La responsabilità dell’artista è quella di avere i piedi per terra e dare corpo alle sensazioni che lo attraversano, renderle carnali. Dario e Veronica hanno le idee molto chiare, soprattutto sul restare liberi di esprimersi con tutta la musica che vogliono.

La Rappresentante di Lista ha riempito Villa Ada. Non numericamente, o almeno non solo. Ha riempito Villa Ada di luci, suoni, ritmi con l’intensità di chi crede fermamente a quello che dice davanti ad un microfono, di chi si sente la responsabilità di tracciare una strada. Abbiamo fatto una chiacchierata con Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, le due menti de La Rappresentante di Lista, prima del concerto.

Avete iniziato nel 2011, otto anni fa. In otto anni si cambia molto, a livello personale e artistico. A chi volevate arrivare, otto anni fa?

“Il target che ci eravamo prefissati all’inizio è sempre lo stesso: un pubblico ampio, nonostante siamo consapevoli del fatto che la nostra musica non sia commerciale ma sia fatta con una certa ricercatezza. Il nostro intento è pop, nel senso che la musica cerca di parlare a tutti. In realtà abbiamo iniziato per gioco, le persone a cui volevamo parlare – e questo tuttora è così – eravamo noi due. Con quest’ultimo disco, Go Go Diva, siamo riusciti ad ampliare il bacino di persone che si sono avvicinate al progetto.”

La Rappresentante di Lista - photo credits: Luca Cesaroni
La Rappresentante di Lista – photo credits: Luca Cesaroni

È un disco molto diverso dal primo, ampliato soprattutto come sonorità.

“Esatto. Proprio perché non ci piace autodefinirci, La Rappresentante di Lista è un progetto di ricerca, quello che non ci spaventa mai ma anzi ci interessa è la continua trasformazione, perché segue di pari passo quello che ci succede a livello personale. Ci si immette in una società che va molto veloce, in cui la politica cambia e ti dà schiaffi forti, ti butta a terra. Bisogna essere invece molto saldi, coi piedi per terra, e muoversi passo dopo passo in questo mondo per poterlo guardare con occhi vivi. Dal primo disco sono cambiate tante cose, abbiamo abbandonato qualcosa che oggi non ci interessa e abbiamo portato avanti invece dei temi, delle peculiarità che riconosciamo parte del nostro modo odierno di fare musica.”

A proposito di Go Go Diva, il brano più d’impatto sembra essere “Questo corpo”, l’opener dell’album.

“Assolutamente, abbiamo deciso per questo motivo di farla essere la prima canzone del disco.”

In questo brano si sente l’intenzione di rendere carnale un’idea. Corporalità e femminilità. Voi siete molto vicini al movimento LGBT, ai queer, a un insieme di idee che ancora lottano per affermarsi, per poter dire “io esisto”. Sta cambiando qualcosa? È il momento giusto per lottare?

“Oggi, più di ogni altro momento è il tempo giusto per farlo: non solo per lottare – che è un termine abbastanza desueto – ma per riabilitare un lessico. Io (Veronica, ndr) ho sentito pronunciare le parole di questa canzone a bambine di quattro o cinque anni: mi ha steso, per la naturalezza con cui riuscivano a dire quelle parole. Il messaggio dietro questo uso del lessico è politico, è una necessità di far prendere corpo alle idee, ai desideri, alla rabbia e alla paura, senza lasciarle confinate nell’ambito nelle sensazioni. Oggi c’è la necessità di esser-ci, di riabilitare parole come sogno, utopia, lotta, non usandole come claim da Instagram Stories, ma facendosi attraversare da esse con consapevolezza. Siamo convinti che un artista abbia una responsabilità quando dice delle cose. Nei primi due dischi avevamo difficoltà a usare la parola amore, non volevamo usarla. Da un lato è uno stilema della canzone italiana, ma dall’altro è una di quelle parole che si porta dentro sia il corpo che lo spirito. Attraverso l’amore racconti la necessità di esserci, di farti attraversare dalla volontà e non lasciarla nell’immaginazione.”

La Rappresentante di Lista - photo credits: Luca Cesaroni
La Rappresentante di Lista – photo credits: Luca Cesaroni

Quindi è questo il senso di responsabilità dell’artista? Sembra che oggi sia tutto un po’ lascivo.

“Io (lei, ndr) ho avuto un po’ di delusioni dalla musica ascoltata recentemente, perché ricevevo la vita di tutti i giorni in modo eccessivamente didascalico. La responsabilità dell’artista dovrebbe essere quella di non essere solo il riflesso di quello che sta succedendo nella società: nel suo modo di farsi attraversare dalle situazioni, dovrebbe dare uno sguardo altro, che vada verso il futuro. È questa carnalità del respirare le cose che ci interessa.”

Ultima domanda tecnica: qual è l’apporto degli altri membri del gruppo in sala prove? Sono La Rappresentante di Lista anche loro o è guidato tutto da voi?

“La Rappresentante di Lista siamo noi due, ma c’è tutto un insieme di persone che contribuisce. Noi due facciamo gli scheletri delle canzoni, le portiamo in salaprove e cerchiamo di farle girare bene. Poi andiamo in studio a Palermo da Roberto Cammarata e buttiamo giù delle idee musicali; torniamo in salaprove per limare testi, strutture, temi. Per Go Go Diva siamo andati poi a Milano da Fabio Gargiulo che ha prodotto il disco, e poi un ultimo ritocco in salaprove per preparare il live. C’è contaminazione, lo stesso vale per i suoni. È come vestire dei personaggi, come fosse uno spettacolo teatrale.”

E poi lo spettacolo, sul palco c’è stato: energico, con una scenografia studiata, con un’aggressione consapevole dello spazio. Un concerto corporale, in cui ha pesato la musica, hanno pesato i testi e hanno pesato le intenzioni.