In Nuova Zelanda vince il parito Laburista di Jacinda Ardern, con il 49,1% dei consensi e un’alleanza con il partito dei Verdi, che aveva registrato una preferenza del 7,6%. Il nuovo parlamento Neozelandese è stato definito il più inclusivo di tutti: quasi la metà dei parlamentari sono donne, e la rappresentanza non-bianca e LGBTQ+, è la più alta di sempre. Nel partito laburista di Jacinda Ardern, troviamo anche  Ibrahim Omar, primo deputato africano, e Vanushi Walters, primo originario dello Sri Lanka. Inoltre, il 10% del nuovo parlamento sarà composto da persone apertamente omosessuali e transessuali.

Spazio ai Millenial

Per Millenial intendiamo la generazione nata tra il 1981 e il 1997. Se sei un Millenial, probabilmente ti ricorderai di quando Renzi voleva “rottamare” la politica, levare di mezzo gli anziani e ringiovanire il parlamento. In Nuova Zelanda lo hanno fatto davvero: Jacinda Ardern ora ha 40 anni, e nel 2017 era la donna più giovane nel mondo a capo di un governo (insieme a Sanna Marin) Secondo Paul Spoonley (professore alla Massey University), il nuovo parlamento Neo-zelandese, è anche il più giovane al mondo. Grazie alla vittoria del Partito Laburista, molti parlamentari anziani, che erano lì da oltre 30 anni, hanno lasciato spazio agli under50.

Vista la sensibilità che molti Millenial hanno oggi per tematiche quali l’ecologia, la lotta al sessismo e ad ogni discriminazione, non ci stupisce sapere che il parlamento più giovane al mondo sia anche il più inclusivo

Il parlamento neozelandese senza “quote rosa”

In Nuova Zelanda non ci sono leggi che impongono un determinato numero di parlamentari donne. Le uniche minoranze tutelate in questo modo sono i Maori, per i quali sono riservati un certo numero di seggi.

Jennifer Curtin, direttrice del Public Policy Institute dell’Università di Auckland, ci dice che In Nuova Zelanda la rappresentanza è regolata in modo informale. Ogni partito può formare a piacere le proprie liste, ma tutti si assicurano che siano rappresentative della società neozelandese. Per esempio, nel 2013 il Partito Laburista votò un regolamento interno che prevede che almeno il 50% dei deputati siano donne.

L’imposizione di una quota di genere non è sempre vista di buon occhio, sai dai reazionari che da alcune femministe, che leggono quest’operazione come una sorta di “elemosina”. Il problema è che persino le “quote rosa” prevedono che le donne vengano trattate da minoranza, quando non lo sono. Dal 2015 è previsto che in Italia solo il 30% dei deputati siano donne, quando sono circa la metà della popolazione. Noi BRAVE, sicuramente pensiamo che le “quote rosa” non siano una soluzione a lungo termine, ma vanno viste come un provvedimento di “emergenza”. Mentre si lavora per sensibilizzare tutti e tutte sull’importanza della rappresentazione in politica.