Israele: il premier Benyamin Netanyahu ha annullato l’accordo sul ricollocamento dei migranti africani presenti nel Paese. “Ho ascoltato con attenzione i molti commenti, ho riesaminato i vantaggi e le mancanze e deciso di annullare l’accordo”. La mossa del premier è arrivata dopo aver visitato oggi i quartieri sud di Tel Aviv dove è più forte la presenza dei migranti.

contro la schiavitù credits ANSA/AP
L’accordo sul ricollocamento dei migranti africani di Israele è stato annullato. Dopo le proteste e l’incontro con gli abitanti dei rioni di Tel Aviv, che vorrebbero una espulsione massiccia ed immediata dei migranti. Sospensione dell’intesa con l’Unhcrc avvenuta a seguito dell’incontro con il ministro degli Interni. Sarebbe stato un “accordo storico” con il trasferimento di 16.250 eritrei e sudanesi in 5 anni. E invece Israele, dice Netanyahu, ”continuerà a cercare altre soluzioni”. Che ha aggiunto:
”Malgrado le limitazioni giuridiche e le crescenti difficoltà internazionali continueremo ad agire con determinazione per ricorrere a tutte le possibilità che abbiamo a disposizione per far uscire gli infiltrati dal Paese”
All’origine della decisione di Netanyahu ci sarebbero anche le forti critiche politiche. Mosse da esponenti del Likud, il partito di Netanyahu, e dal partito nazionalista Focolare ebraico. L’Onu ha chiesto al premier israeliano di ripensarci tramite l’alto commissariato per i rifugiati (Unhcr). “Continuiamo a credere nella necessità di un accordo vantaggioso per tutti che possa giovare a Israele, alla comunità internazionale e alle persone che hanno bisogno di asilo – ha spiegato un portavoce – e speriamo che Israele riconsideri presto la sua decisione”.
Accordo sul ricollocamento dei migranti Israele-Onu: il caso Italia
E la storia del ricollocamento dei migranti africani ha provocato anche un caso Italia. E non solo. Ieri i Paesi indicati da Netanyahu come esempio di una possibile destinazione dei migranti, tra cui il nostro, ma anche la Germania, hanno smentito di aver dato alcun assenso all’intesa fra Israele e l’Alto commissariato dell’Onu.
Il premier Netanyahu, in una conferenza stampa, avrebbe detto che i migranti in questione sarebbero stati ”accolti anche da Roma”. O dalla Germania o dal Canada. Ma sarebbe stato solo un esempio. La Farnesina, nel frattempo, ha subito negato. E così la Germania.
Al di là dell’esempio e del fatto in sé, che ha scatenato dure reazioni della politica, con le prese di posizione di Maurizio Gasparri (FI) e di Roberto Calderoli (Lega), il problema della gestione dei flussi di migranti si conferma centrale nell’attuale geopolitica mondiale. Un problema, e un caso, a cui servono risposte concrete e funzionali. Magari anche nel minor tempo possibile.
Il destino dei migranti africani di Israele
Le prossime settimane saranno cruciali per chiarire quale sarà il destino del primo scaglione di circa 6000 persone sul totale di 16.250 che partiranno da Israele in 5 anni. L’altra metà su 37-38mila migranti africani, dovrebbe restare in Israele come residenti permanenti, ottenere visti di lavoro e andare dove potranno rendersi utili. Lo ha spiegato il ministro degli interni Arie Deri in conferenza stampa,
Il problema dei migranti illegali africani è sicuramente una spina nel fianco per Netanyahu e il suo governo. Per loro, i migranti, si era parlato addirittura dell’espulsione, incoraggiata con una cifra di 3500 dollari a testa, in un paese terzo africano, forse il Rwuanda. E la detenzione o l’allontanamento coatto per chi avesse rifiutato.
Un piano contro cui si sono scagliati i partiti del centro sinistra, le ong dei diritti umani e la Corte Suprema israeliana, che lo ha di fatto ha bloccato dando tempo al governo Netanyahu fino al prossimo 9 aprile per giustificare le sue intenzioni.
Federica Macchia