Cultura

Italo Svevo, la senilità come malattia della mente

Italo Svevo, all’anagrafe Aron Hector Schimitz, è una delle voci letterarie più acclamate e studiate del Novecento. Visse a Trieste, città amata da James Joyce. Divennero amici. Le tematiche affrontate da Svevo nelle sue opere drammaturgiche e nei suoi romanzi seguono due direttrici che si fondono continuamente: l’analisi sociale e il dramma psicologico. È ormai un classico delle tesine della maturità associare Svevo a Freud e a Schopenhauer

Senilità di Italo Svevo, un romanzo autobiografico

credits Alamy.it

La disperazione, la mortificazione, il sogno illusorio, la passività, e la psicosi, sono i leit motiv dei suoi personaggi, rappresentazioni speculari di Svevo stesso. Lo scrittore era noto per la sua passività nei confronti della vita. Pietro Citati lo descrive così:

L’unica, penosa attività che conoscesse era quella che attribuì agli eroi dei suoi romanzi: una infantile rivalsa in sogni da megalomani e in astratti desideri di azione, una inclinazione alle illusioni e alle soddisfazioni sentimentali.

Questa descrizione calza a pennello per il personaggio di un suo importante romanzo, pubblicato nel 1898: Senilità. Emilio Brentani è un borghese decadente, ridotto a fare l’impiegato in una società di assicurazioni. Un fallito nella classe sociale a cui appartiene. Consapevole di questo stato, cerca, in modo trasognante e poco concreto, di uscire dal proprio ceto, diventando un’altra persona. 

Sogna di scrivere una grande opera e di diventare un artista bohémien o un poeta maledetto. Cerca la fuga dalla realtà, senza crederci davvero. In questa situazione di nevrosi sull’orlo della schizofrenia la relazione con Angelina gli dà il colpo di grazia, ma al contempo una ragione per rasserenarsi e rendere più tenue la sua insoddisfazione. 

Svevo ci mostra come la relazione amorosa può essere, al di fuori di ogni romanticismo, un palliativo, che, come sedativo psicologico, migliora la salute psichica delle persone, rallentando la psicosi o facendola retrocedere. Ma poi Svevo racconta come la perversione psicologica ha la meglio all’interno di una relazione così malata. Il tentativo di conciliare aspirazioni e valori opposti, cercando di cambiare e di “educare” l’altro per scopi egoistici, si rivela fallimentare.

La relazione come stabilizzatore psicologico, funziona, quindi, non quando è vissuta, altrimenti sarebbe un sano rapporto amoroso, ma quando è finita e sopravvive nella memoria infetta, ma creativa, di un uomo come Emilio, frustrato e al contempo pieno di immaginazione trasognante, che tesse le proprie illusioni nel suo romanzo. 

La senilità come malattia mentale

La senilità indicata nel titolo del romanzo, non è anagrafica, non dipende dall’età. Invece, è una condizione esistenziale di certe persone, come Emilio e come a lungo fu Svevo stesso. L’uomo che è incapace di vivere come gli altri, perché passivo e contemplativo della vita. Uno stato morboso, segno di debolezza, più che di vulnerabilità e di intelligenza che distingue l’uomo dal bruto e dal malizioso. Una condizione vissuta da Svevo e dai suoi anti-eroi come prossima, se non identica, alla malattia mentale che intorpidisce e rende inerti e inermi.  

LORENZO PAMPANINI

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