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Home Cultura

Italo Svevo, padre del decadentismo italiano

by Redazione Metropolitan
13 Settembre 2022
in Cultura
Reading Time: 4 mins read
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Italo Svevo, nasce a Trieste il 19 dicembre 1861, ed è ritenuto uno dei principali esponenti della cultura mitteleuropea. Pseudonimo di Ettore Schmitz, scelse di chiamarsi “Italo” per dichiararsi italiano come sua madre, e “Svevo” per mostrare la sua origine tedesca da parte paterna. Il suo nuovo nome, quindi rimanda direttamente alla sua origine geografica controversa.

La sua fama sta nell’aver contribuito alla nascita del romanzo contemporaneo, inteso come il romanzo che tratta dei conflitti dell’uomo moderno, delle sue ansie e contraddizioni. Ma non fu solo un romanziere, ma anche critico letterario, scrittore di opere teatrali e novelliere, ma senza successo.

Italo Svevo e l’avvicinamento al mondo letterario

Fotografia di Italo Svevo - Photo Credits: studenti.it
Fotografia di Italo Svevo – Photo Credits: studenti.it

Subì, fin da giovane, il fascino della letteratura, con la quale intrattenne tuttavia, un rapporto conflittuale. Da lui, fu sempre considerata solo una malattia, che lo discostava dalle concretezze della vita. Anche la scrittura non ebbe mai potere estetizzante, ma piuttosto fu un mezzo per la conoscenza di sé stesso e del mondo.

Ecco che anche nella lettura, preferì autori che s’impongono per la concretezza dei loro contenuti, più che per la loro proprietà formale e stilistica. Notevole fu il suo interesse per il filosofo Schopenhauer e per i grandi narratori realisti, come Zola, Machiavelli, Boccaccio e De Sanctis.

I suoi primi romanzi

I suoi primi due romanzi Una vita (1893) e Senilità (1898), non ebbero gran successo. Queste opere, trattano di due giovani protagonisti, Alfonso Nitti e Emilio Bretani. Entrambi impiegati ordinari poco realizzati, con passioni letterarie. Sono inetti, incapaci di vivere la vita. Essi aspirano a qualcosa di più, senza mai raggiungerlo, a causa dei propri limiti, delle proprie paure e della propria inadeguatezza a stare al mondo.     

I due romanzi iniziano in modo realistico e naturalistico, ma si concludono in maniera psicologica emotiva. Chiamato per questo, “romanzo analitico“, è una descrizione oggettiva dei fatti, che muta in una complicata e profonda angoscia esistenziale. Essa è sostenuta dal monologo interiore, indiretto e automatico, per cui gli avvenimenti si presentano solo attraverso il riflesso che hanno avuto nella coscienza del protagonista.

Ideali e poetica di Italo Svevo

La sua è una tematica esistenziale, di rappresentazione della solitudine e dell’aridità degli individui, che avvertono con disperazione la loro incapacità di aderire alla vita. La sua poetica, in un certo senso, rientra nel vasto movimento decadentistico. Rifiuta l’estetismo letterario e la ricerca della perfezione linguistica, in favore di una maggiore adesione alla realtà esteriore del mondo e a quella interiore dell’uomo.      

Nei suoi romanzi, la solitudine e l’alienazione dei protagonisti sono manifestazioni di una “malattia mortale” che corrode i singoli individui, e l’intera società borghese. Svevo si inserisce perfettamente in questa scoperta dell’inconscio, iniziata da Freud e continuata con Proust.

La coscienza di Zeno

Il fiasco che ebbero queste due opere lo demoralizzò al punto che per 25 anni non scrisse più niente. Nel 1905 si dedicò allo studio della lingua inglese, insegnata da James Joyce, colui che sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori inglesi del 900. Fu proprio lui a puntare su Svevo, risvegliando in lui la fiducia nelle sue capacità artistiche.

Dopo la I Guerra Mondiale infatti, scrisse un altro romanzo, La coscienza di Zeno, che uscì nel 1923. Si tratta di una narrazione autobiografica di Zeno Cosini, un ricco triestino. Esso per liberarsi da una nevrosi che gli impedisce di smettere di fumare, si sottopone a una cura psicanalitica. Zeno racconta vari episodi della sua vita: il tentativo di smettere di fumare, la morte del padre, il matrimonio, che terminano con l’abbandono della cura.

Ultimi anni di vita

Grazie a Joyce e a due critici che lo definirono innovativo e importante, Italo Svevo, ebbe i primi riconoscimento esteri, in tutta Europa. In Italia, anche Montale aveva manifestato la sua ammirazione per il romanzo, imponendolo all’attenzione della critica italiana. Gli ultimi anni di Svevo furono quindi abbastanza felici.
Morì a Motta di Livenza (Veneto) il 13 settembre 1928 per un incidente automobilistico.

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