Il Venezuela divide i potenti del mondo

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Di Redazione Metropolitan

Francia e Spagna riconoscono Guaidò come Presidente ad interim del Venezuela. Seguono la linea anche Austria e Londra, intanto sale la tensione tra Mosca e Washington in seguito alle parole di Trump sull’ipotesi di un intervento militare. Lavrov dichiara illegittimo qualsiasi uso della forza nei confronti di Caracas. Il tutto all’ombra della questione energetica, vero oggetto del contendere tra Usa e Russia.

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Dopo le manifestazioni di Caracas, in seguito al fallito tentativo dell’Europa di esprimersi con una sola voce, arriva il riconoscimento di Francia e Spagna. Si segue quindi la via dei “singoli riconoscimenti”, in barba all’unità politica del vecchio continente. Ad opporsi sono l’Italia e la Grecia, il Governo di Roma si dice scettico di fronte alle ingerenze del mondo nelle questioni interne venezuelane. Per quanto la Lega sia di diverso avviso, per ora a fare la voce grossa sono i grillini.

“Visto che siamo già stati scottati dalle ingerenze in altri Stati non vogliamo arrivare al punto di riconoscere soggetti che non sono stati votati. Per questo non riconosciamo neppure Maduro e per questo l’Italia continua a perseguire la via diplomatica e di mediazione con tutti gli Stati per arrivare ad un processo che porti a nuove elezioni ma senza ultimatum e senza riconoscere soggetti che non sono stati eletti”.

Queste le parole di DiMaio, una mediazione per portare a nuove elezioni, una rottura con Washington e un occhiolino a Mosca. Trump vuole il petrolio venezuelano, il paese è il primo al mondo per le riserve. Il suo livello di produzione è in caduta libera, un potenziale non espresso che fa gola alle compagnie americane.

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Quando Chavez andò al potere nel 1998 estromesse le compagnie “made in Usa” dal paese, privandole di un mercato a due passi da casa. Questo favorì l’ingresso dei russi e degli iraniani, con il primo mercato energetico di riferimento i Cina. Un “asse del male” che la Casa Bianca ha sempre visto come una minaccia.

Se durante i primi anni del Chavismo la situazione economica florida del Venezuela impediva di sfruttare tensioni, ora, complici le politiche scellerate di Caracas e il crollo del barile, queste tensioni sono arrivate. Favorire un cambio di regime sembra una priorità di Washington, a far discutere sono i modi. Se Trump dovesse optare per un intervento militare le reazioni di Mosca potrebbero non farsi attendere. Dopo la rottura dell’accordo sui missili a medio raggio tra la Russia e gli Usa, la crisi venezuelana rischia di rincarare la dose.