Il nome di Jim Morrison evoca subito un immaginario preciso. Leader dei The Doors, mito di una generazione, musicista sensazionale e uomo che aveva un complicato rapporto di amore-odio con il mondo hippie che lo idolatrava.
Il frontman della band muore a 27 anni, il 7 luglio 1971, mentre era a Parigi per sfuggire alla pressione dei fan e del ruolo che si era autoimposto nella rivoluzione culturale degli anni ‘60. Una fuga che potesse finalmente dare spazio anche a un lato tanto inedito quanto radicato del suo essere: il Jim Morrison poeta.
Il cuore di uno dei gruppi rock più acclamati degli anni ’60 sembra infatti aver incrociato quasi per caso la musica e l’ascesa del mondo rock. La sua vera vocazione, la passione che davvero lo accendeva di speranze per il futuro era la scrittura.
Lo conferma un’intervista al “Rolling Stone” del 1969. Al giornalista che gli chiese se immaginava di virare su una carriera da scrittore, Jim Morrison rispose “Questa è la mia più grande speranza. Questo è stato sempre il mio sogno”.
L’opera omnia del Jim Morrison poeta
A cinquant’anni dalla prematura morte del cantante è stata pubblicata quella che possiamo dire l’opera omnia degli scritti di Jim Moorrison: “The Collected Works of Jim Morrison: Poetry, Journals, Transcripts and Lyrics”. Come il sottotitolo esplicita in maniera fin troppo didascalica, si tratta di un lavoro di raccolta di tutti gli scritti del cantante dei The Doors: dalle poesie, ai pensieri, alle semplici annotazioni di aneddoti, fino all’ultima registrazione di poesie realizzata in occasione del suo compleanno nel ’70.
Dietro a questa operazione, oltre alla volontà di restituire in un’unica opera onnicomprensiva i lavori del poeta maledetto dietro alla rockstar, ci sono la determinazione e l’affetto della sorella Ann. A lei va il merito di aver riportato alla luce i 28 diari di Jim custoditi in un caveau a Parigi. Tra questi taccuini è emerso anche un “progetto per un libro”, che Ann Morrison ha seguito come linea guida per dare all’opera una costruzione simile a quella che avrebbe voluto il fratello.
Ne è risultato un volume di 600 pagine, pubblicato negli Stati Uniti da Harper Collins l’8 giugno 2021, con molti testi già noti ai fedelissimi. Un terzo del libro è dedicato invece a scritti inediti, che confermano quella vocazione di Morrison di essere un “Connettore Scrittore” per “dare una forma alla vita”.
La poesia come vera aspirazione
“Se la mia poesia ha una qualche aspirazione, è quella di liberare la gente dai modi limitati in cui vede e sente”
Jim Morrison
La poetica di Morrison guarda sicuramente alla morte come fonte d’ispirazione. Frequenta l’idea di morte e la corteggia, come uno scrittore seduto alla corte dei poeti maledetti. Avido lettore dei classici, Jim Morrison s’ispirava a grandi poeti come Rimbaud, Baudelaire e, soprattutto, William Blake.
Sin dalla prima pubblicazione nel 1969 il poeta gioca però anche con le “porte della percezione”, con il modo e i sensi con cui si esperisce il mondo ogni giorno e le parole per scavalcare la propria mente piegata all’abitudine. Discepolo del simbolismo. Figlio dell’espressionismo.
Quell’esordio letterario avveniva sotto il nome di battesimo James Douglas Morrison, nel disperato tentativo di sbarazzarsi di quel nome da rockstar che sentiva appiccicato addosso, soffocante. Gli resta appiccicato ancora adesso, oggi che continuiamo a leggere la poesia attraverso il personaggio, attraverso il filtro della leggenda rock che Morrison è inevitabilmente diventato, dimenticandoci di lasciarci attraversare dalle parole del poeta che, a volte, raggiunge la profondità e l’intensità dei migliori profeti.
Debora Troiani
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