Non provate a cercare Canzoni da intorto, il nuovo disco di Francesco Guccini, su Spotify o Youtube. Nei suoi canali ufficiali non lo troverete. La sua affermazione: «Lo streaming non so cos’è, canto con gli amici» la dice lunga su dove potrete trovare l’ultimo album del Maestrone, uscito oggi 18 novembre per BMG.
Guccini canta canzoni dei tempi andati
Il concept album Canzoni da intorto, arrivato a sopresa, uscirà soltanto in 5 diversi formati fisici: CD, CD limited edition, vinile e vinile special edition, e in un doppio vinile in edizione esclusiva. Diciamo arrivato a sopresa perchè dieci anni fa, con l’uscita di L’ultima Thule, Francesco Guccini aveva giurato che quella sarebbe stata la sua ultima fatica. Ammise di non riuscire più a scrivere canzoni, proprio lui che era noto per le sue composizioni urgenti, scritte in poco tempo, risolte come una terapia con carta e penna. Forse ancora oggi è così: Guccini ha semplicemente ha cambiato genere. Non si esprime più con le canzoni, ma con i gialli che scrive nel suo eremo sull’Appennino Tosco-emiliano, a Pavana.
Tuttavia, con Canzoni da intorto Guccini la sua promessa l’ha rotta a metà: è tornato a cantare, ma non a comporre. Non c’è alcun inedito in questo disco, ma 11 canzoni popolari che lui era solito cantare nelle osterie, a Bologna, in compagnia di amici ed amiche, riarrangiate ed interpretate in veste nuova. I brani selezionati sono assai particolari, lui stesso li ha definiti addirittura marginali, appartenenti ad un tempo in cui ascoltava canzoni snob.
Guccini dà una veste nuova alla canzone popolare
Il repertorio da cui Francesco Guccini ha attinto per selezionare i brani che avrebbero fatto parte del disco, è estremamente ampio. Ci sono canzoni che per il cantautore di Pavana sono state dei riferimenti anche per la scrittura. Pensiamo a Nel fosco fin del secol morente – qui cantata insieme a Francesco Bianconi – a cui la sua La locomotiva si rifà, tanto da esserne stata ribattezzata pronipote.
Ci sono i canti della Resistenza e le canzoni popolare milanesi, tra cui rientrano Ma mì e l’omaggio ad Enzo Jannacci con Sei minuti all’alba, dedicata al padre partigiano. C’è Per i morti di Reggio Emilia di Fausto Amodei, canzone di protesta del 1964, che racconta la morte di cinque operai reggiani, in occasione di una manifestazione sindacale del 7 luglio 1960. Celebre è il verso: “Di nuovo come un tempo sopra l’Italia intera/ fischia il vento infuria la bufera”. C’è Addio Lugano, tratta da una poesia anarchica del poeta Pietro Gori, scritta in carcere nel 1895.
Canzoni da intorto e da anarchico
La canzone anarchica, che tante volte Guccini ha ricalcato nella struttura per la scrittura dei suoi testi, è ad oggi ancora il suo punto di riferimento, ciò a cui ritorna omaggiandola. E quella dell’anarchia è forse l’unica bandiera che il Guccio abbia sempre voluto sventolare con orgoglio e senza retorica, componendo canzoni lontane da quella tipologia militante che vive di slogan.
Tuttavia, nel corso di questi decenni Francesco Guccini si è dovuto scollare di dosso etichette che la critica, la politica e le opinioni popolari hanno cercato di attribuirgli per forza, a costrizione. Guccini è stato il cantautore impegnato, politico, ma anche il qualunquista; l’uomo a volte troppo a sinistra, altre non abbastanza; l’arrivista e il Maestro. Ma il suo canto è sempre stato chiaro nel rivolgersi indistintamente a tutti, a prescindere dall’orientamento ideologico o politico. E continua a farlo, ancora oggi, stando però sempre a cantare dalla stessa parte.
Giorgia Lanciotti
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