Netflix avrà la pubblicità nel 2020?

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Di Maria Paola Pizzonia

C’è il serio rischio che, con l’arrivo dell’anno nuovo, i fastidiosissimi Ads arrivino anche su Netflix.

Netflix ha dovuto vedersela con una serie di avversità quest’anno, di cui due sono stati quasi fatali. Parliamo innanzitutto dei conti, che continuano a deludere gli analisti.
Stante il 2019 sia stato un anno pieno di successi (da  Stranger Things a The Witcher, passando per Casa de Papel) non è stato sufficiente a tenere la barca a galla.
Netflix è in perdita.
Lo ribadiscono gli analisti: produrre serie di successo necessita degli investimenti importanti, possibili finché il mercato non si riempie di agguerriti concorrenti quali Disney+ e Amazon Prime, che continuano ad aumentare il loro catalogo, andando in alcuni casi a ridurre quello di Netflix (per esempio le serie Marvel).
E qui giungiamo al secondo problema, forse il più grave: la concorrenza.

Netflix – Fonte: Google

Netflix non è più il solo nel suo Olimpo, ormai

Probabilmente è troppo presto per pensare che la società sia entrata in una pericolosa spirale negativa. Tuttavia siamo abbastanza certi che il gruppo ha bisogno di mostrare rapidamente al mercato di essere in grado di diversificare la propria offerta aumentando i servizi.
A questo poi, si aggiunge il fatto che i competitor, da Disney ad Amazon, stanno attingendo ai settori più forti (Disney ha aumentato il prezzo dei biglietti dei parchi divertimento, ad esempio), quando invece Netflix ha una sola fonte di ricavi e, anzi, sarà costretta ad aumentare le spese di marketing.
Di conseguenza la resistenza all’avanzata di altri attori aumenterà ulteriormente la pressione cui conti.
Come se non bastasse, è probabile che Netflix perda gran parte dei contenuti di Disney e di tutte quelle piattaforme che vedranno la luce. Con il rischio di alimentare un circolo vizioso con il calo del prezzo delle azioni che spaventa investitori rendendo – di conseguenza – più difficile finanziarsi sul mercato e a cascata più complicato produrre nuovi film e serie. C’è bisogno di trovare una fonte di profitto, e serve alla svelta.
Non si tratta di un’impresa facile, ma Reed Hastings non ha molte carte nel mazzo da giocarsi.

Reed Hastings – Fonte: Google

La pubblicità, un asso nella manica:

Potrebbe pensare, per esempio, di affiancare allo storico product placement qualche forma di pubblicità tradizionale: un’ipotesi che i vertici del gruppo respingono con forza, ma che al mercato piace molto. D’altra parte l’ultimo documento depositato alla Sec – la Consob americana – mostra con chiarezza come la società abbia fretta di trovare nuove fonti di ricavo, perchè gli abbonamenti potrebbero non essere più sufficienti.
Anche perché gli utenti che spendono di più sono i nord americani con un abbonamento mendio di 13,08 dollari al mese per poco più di 67 milioni di consumatori. Purtroppo per Netflix, però, il tasso di crescita sta addirittura rallentando.

Fino ad oggi, Netflix è cresciuta grazie a un circolo virtuoso basato sul costante aumento degli abbonati. Questo anche grazie al fatto che era un prodotto unico nel suo genere. Adesso non è più così, ma nel frattempo questo suo boom ha fatto dimenticare al mercato sia l’incapacità dell’azienda di fare utili sia la sua capacità di accumulare debiti. 
Senza dimenticare i miliardi di dollari presi in prestito sono serviti a finanziare centinaia di costose produzioni che – a loro volta – hanno fatto crescere gli utenti e il valore del titolo. E più Netflix investiva in produzioni, più aveva chance di trovare la sua gallina della uova d’oro come La Casa di Carta o Stranger Things. Fino ad ora.

Netflix – Fonte: Google

La battuta d’arresto degli ultimi mesi ha acceso un campanello d’allarme sul futuro dell’azienda mostrando al mondo che la crescita non è garantita a vita.

Altre idee per aumentare i profitti della piattaforma:

Nell’ultimo anno, la società ha provato a lanciare offerte più economiche solo per il mobile in paesi in via di sviluppo come India e Malesia: una strategia che ha fatto salire il numero degli abbonati, ma non quello dei ricavi medi. Con il tipo di strategia di marketing che vi appiamo appena spiegato è evidente che se Netflix ha intenzione di continuare a spendere 15 miliardi di dollari in contenuti ogni anno ha bisogno di far salire le proprie entrate.

Roberto Verganti, professore di Leadership e Innovation alla School of Management del Politecnico di Milano, ha dichiarato che “

per aumentare il fatturato Netflix è condannata a fornire nuovi servizi, magari attraverso abbonamenti premium o simili. Nel frattempo deve continuare a produrre contenuti di successo prendendo tutti i rischi necessari

Senza dimenticare, dice il professore, che ci sono tanti settori ancora da esplorare “dal mondo del gaming a quello dell’education. 
Di certo Netflix non può stare ferma – è la sua frase di conclusione.

Ma questo potrebbe non bastare per salvare Netflix dalla bancarotta:

Netflix spende circa 15 miliardi ogni anno per produrre nuove serie, per pubblicità su altre piattaforme e per comprare prodotti. Queste sono cifre che, al netto dei guadagni attuali, non può più permettersi. Per questo c’è chi propone di inserire della pubblicità, con un modello simile a Spotify. Con la previsione di una perdita di circa 4milioni di utenti durante il 2020, questa sembra essere veramente l’unica via.

Gli analisti sono speranzosi che la risposta più efficace possa essere la pubblicità. Come abbiamo già spiegato sopra, gli esperti di Needham sono convinti che senza un abbonamento low cost da 5-7 dollari al mese, ma sostenuto dalla raccolta pubblicitaria, Netflix andrebbe incontro nel 2020 a una fuga 4 milioni di abbonati verso i competitor. Infatti gli analisti di Needham hanno tagliato ad “underperform” il titolo stimando una perdita di 4 milioni di abbonati. Secondo Nomura, invece, se a partire dal 2020 Netflix introducesse un modello stile Spotify potrebbe incassare subito un miliardo di dollari dalla pubblicità.

Niente è certo, staremo a vedere.

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