È passato ormai mezzo secolo da quando per la prima volta un giocatore italiano è entrato a far parte del mondo del basket a stelle e strisce venendo scelto da una squadra al Draft NBA. Quella scelta era stata destinata a Dino Meneghin selezionato dagli Atlanta Hawks all’undicesimo giro con la 182esima chiamata (un altro Draft di un’altra NBA). Come sappiamo la leggenda italiana non giocò mai una partita nella lega americana, ma rimane comunque l’importanza storica di quella chiamata. Chi per primo mise piedi italiani in un campo NBA fu infatti Stefano Rusconi 25 anni fa con la canotta dei Phoenix Suns, seguito da Vincenzo Esposito in maglia Raptors, il quale segnò il primo punto italiano in NBA.

Il basket nostrano ha poi dovuto aspettare altri 11 anni prima che un altro nostro giocatore venisse scelto da una delle 30 franchigie. Fu l’unica non americana, i Toronto Raptors, a scegliere addirittura con la prima chiamata assoluta (chiamata più alta per un giocatore europeo) Andrea Bargnani. Il Mago nonostante un buon inizio non riuscì a trovare una sua dimensione nella lega e il suo potenziale rimase inespresso. Coloro che invece per primi riuscirono a imporsi con continuità nella lega furono Marco Belinelli e Danilo Gallinari, che aprirono poi la strada a Luigi Datome e, infine a Nicolò Melli.

Marco Belinelli

Tra gli italiani attualmente militanti in NBA il più “anziano” è Marco Belinelli, alle prese con la stagione numero 13 negli States. Scelto dai Golden State Warriors con la 18esima scelta assoluta, ha poi militato in ben altre 8 squadre diverse, compresa quella (attuale) dei San Antonio Spurs. Con loro il Beli è diventato il primo italiano ad alzare il Larry O’Brien Throphy e vincere la gara dei tiri da 3 all’All-Star Game. Da allora non ha più avuto una stagione come quella cambiando 5 squadre in 4 anni, ma si è comunque guadagnato il rispetto della lega, venendo riconosciuto come uno dei tiratori più affidabili in circolazione.

Dopo le collaborazioni non andate a buon fine con Sacramento, Charlotte, Atlanta e Philadelphia, Marco ritorna da coach Pop a San Antonio nel 2018. Quella di quest’anno è probabilmente la peggiore stagione in NBA di Belinelli, che adesso ha quasi 34 anni; sia in termini di minuti a partita (15.0) che di punti segnati a notte (5.8), Marco ha fatto peggio solo nel suo anno da rookie. Nonostante questo il talento di San Giovanni in Persiceto è ancora considerabile un solido tiratore (39% dal campo, 36.8 da tre) e un veterano che non farebbe male a certe squadre in posteason (soprattutto se ancora tira fuori colpi del genere). I Playoff almeno quest’anno però rischiano di saltare sia per Beli che per gli Spurs, dopo 22 anni consecutivi senza restarne fuori.

Belinelli
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Danilo Gallinari

Non fosse stato per gli innumerevoli infortuni che ne hanno limitato la carriera, Danilo Gallinari forse oggi avrebbe qualche convocazione all’All-Star Game in più. Sì, perché al netto del suo ginocchio, il Gallo ha fatto abbondantemente ricredere quei tifosi newyorchesi che al Draft del 2008 l’avevano fischiato dopo essere stato chiamato con la scelta numero 6 dai Knicks (impresa mica da poco. Chiedere a Porzingis per conferma). Da lì in poi Danilo ha guadagnato non solo il rispetto dei tifosi ma anche quello di avversari e addetti ai lavori. Dopo NY è diventato leader offensivo dei Nuggets di coach Karl e poi protagonista, l’anno scorso, dell’ottima stagione dei Clippers in cui il Gallo ha espresso il miglior basket della sua carriera.

Quest’anno a Oklahoma sta rivivendo una realtà simile, con una squadra svuotata delle sue superstar ma capace comunque di ottenere ottimi risultati. Anche senza Paul George e Russell Westbrook, infatti, i Thunder sono quinti nell’iper-competitiva Western Conference. Artefice di ciò è certamente anche Gallinari, che sta viaggiando a medie che si avvicinano molto a quelle dell’anno scorso. Circondato da Chris Paul, Shai Gilgeous-Alexander, Dennis Schroeder e Steven Adams la possibilità di approdare ai playoff è lì lì per diventare una realtà concreta. Per il nativo di Sant’Angelo Lodigiano sarebbe la quarta apparizione ai playoff dopo quelle del 2011 e 2012 con Denver e quella dello scorso anno con Los Angeles.

danilo gallinari
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Nicolò Melli

Rispetto agli italiani qui sopra Melli è arrivato in NBA un po’ tardino. Ci aveva già provato nel 2013, ma era andato undrafted e aveva deciso di ritornare a Milano con l’Olimpia; poi l’esperienza con il Brose Bamberg, con qui conquista due campionati tedeschi, e di seguito il Fenerbache. Qui incontra il compagno di Nazionale nonché già giocatore NBA con la casacca di Detroit e Boston, Gigi Datome; con lui è protagonista in Eurolega (dove perde in finale col Real di Doncic) e vince un campionato turco. Il 25 luglio 2019 il sogno NBA finalmente si concretizza e firma un contratto di due anni con i New Orleans Pelicans. Dopo un debutto niente male le difficoltà dell’ala emiliana si palesano: realtà diversa, gioco diverso, squadra diversa. Nicolò ottiene pochi minuti e segna pochi punti. Poi arriva il 2020 e Zion.

Nik capisce che deve prendersi più tiri, anche quelli difficili, e sfruttare maggiormente le spaziature di NOLA. Per questo il rientro di Williamson è risultato fondamentale non solo per Melli ma anche per l’intera squadra. Nelle 33 partite prima di Zion l’ala italiana è andata in doppia cifra 7 volte, nelle 19 partite successive ben 10 volte. Al netto del rientro della prima scelta assoluta dello scorso Draft, Melli si è meglio inserito nel tessuto NBA, comprendendone filosofia e ritmi. In questo modo è diventato un tassello prezioso per Alvin Gentry, che adesso ha buone possibilità di portare la squadra ai Playoff. Per Nicolò sarebbe un traguardo non da poco al suo primo anno NBA.

Nicolo melli
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I potenziali futuri italiani NBA

Negli scorsi mesi si è spesso parlato della possibilità per alcuni giocatori americani di ottenere il passaporto italiano e quindi di giocare con la nazionale azzurra. Prima Ryan Arcidiacono, che poi ha quasi dovuto rinunciare in quanto si era scoperto che uno dei suoi antenati aveva rinunciato alla cittadinanza italiana. Ancora in fase di sviluppo, ma con esiti finali potenzialmente positivi, è la questione che invece riguarda Donte Divincenzo. La guardia dei Bucks ha chiare origini italiane e sogna di giocare con la maglia azzurra, magari già al preolimpico. Il lento iter burocratico potrebbe non far avverare quest’ultima possibilità, con l’esordio di Divincenzo in azzurro che potrebbe slittare direttamente all’Europeo.

Fresca è anche la notizia che un altro talento ha deciso di far parte della nazionale italiana: si tratta di Paolo Banchero, prospetto 2002 che sta facendo molto bene in High School tanto da attirare su di sé le attenzioni dei più importanti college americani. Chi invece ha già attirato le attenzioni delle università a stelle e strisce (e non solo) è Nico Mannion. Il play di Arizona deve ancora decidere definitivamente se rendersi eleggibile per il Draft 2021, ma il talento non manca di certo. Intanto a luglio 2018 era arrivato il suo debutto con la Nazionale in occasione delle qualificazione al mondiale. Insomma, in futuro il numero di italiani presenti in NBA è destinato a crescere.

nico mannion italiani NBA
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