Alberto Bevilacqua (Parma, 1934 – Roma, 2013) scrittore e regista, attira fin da giovane l’attenzione di Leonardo Sciascia. Grazie al suo sostegno pubblicherà la prima raccolta di racconti “La polvere sull’erba” (1955). Uno stile riconoscibile, in cui i meandri dei sogni si allargano e arrivano alla meraviglia per rendere la vita desiderabile, nonostante tutto. Esordisce come poeta nel 1961 pubblicando “L’amicizia perduta” ma il successo internazionale arriva qualche anno dopo con “La Califfa” (1964), diventato poi un film da lui stesso diretto e interpretato.

Il contrasto tra l’epopea di provincia e la vita di città in Alberto Bevilacqua

Tra i romanzi più significativi “Questa specie d’amore” (1966, premio Campiello), nel quale il dissidio tra il richiamo della propria terra – la provincia parmigiana – e l’impegno della vita nella capitale, scuote la coscienza inquieta del protagonista.

Un tema che torna spesso nella narrativa di Bevilacqua, insieme alle vicende amorose, alle atmosfere liriche, visionarie e fantastiche, rese corporee da uno stile denso e da un cauto sperimentalismo linguistico. Anche per questo romanzo l’autore curerà la trasposizione cinematografica, vincendo il David di Donatello per il miglior film.

Il rapporto viscerale con la sua città: Parma

Parma è spesso al centro, città natale che mostra la sua risonanza in un pensiero scolpito. Il credo padano non è mai sconfessato, anzi viene rafforzato nello stupore. La terra di papaveri e grano – come venne scritto a Pasolini in una celebre missiva – è un crepuscolo, un grido da comprendere al mattino. Come disse Leonardo Sciascia: l’affezione lega lo scrittore al luogo nel senso di quel che mostra e rivela. Lo è stato per i romanzi e lo è per la poesia di matrice confessionale.

La produzione poetica di Bevilacqua

Intensa, continuativa e parallela all’attività di narratore, la produzione poetica di Bevilacqua è raccolta nelle opere: “La crudeltà “, “Immagine e somiglianza”, “Vita mia”, “Il corpo desiderato”, “Messaggi segreti” e “Piccole questioni di eternità” . I luoghi poetici di Bevilacqua sono attraversati in una sensazione di sortilegio struggente che si insinua tra la gente, nelle cose, in una complessità che sembra schiudersi in una visione. Già dai primi versi denota una forza di liberazione in cui il fiume Po sembrava il grande comunicatore tra gli uomini. C’è un destino terribile dell’umanità intera, sfidato con coraggio e con trepidazione.

Dalla raccolta Piccole questioni di eternità (2002), provengono alcune poesie del passato in parte rivisitate: “I treni che segnano le ore / all’abbaglio di questo meriggio quieto, / i treni lunghi alla luce straniera / sospesa come pioggia…”. I treni, simbolicamente, mutano, vanno lontano, trascinano con sé gli anni e l’anima. Quell’anima che per Bevilacqua era sempre nei paraggi, che percepiva il mondo, che scrutava e proteggeva dal malessere esistenziale.

Alessia Ceci

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