Israele non si accontenta di Gaza, e forse nemmeno del Libano, questo è un nuovo Olocausto? Le ultime notizie internazionali.
La situazione tra Israele e i territori palestinesi, così come al confine libanese, continua a deteriorarsi, con gravi conseguenze per i civili e crescenti preoccupazioni a livello internazionale. Ecco un aggiornamento completo sugli sviluppi più recenti, basato sulle ultime notizie disponibili.
A Gaza ospedali e scuole nel mirino
Nella Striscia di Gaza, l’esercito israeliano ha bombardato l’ospedale Al-Aqsa a Deir al-Balah, sostenendo che la struttura ospitava un centro di comando di Hamas. L’attacco ha causato la morte di almeno quattro persone e più di 70 feriti, molti dei quali con gravi ustioni. Le tende allestite nel cortile per accogliere gli sfollati palestinesi sono andate a fuoco. Secondo fonti mediche, il bilancio potrebbe aumentare dato che alcune delle vittime sono bambini e anziani impossibilitati a fuggire velocemente dalle fiamme.
Oltre all’ospedale, Israele ha colpito una scuola nel campo profughi di Jabalia, causando 22 morti, tra cui 15 bambini, e ferendo 80 persone. L’ufficio stampa di Gaza accusa Israele di colpire consapevolmente aree civili e scuole, aggiungendo che questi bombardamenti hanno compromesso anche le strutture dell’UNRWA, limitando l’accesso a servizi essenziali come le vaccinazioni antipolio per i bambini.
L’ONU, che (finalmente) critica Israele, finisce nel suo mirino
Israele sta affrontando un crescente numero di critiche da parte della comunità internazionale riguardo alle presunte violazioni dei diritti umani a Gaza. L’uso di forza sproporzionata e gli attacchi contro strutture civili, come ospedali e scuole, hanno sollevato condanne per la mancanza di protezione dei civili e per il non rispetto del diritto umanitario internazionale. L’ONU ha recentemente condannato gli attacchi contro l’ospedale Al-Aqsa, dove si trovavano rifugiati civili. L’alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Josep Borrell, ha denunciato l’uso della fame come arma, rilevando che l’accesso agli aiuti a Gaza è ai minimi storici.
Israele ha risposto alle critiche dell’ONU e dell’UNRWA in modo accusatorio e sprezzante, respingendo qualsiasi responsabilità per la devastazione nelle aree civili. Piuttosto che rispondere alle denunce di violazioni dei diritti umani, Israele ha accusato entrambe le organizzazioni di essere corresponsabili della crisi umanitaria, dichiarando che queste “chiudono un occhio” sulle presunte attività di Hamas nelle scuole e negli ospedali. Questo atteggiamento solleva forti critiche internazionali: nonostante le sue azioni siano sotto accusa per aver preso di mira strutture essenziali per i civili, Israele continua a ribaltare le accuse sull’ONU e sull’UNRWA, criticandole per non fare abbastanza per prevenire l’uso di civili come scudi umani. Questa strategia non solo evita di affrontare le responsabilità dirette di Israele, ma rivela un evidente disprezzo per le istituzioni internazionali e per i principi di diritto umanitario.
Anche l’Italia critica Israele: tardiva e (tranne alcune eccezioni) anche ipocrita
Diversi politici italiani hanno espresso indignazione per le azioni israeliane. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dichiarato che le operazioni di Israele stanno “seminando un odio che potrebbe perdurare per generazioni,” e ha criticato la gestione dei civili in aree come Rafah, affermando che Hamas e il popolo palestinese non dovrebbero essere equiparati. Crosetto ha anche espresso preoccupazioni per i ripetuti attacchi alle postazioni dell’UNIFIL, che coinvolgono peacekeeper italiani, e ha ribadito che l’Italia non tollererà ulteriori violazioni del diritto internazionale in questo contesto.
Alessandro Di Battista, ex deputato italiano, ha dichiarato in un recente intervento che i giovani italiani e di altri paesi si stanno mobilitando contro quello che definisce “un genocidio” in corso a Gaza. Di Battista ha aspramente criticato il governo israeliano e ha chiesto che vengano intraprese azioni più forti a livello europeo per fermare l’esportazione di armi verso Israele.
Queste dichiarazioni si uniscono a quelle di altri leader internazionali, come Pedro Sanchez in Spagna, che ha chiesto la sospensione delle esportazioni di armi verso Israele, e di molte organizzazioni internazionali per i diritti umani che sollecitano un immediato cessate il fuoco e la protezione dei civili.
Cisgiordania e Libano: qui non c’è Hamas, che scusa abbiamo per permettere questa distruzione?
In Cisgiordania, l’IDF ha intensificato le operazioni di cattura e neutralizzazione dei leader della Jihad Islamica e di Hamas. L’area di Jenin, una delle più colpite, ha visto scontri tra soldati israeliani e miliziani, con numerose vittime civili. Le incursioni includono raid notturni nelle abitazioni di sospetti, generando ulteriore tensione nella popolazione locale. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna Israele per l’uso di forza letale in zone densamente abitate, chiedendo alla comunità internazionale di intervenire.
Al confine con il Libano, Israele ha intensificato i bombardamenti contro le posizioni di Hezbollah, prendendo di mira complessi militari e tunnel sotterranei. In un attacco recente, quattro soldati israeliani sono stati uccisi vicino alla base militare di Binyamina a nord di Haifa, mentre l’IDF ha colpito una base Hezbollah in risposta. Gli scontri si sono estesi a zone dove sono presenti le truppe UNIFIL, la missione di pace delle Nazioni Unite, che ha denunciato danni e feriti tra i peacekeeper. Israele ha ripetutamente chiesto il ritiro di UNIFIL, accusando la missione di proteggere indirettamente Hezbollah, mentre il Brasile, la Spagna e altri membri dell’UE condannano l’aggressione e chiedono il rispetto delle leggi internazionali.
Se impedisce il suo espansionismo, Israele attacca anche l’ONU ed è follia
Israele ha intensificato le accuse contro l’ONU e l’UNRWA per legittimare le proprie azioni militari a Gaza e in Libano, dipingendo le Nazioni Unite come un ostacolo alla sicurezza dello Stato ebraico. L’IDF ha dichiarato che l’UNRWA “fiancheggia” Hamas, riferendo di avere prove che alcuni membri dell’agenzia hanno legami con il gruppo militante e sono coinvolti in atti di terrorismo, come l’attacco del 7 ottobre. Questa narrativa ha permesso a Israele di giustificare attacchi diretti contro strutture dell’ONU, dichiarando che sono diventate “basi operative” per gruppi armati, e sottolineando che l’ONU non fa abbastanza per impedire l’uso di scuole e ospedali come scudi umani, sottintendendo che questa sia un’adeguata giustificazione per bombardare quei siti (considerati inviolabili, ricordiamo, dal diritto internazionale).
Parallelamente, il governo israeliano ha definito António Guterres e l’ONU “anti-israeliani”, affermando che il loro sostegno ai rifugiati palestinesi in realtà alimenta l’estremismo. Netanyahu ha persino richiesto il ritiro delle forze UNIFIL dal sud del Libano, accusando i peacekeeper di essere “un’inutile presenza” che non riesce a contenere Hezbollah. Questa strategia serve a delegittimare l’ONU come testimone scomodo, distogliendo l’attenzione dalle violazioni delle risoluzioni ONU da parte di Israele e contribuendo a giustificare un’espansione delle operazioni militari senza il controllo internazionale
L’attacco ai caschi blu di Israele è un’ inaccettabile attacco alla nostra tenuta democratica
A sostegno della strategia di delegittimazione delle istituzioni internazionali, Israele ha compiuto diversi attacchi contro le postazioni dell’UNIFIL nel Libano meridionale, con azioni che l’ONU ha denunciato come gravi violazioni del diritto internazionale. L’IDF ha giustificato questi raid sostenendo che Hezbollah utilizza le postazioni UNIFIL come scudi per nascondere e lanciare attacchi, e ha accusato la missione di essere inefficace nel controllare le attività del gruppo militante. Negli incidenti recenti, carri armati israeliani hanno sfondato le recinzioni di alcune basi, costringendo i peacekeeper a rifugiarsi mentre le truppe israeliane distruggevano le infrastrutture, causando anche feriti tra i caschi blu.
L’ONU ha risposto fermamente, ribadendo il ruolo critico di UNIFIL nel monitorare la situazione e condannando gli attacchi come potenziali crimini di guerra. Stephane Dujarric, portavoce del Segretario Generale António Guterres, ha dichiarato che tali azioni violano la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, che stabilisce l’inviolabilità delle postazioni ONU e la libertà di movimento dei peacekeeper. Nonostante le pressioni, l’ONU ha chiarito che la missione non si ritirerà. La presenza di UNIFIL è fondamentale per la stabilità regionale e per contrastare la continua escalation voluta da Israele, secondo le dichiarazioni ONU.
L’Italia si sveglia e critica (solo oggi) l’operato di Israele
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha recentemente espresso preoccupazione per le operazioni di Israele, dichiarando che queste “seminano un odio che potrebbe perdurare per generazioni.” Ha criticato apertamente la gestione israeliana dei civili e ha ribadito la necessità di tutelare i peacekeeper italiani coinvolti nella missione UNIFIL in Libano, a seguito dei ripetuti attacchi israeliani alle loro postazioni. Tuttavia, questa posizione arriva solo ora, mentre figure come Alessandro Di Battista denunciano da tempo le azioni di Israele in modo molto più incisivo.
Di Battista, ex parlamentare italiano, ha continuamente definito le operazioni a Gaza come un “genocidio” e sostiene che Israele non stia combattendo il terrorismo, ma piuttosto conducendo un massacro di civili palestinesi. Durante un recente intervento, ha parlato di “pulizia etnica” e ha condannato il silenzio dell’Unione Europea, che secondo lui è complice per via del suo allineamento con Washington. Ha anche raccolto 78.000 firme per il riconoscimento dello Stato di Palestina, ribadendo che l’UE dovrebbe adottare misure più forti, come un embargo sulle armi a Israele, per fermare queste azioni che considera contrarie ai diritti umani
Anche la comunità internazionale inizia finalmente a spazientirsi di fronte al genocidio (forse è tardi)
Oltre alle recenti dichiarazioni di Crosetto e Di Battista, la condanna verso Israele si estende a livello internazionale. Pedro Sánchez, primo ministro spagnolo, ha chiesto con forza la sospensione immediata delle esportazioni di armi a Israele, sottolineando che “senza armi, non ci sarebbe guerra.” Sánchez ha dichiarato che Israele deve rispettare i principi internazionali e ha ribadito la necessità di un cessate il fuoco per porre fine alla violenza a Gaza e nel sud del Libano. Questa richiesta di embargo è stata avanzata anche durante il vertice Med9 a Cipro, dove Sánchez ha criticato aspramente gli attacchi israeliani contro le forze UNIFIL, inclusi i contingenti spagnoli e italiani, ribadendo l’importanza di proteggere il personale ONU in Libano dalle ripetute violazioni israeliane.
Anche Emmanuel Macron ha espresso preoccupazione e, insieme a Sánchez, ha convocato l’ambasciatore israeliano per chiarimenti, denunciando gli attacchi contro i peacekeeper come “inaccettabili”. Macron ha evidenziato la necessità di fermare l’esportazione di armi verso Israele come unica leva efficace per prevenire ulteriori escalation. La Francia e la Spagna, presenti in UNIFIL con importanti contingenti, sono quindi in prima linea nel condannare le azioni di Israele e nel richiedere misure concrete per proteggere i civili e il personale delle Nazioni Unite coinvolto nelle missioni di pace.
Queste dichiarazioni si uniscono alla richiesta urgente di molte organizzazioni per i diritti umani che invocano un cessate il fuoco immediato e una maggiore tutela per i civili, soprattutto dopo gli attacchi che hanno devastato ospedali e scuole a Gaza.
Persino le comunità ebraiche nel mondo si indignano: “questo ricorda l’olocausto”
Negli Stati Uniti e in Europa, diversi gruppi ebraici criticano apertamente il governo Netanyahu, evidenziando come le operazioni militari a Gaza stiano danneggiando non solo la reputazione internazionale di Israele, ma anche le prospettive di pace a lungo termine. Queste comunità, tra cui Jewish Voice for Peace negli Stati Uniti e il gruppo italiano “Voci ebraiche per la pace”, condannano l’uso della forza contro civili palestinesi e respingono la strumentalizzazione dell’antisemitismo come mezzo per bloccare critiche legittime.
Molti membri della diaspora ebraica ritengono che il ricorso alla violenza e alla retorica nazionalista del governo Netanyahu sia in contrasto con i valori etici del popolo ebraico e temono che la confusione tra ebraismo e politiche israeliane aumenti i sentimenti antisemiti in Europa e altrove. Questi gruppi sostengono che, come ebrei, hanno il dovere morale di opporsi a quella che considerano una strategia oppressiva, evidenziando che la memoria dell’Olocausto dovrebbe ispirare compassione e solidarietà con tutte le vittime di ingiustizia, inclusi i palestinesi oggi.
In Italia, anche alcuni membri dell’Unione delle Comunità Ebraiche esprimono disagio rispetto all’attuale governo israeliano, richiamando l’attenzione sull’importanza di separare la critica alle politiche di Israele dall’antisemitismo. Questi gruppi chiedono un cambiamento di leadership in Israele, promuovendo un approccio più rispettoso dei diritti umani e impegnato per la pace, sostenendo che la difesa incondizionata delle azioni militari di Israele sia dannosa per le relazioni intercomunitarie e per il dialogo con altre culture.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine