare. Ci sono diversi fattori che contribuiscono alle disuguaglianze, dall’etnia alla condizione economica e non considerarle a livello istituzionale fa ricadere tutta la colpa del “non successo” sul singolo.

Il merito nella scuola è un’illusione. Infatti il merito di una persona bianca, eterosessuale e benestante che riesce a laurearsi con il massimo dei voti non sarà mai lo stesso merito di chi, partendo da una condizione di svantaggio, raggiunge un punteggio inferiore al massimo, ma lo fa con il peso delle disuguaglianze sulle spalle. Il modello meritocratico favorisce i favoriti e crea lo “sforzo” di raggiungere gli stessi traguardi dei favoriti. È un modello capitalista, che giudica l’individuo in base al valore delle conoscenze accumulate. L’istruzione, anzi l’educazione non dovrebbe essere meritocratica, ma equa. Dopotutto l’equità non implica la cancellazione del merito, ma amplia la concorrenza nel mercato del lavoro. Forse è proprio questo il problema.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.