Intervista a Montegro: il singolo “La nostra stabilità” è l’inno all’incertezza

Foto dell'autore

Di Rossella Papa

Se c’è qualcosa che ci ha insegnato quest’anno, è come l’incertezza sia l’unica costante sicura della vita. A partire dall’insicurezza degli eventi, c’è un equilibrio in cui esorcizzare la paura dell’incerto con la bellezza del momento. A dirlo ancora meglio, è Daniele Paolucci – in arte Montegro – con il suo nuovo singolo “La nostra stabilità“(The Orchard). Come un racconto elegante e disincantato di un amore (e non solo) sul baratro, questa canzone ci arriva più come un abbraccio collettivo: l’epopea di un equilibrio emotivo precario che è l’unica certezza sulla quale fondare una stabilità, o almeno qualcosa che ci somigli.Sullo sfondo un interrogativo squisitamente generazionale: la precarietà si è presa tutto? Anche l’amore?

Classe ’96, romantico ma fermo sui punti saldi della consapevolezza, Daniele Paolocci è un giovane cantautore che ha fatto del suo percorso dalla provincia a Roma un percorso di vita e di storie da raccontare, mosso da due grandi passioni: la chitarra e i cantautori. Dall’esperienza emotiva delle sue canzoni, di recente è riuscito a conquistare anche Max Gazzè. Montegro, infatti, ha co-firmato “Un’altra adolescenza”, uno dei brani più suggestivi del nuovo disco di Max Gazzè “La matematica dei rami”. E ora invece il suo singolo nuovo “La nostra stabilità” riconferma quel new-pop del cantautorato più classico che caratterizza le sue produzioni che si mischia a una scrittura semplice ma non semplicistica. In Montegro la capacità di ritrovare nella quotidianità dei racconti l’universalità dei sentimenti è la prova di una sensibilità importante. La volontà di partire dalle carezze, per abbracciarci tutti. E il canto dolce e malinconico, ma vivo e vero, come inno all’incertezza: come unica consapevolezza di una vita in bilico.

L’intervista a Montegro

Il nuovo singolo  “La nostra stabilità”  è un inno all’incertezza come unica sicurezza della vita: una concezione che è frutto di una resilienza (come va di moda dire ora) dell’ultimo periodo storico oppure una poetica su cui si è sempre fondata la tua musica? Considero le mie canzoni un luogo dove mettersi a nudo, raccontarsi senza filtri per esigenza personale, credo sia un po’ il filo che collega tutti i brani e il mio rapporto con la musica, quindi la reputo una “poetica” (se così possiamo chiamarla) che ha sempre fatto parte di me.

Così come i sentimenti, anche la musica si evolve. Eppure, tu resti pur sempre fedele anche a quella matrice classica del cantautorato. Paradossalmente, per definizione questo ti renderebbe più indie degli indie. Qual è la “scuola” a cui senti di appartenere davvero (ammesso che ce ne sia una sola) Per quanto riguarda la scrittura sono cresciuto e sono un grande amante del cantautorato, in particolare la famosa scuola Romana è quella che mi ha accompagnato negli anni. Per quanto riguarda il lato strumentale quello che più mi stimola e mi affascina è la scena elettronica/ambient Tedesca (Apparat/Christian Löffler)

L’esperienza recente con Max Gazzè, con cui hai co-firmato “Un’altra adolescenza”, uno dei brani più suggestivi del nuovo disco: musicalmente a parte, quale lezione hai imparato da questo incontro? Sono cresciuto con la musica di Max, scrivere un brano per lui è stata un’esperienza incredibile, lavorare con artisti di questo calibro è una lezione continua, mi ha dato tanto sia a livello artistico che umano, la cosa che più mi ha colpito è la vita dedicata alla musica in maniera rispettosa e sincera, credo che quest’ultima sia l’arma segreta per arrivare dritto nel cuore delle persone che ti ascoltano.

Questo è stata la prova di quanto l’incontro sia per primo uno stimolo. E di quanto sia necessario, artisticamente e umanamente. E allora l’inevitabile domandona sulla pandemia. Facciamo conto che ci siano due correnti di pensiero: l’immobilità da Covid ha dato modo agli artisti di trovare più ispirazione oppure tutto questo silenzio ha spento il genio. Tu in quale ti riconosci? E come questo periodo ha influito sulla tua arte? Se dovessi scegliere direi sicuramente la seconda, io scrivo di quello che vivo, direttamente o indirettamente, immagini, ricordi, ritrovarsi di colpo chiusi in casa sicuramente ha penalizzato il mio approccio con la scrittura, però è stata allo stesso tempo un’occasione per cercare di mettersi in gioco diversamente, con quello che avevo a disposizione, parte di questo ha dato vita anche a  “la nostra stabilità”.

Siamo tornati a riacquistare i biglietti dei concerti. Sono ricominciate anche le serate nei locali quasi finalmente affollati. Sappiamo che a breve sarà possibile sentire suonare anche te dal vivo. Che programmi hai? A brevissimo presenterò il mio nuovo singolo in uscita il 22 giugno, in un secret show a Roma, in programma ci sono altri concerti, da delineare e confermare, ma sicuramente non mancherà occasione per ascoltarmi in quest’estate di ripartenza 

L’intimità della tua canzone è nell’universalità dei sentimenti da condividere. Ci sono molte immagini evocative, il profumo dell’estate e – diciamocelo – l’amore. Però confessaci, se la sentisse la persona che ha rotto la sua relazione qualche mese fa secondo te sorriderebbe? Magari un pianto dolcissimo. Si, ci sono molte immagini di vita vissuta, ricordi che nel bene o nel male finiscono sempre lì, come direbbe Brunori : Perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare ?Spero che la persona che la ascolti trovi  un rifugio in questo brano come spesso si fa con le canzoni, in fondo il compito della musica è proprio questo, e se un pianto liberatorio può servire, ben vengano anche le lacrime.