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In un anno oltre 173 mila rifugiati ucraini in Italia

Quasi la metà dei rifugiati ucraini si è stanziato tra la Polonia (984mila) e la Germania (919mila). Al terzo posto la Repubblica ceca, con 445mila profughi, seguita da Italia (177mila) e Spagna (165mila). L’accesso al lavoro non è stato uguale in tutti i Paesi. In termini assoluti, stando ai dati della Commissione (che non contemplano l’Italia, tra i pochi a non aver fornito informazioni a riguardo), poco più di 1 milione di ucraini si è iscritto ai centri per l’impiego nell’Ue, in stragrande maggioranza donne: di questi, i 614mila hanno trovato lavoro, mentre 413mila sono ancora disoccupati. Ci sono poi 53mila che ricevono un assegno di disoccupazione. 

Il Paese con il maggior numero di lavoratori ucraini è la Polonia, con 197mila occupati a fronte di 13mila rimasti ancora disoccupati. C’è poi la Germania, con 125mila occupati a fronte di 314mila disoccupati. Significativo il numero di occupati in Repubblica ceca, dove sono 99mila contro 14mila senza lavoro. L’Olanda è tra i grandi Paesi Ue quello che ha la più alta quota di rifugiati occupati: sui 96mila ucraini che hanno ricevuto la protezione temporanea, ben 62mila lavorano: quasi 2 su 3.  

173 mila rifugiati ucraini in Italia

A un anno dalla guerra in Ucraina, l’Unicef ha raggiunto oltre 100 mila rifugiati ucraini in Italiaoltre 15 mila attraverso interventi diretti di protezione, prevenzione e risposta alla violenza di genere, supporto psicosociale e ai percorsi di formazione e inclusione, oltre 95 mila con informative online. Dall’inizio dell’emergenza a oggi l’Italia ha ospitato oltre 173 mila rifugiati dall’Ucraina, tra cui circa 92 mila donne e circa 50 mila bambine, bambini e adolescenti. Sin dalle prime fasi l’Unicef ha condotto un’analisi dei bisogni della comunità rifugiata per individuare azioni e sfide su cui orientare le azioni di supporto. Lo comunica la stessa organizzazione in una nota.

Tra le sfide individuate le difficoltà di accesso a informazioni e servizi, inclusi quelli di prevenzione e risposta alla violenza di genere, a condizioni di accoglienza adeguata, sfide nel reinserimento scolastico o nella prosecuzione del percorso di studi, necessità di supporto psicosociale e di opportunità di inclusione sociale. Nella prima fase dell’emergenza l’azione dell’UNICEF ha dato priorità ai bisogni di protezione rilevati presso le frontiere terrestri del Nord-Est Italia, dove si concentravano i flussi di ingresso. In collaborazione con le organizzazioni ARCI, D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), Save the Children, l’associazione Stella Polare – l’UNICEF e UNHCR hanno attivato due Blue Dot in Friuli-Venezia Giulia, nei valichi di frontiera di Fernetti (Trieste) e Tarvisio (Udine).

I due centri di supporto per minorenni, donne, famiglie e persone con esigenze specifiche sono rimasti attivi per tutto il 2022 fornendo informative, supporto psicosociale, rinvio a servizi sul territorio, inclusi di prevenzione e risposta alla violenza di genere, raggiungendo oltre 10.700 persone (circa 7500 adulti, per lo più mamme, e oltre 3200 minorenni tra cui quasi 500 minori non accompagnati). L’Unicef ha inoltre raggiunto dallo scorso anno a oggi oltre 5000 minorenni attraverso il rinvio a servizi specializzati di supporto psicosociale e di salute mentale, informative sui meccanismi di protezione e consulenza legale, e soluzioni di accoglienza in famiglia (che hanno coinvolto circa 50 nuclei familiari dall’Ucraina), e oltre 600 donne e minori con interventi di prevenzione e risposta alla violenza di genere. L’UNICEF ha supportato inoltre, in collaborazione con l’UNHCR, il Dipartimento della Protezione Civile nello sviluppo di procedure per integrare la mitigazione del rischio di violenza di genere e la tutela dei minori dal rischio di sfruttamento e abuso nella cosiddetta “accoglienza diffusa”.

Prima dell’emergenza ucraina, con accoglienza diffusa si intendeva solitamente la rete SAI – che sta per Sistema Accoglienza Integrazione ed è gestita da Ministero dell’Interno e ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani. Il modello SAI (che in precedenza è stato chiamato anche SPRAR e, per breve tempo, SIPROIMI) consente di ospitare richiedenti asilo e rifugiati in maniera capillare sui territori, per iniziativa dei Comuni e con il coinvolgimento degli enti del Terzo Settore, che spesso sono gli enti gestori degli spazi di accoglienza.

La Protezione Civile, per accogliere le persone in fuga dall’Ucraina, ha lanciato una nuova accoglienza diffusa, diversa e parallela. Tra aprile e marzo 2022, ha aperto un bando per 15.000 posti dedicato non ai Comuni (come avviene nel SAI) ma a enti del Terzo SettoreCentri di servizio per il volontariatoenti religiosi civilmente riconosciuti ed organizzazioni iscritte alla prima sezione del Registro degli enti e delle associazioni che svolgono attività in favore degli immigrati. L’idea, per incanalare la grande solidarietà mostrata dagli italiani, era che famiglie, gruppi e piccole associazioni facessero riferimento alle principali reti del Terzo Settore nazionale (come Caritas o Arci) per ospitare i profughi ucraini nelle loro case o in altri spazi, con un contributo statale di 33 euro al giorno a persona.

L’esito del bando è stato un successo, in 10 giorni le offerte arrivate dal Terzo Settore sono state ben più dei posti disponibili e, a inizio maggio, la Protezione Civile ha selezionato 29 soggetti per un totale di 17.012 posti lungo tutta la penisola.

Poi, però, qualcosa si è inceppato.
E, ad oggi, sono state attivate solo 12 convenzioni per un totale di 5,332 posti, dice il sito della stessa Protezione Civile.

Caritas, uno degli enti che aveva messo a disposizione più posti, ha spiegato come è andata in questi mesi. “Caritas Italiana ha partecipato al bando della Protezione civile per le accoglienze diffuse sui territori, firmando una convenzione per la messa a disposizione di 1.489 posti a partire dal 4 agosto 2022. A fronte di questa disponibilità complessiva, la Protezione Civile ha attivato però solamente un numero ridotto di accoglienze”, si legge in una nota stampa.  “Dall’avvio della convenzione le Caritas hanno accolto complessivamente 507 persone, per periodi diversi, da alcuni giorni a diversi mesi”, prosegue il documento.

All’interno del bando per l’accoglienza diffusa era contenuta anche l’altra grande novità introdotta dall’emergenza Ucraina, l’ospitalità in famiglia. Questa possibilità, finora, era sempre stata concretizzata da realtà del Terzo Settore, fuori dal sistema pubblico, mentre ora è stata per la prima volta prevista anche da un provvedimento di un ente statale, come la Protezione Civile. Anche in questo caso, non senza alcune difficoltà.

Lo sanno bene a Refugees Welcome Italia, onlus che da anni pratica l’ospitalità in famiglia e che, con lo scoppio del conflitto, un anno fa, è stata subissata dalle richieste di cittadini e cittadine che si dicevano pronti ad aprire le porte delle loro case alle persone in fuga dall’Ucraina. “Oggi abbiamo circa 210 famiglie che accolgono, fa i conti la direttrice Fabiana Musicco. Circa 80 famiglie sono a Milano, altrettante a Roma e una cinquantina in altre città. Molte che inizialmente di erano fatte avanti, si sono tirate indietro col passare dei mesi.

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