Non era un ferragosto qualunque. Ma nel 1962 a Roma, l’afa bruciava l’asfalto e aleggiava ardente l’aria del benessere. Dino Risi ne “Il sorpasso“, ne fa una scena che resterà scolpita nella mente di ogni amatore del cinema. Sulla via Aurelia al grido di “Vai cavallina!”, la Lancia Aurelia Spider sfrecciava sull’asfalto deserto. Inarrestabile, come quegli anni del cosiddetto miracolo economico. Perché l’Italia, si lasciava indietro, come il vento che scompiglia dalla decappottabile, le miserie della Seconda Guerra Mondiale. Ingranata la risalita, il paese era vincente, in rinascita, e fiero di gridarlo al mondo. Stasera in tv “Il Sorpasso“, film di Dino Risi, la storia sulle ruote mai passata di moda.
Dino Risi, che pur non amava la definizione di commedia all’italiana, tutta colpa di quel ‘al ‘ di troppo, che la rendeva sempliciotta e con una punta di ironia, crea un film che è manifesto della società. Quei ristoranti brulicanti di coperti, e le spiagge dove si ballava tutti assiepati, con gli stessi passi e movenze al ritmo di Edoardo Vianello, ne sono la più viva rappresentazione. E se partiva una chiamata dal lido, verso la ‘Pensione Albatros‘ di Viareggio, era l’amico di Roma che cercava Valeria; un Jean Louis Trintignant, allora giovane, che colto da malinconia, mentre risuonava un lento americano di Peppino di Capri, chiede al centralino, con una mano alla cornetta e un dito nell’orecchio, di passargli la comunicazione.
Il sorpasso: trama di un insolito viaggio
Bruno Cortona (Vittorio Gassman) sfreccia per le desolate vie della città con la Lancia modello B24, in cerca delle sigarette e di un telefono. Con la spensieratezza, la sfrontatezza che pare spavalderia. Tutto nel personaggio di Bruno, dagli stereotipi anni ’60, che riconosceremo tutti, anche non avendo vissuto quell’epoca. Casualmente, egli, incontra il giovane studente Roberto Mariani (Jean Louis Trintignant), che coinvolgerà, suo malgrado, in un folle viaggio senza meta su per la via Aurelia.
Dino Risi, vede il protagonista del suo film come uno sbruffone, audace, senza vergogna. Costato molto poco, proiettato inizialmente in un solo cinema a Roma, diventerà una pellicola, pietra miliare della sceneggiatura. La scena del viaggio in auto, racconta un pezzo di vita quotidiana. E finisce col far ridere, il regista, senza beffarsi della società, ma soltanto con il desiderio di raccontarla così com’è. Sarà per quel sogno di ogni automobilista, sempre che non sia stato già esaudito, di abbandonarsi ai gesti liberatori, come quelli di Gassman al volante. Un linguaggio universale comprensibile a tutti i piloti su strada.
Il sorpasso, quel clacson inconfondibile…
Inizialmente il ruolo da protagonista del film, fu proposto a Walter Chiari. Che rifiutò, si dice, per non lasciare la sua amante Ava Gardner. E Vittorio Gassman, in questo ruolo, fu una rivelazione. Ogni attore è i personaggi che interpreta, che ne rivelano l’anima. Ed egli fa di Bruno un monumento di comicità sulle quattro ruote. Il dialogo tra lo spaccone e il timido compagno di sedile, conosciuto solo quella mattina stessa, è puro neorealismo. E Gassman si supera, interpreta la parlata romanesca e i modi che la contraddistinguono, con “la spontaneità” di un conducente come appena uscito dal traffico della Tangenziale all’ora di punta.
La musica di Modugno dalla radio in sottofondo, note al vento dalla decappottabile in viaggio. Un pezzo di vita quotidiana. “L’uomo in frakke mi fa impazzì…la sua solitudine, l’incomunicabilità…quella che va di moda oggi, l’alienazione“. Dice Bruno, eterno bambino che vive alla giornata, alla velocità rampante della sua carrozzeria bianco crema. “Abbeveriamo i cavalli“, dirà, sopraggiunto alla stazione di benzina, dove un nitrito suona come il clacson. E finisce per affascinare Roberto, simbolo, invece, della casta alto-borghese. Convinto a lasciare i libri da avvocato a casa, e ad accompagnarlo nelle sue imprevedibili scorrazzate. “Sono veramente sorry. Ma era attaccata con lo sputo.” Si scuserà impassibile Bruno, quando nel bagno dell’amico farà cadere la mensola.
Donne e motori, la legge del sorpasso per Dino Risi
“Famme ballà, sto creando”. Dice Gassman, mentre incarna le movenze di un ballo sfrenato, comico, come chi non sente la musica ma balla con convinzione i passi che solo lui sa. Sembra una poesia, quella frase di uno spaccone qualunque, che cerca spazio a bordo pista. Sarà inevitabile non giustificarla ed amarla. È, ancora una volta, frutto del carismatico Bruno: tutta prestanza fisica e sforzi ginnici. Messo accanto al suo antagonista Roberto: in uno incontro-scontro tra due generazioni e modi diversi di vedere la vita.
Il rigore intellettuale per vicino di sedile, in quella cabrio lanciata. Roberto, la cui massima realizzazione è quella di seguire le orme del cugino Alfredo, avvocato di uno studio privato a Rieti, e avere una Fiat 500, farà da passeggero all’ansia di vivere di uno sciupafemmine con il timore della vecchiaia. Le uniche preoccupazioni da nullafacente di Bruno. Due amici per caso, così diversi, che si ritrovano in macchina, lungo un tempo scandito in kilometri, a mettere in discussione e ripensare alla propria esistenza. Tanti volti incontrati durante il viaggio; arriveranno a far visita ad alcuni parenti di Roberto, a Lilly (Chaterine Spaak), la figlia di Bruno e alla sua ex moglie, Gianna (Luciana Angiolillo).
Il sorpasso dell’Italia che rinasce
“Lo sai qual è l’età più bella?! è quella che uno c’ha”. “Che te frega delle tristezze”. In dialoghi all’apparenza banali e rozzi, c’è il senso del film, buttato lì. Da cogliere tra la tensione continua creata dagli opposti. “Il sorpasso” è un film da salvare. Il Nastro d’argento e il David di Donatello andranno a Gassman come miglior attore. A Dino Risi il merito e l’arte riconosciuta, di aver creato un capolavoro. (Articolo Metropolitan Magazine su Dino Risi https://metropolitanmagazine.it/dino-risi-il-fotografo-dei-vizi-e-delle-virtu-umane/).
Non si racconta il finale di un film. Perché è bene mantenere lo spettatore attento fino all’ultimo. Ma, soprattutto, regalargli l’interpretazione ultima, a seconda dell’emozione provata. Inaspettata, improvvisa e inattesa che sia. Eravamo proprio così. Come quelli de “Il sorpasso”. Capaci di dondolarci su un twist, di eseguire come un plotone i comandi del sergente “Alligalli”, alzando una gamba come fossimo watussi. Audaci eroi, piccole irresistibili macchiette di un’Italia che non si supererà mai.
Federica De Candia. Seguici sempre su MMI e Metropolitan Cinema!