Tennis

Internazionali d’Italia, Medvedev e Rybakina sovrani di Roma

Un lungo viaggio che ha di fatto accompagnato tutto il mese di Maggio. Gli Internazionali BNL d’Italia ieri sono giunti ufficialmente al termine con la finale maschile che ha visto Daniil Medvedev avere la meglio su Holger Rune per 7-5, 7-5. Sabato però era stata Elena Rybakina ad alzare il trofeo dopo aver superato Kalinina, costretta a ritirarsi per infortunio. Sfortunatamente però ci si ricorderà di questa edizione degli Internazionali anche per l’organizzazione tutt’altro che ottimale che li ha fatti sembrare più una maratona che un torneo di tennis.

Maltempo, orari complicati e poca elasticità: qualcosa non ha funzionato agli Internazionali d’Italia

Daniil Medvedev US Open

Sul piano del gioco lo spettacolo fornito è stato sicuramente di ottimo livello, come ci si aspetta chiaramente da un Masters 1000. Tuttavia, tanti fattori invece positivi non lo sono stati per nulla e molto è dipeso dall’organizzazione, seppure dispiaccia dirlo. Se è vero che il maltempo non lo si poteva controllare e, inevitabilmente, ha portato allo slittamento di determinate partite, è anche vero che si sarebbero potute adottare delle soluzioni diverse. Tennisti in campo praticamente tutti i giorni e senza poter rifiatare. Un dato normale, nulla da evidenziare, ma i problemi sono derivati dagli orari.

Partite cominciate alle 23 o addirittura a mezzanotte, qualcuno che ne ha dovuto giocare due nello stesso giorno, a causa di uno slittamento, e premiazioni veloci e fugaci, trasmesse distrattamente in televisione. Questi i problemi principali emersi, a cui poi ha fatto seguito anche la sfilza di infortuni dei partecipanti. Anhelina Kalinina stessa è stata costretta al ritiro per un problema fisico e prima di lei anche la numero 1 al mondo Swiatek. Insomma, è stata più una gara di resistenza quella che hanno vinto Medvedev e Rybakina. Tuttavia, viene da chiedersi come sia stato possibile questo cortocircuito di orari che ha mandato in tilt l’evento di tennis più atteso d’Italia. Ai posteri l’ardua sentenza.

Maria Laura Scifo

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