Musica

Jimi Hendrix a Woodstock: l’inno di pace di cui il ‘69 aveva bisogno

Jimi Hendrix a Woodstock è diventato dei marchi iconici della cultura del tempo.  Non appena si nomina il celebre festival del ’69, Jimi è sicuramente uno dei primi volti ad essere richiamato alla memoria.

Un’esibizione la sua, diventata internazionale, nonostante in quel momento, fossero presenti pochissime persone.

Jimi Hendrix e Woodstock: la vera essenza del festival

Jimi Hendrix a Woodstock - Photo Credits consequence.net

Uno dei motivi per cui l’esibizione del celebre chitarrista ebbe successo, fu forse nella sua capacità di incarnare i principi dominanti del festival.

Il Festival era infatti un vera e propria celebrazione alla cultura hippie, in cui il solo scopo era quello di vivere “tre giorni di pace e musica rock“.

Questo fece Hendrix: nella più autentica semplicità, si limitò a suonare quel rock che farà poi la storia della musica.

Con un nuovo gruppo messo in piedi appositamente per Woodstock, i Gypsy Sun and Rainbows, Hendrix era l’ultimo artista ad esibirsi. Fu infatti scelto per concludere il festival, dopo che l’organizzatore aveva tentato, senza riuscirci, di ingaggiare la leggenda dei cowboy Roy Rogers.

Il gruppo di Hendrix era composto dal batterista della Jimi Hendrix Experience,  Mitch Mitchell e due percussionisti locali di Woodstock, Juma Sultan e Jerry Velez. La band era completata da due amici del cantante, che avevano fatto parte dell’esercito americano, il chitarrista Larry Lee e il solido bassista Billy Cox.

Una Jam Session tra amici

La band avrebbe dovuto concludere la serata finale di Woodstock verso mezzanotte, ma a causa di ritardi nella programmazione non salì sul palco fino alle 9:00 del lunedì mattina.

A questo punto, la folla si era in gran parte dispersa ed era tornata alle proprie vite programmate. Erano rimaste solamente 40.000 persone a guardare Hendrix e il suo nuovo gruppo. Ma saranno proprio quei pochi fortunati ad assistere ad uno dei momenti musicali più celebri della storia.

Le quarantamila persone erano solamente un decimo dell’affluenza totale del festival. Sarà stata appunto questa accoglienza ristretta ad aver permesso di creare un clima intimo e amichevole, in pieno stile Woodstock.

<<I see that we meet again!>>

Jimi Hendrix a Woodstock – Fonte: mojim.com

Dopo una serie di brani nuovi, Jimi inizia a dare il meglio di sé con un’interpretazione bruciante di Foxey Lady, affascinando il pubblico con i suoi trucchi chitarristici. A questo punto, il pubblico continuava a chiedere vari vecchi pezzi e Jimi li ha accontentati con un’entusiasmante Fire dal suo primo album.

È arrivato il momento di portare l’esibizione a casa. A questo scopo, Hendrix si è lanciato nel suo numero di chiusura standard “Voodoo Child (Slight Return) dall’album Electric Ladyland del 1968. Questo si è esteso in una jam tra Hendrix e Larry Lee.

Mentre si concludeva ha avvisato il pubblico che potevano anche andarsene, dato che stavano “solo” jammando.

L’inno di Woodstock

Improvvisamente e senza avvisare la band, Hendrix inizia a suonare le note iniziali dell’inno nazionale americano The Star-Spangled Banner.

La band inizialmente cerca di seguire l’esempio di Hendrix, ma poi sceglie saggiamente di disporsi mentre lui creava la magia. La sua magistrale interpretazione strumentale dell’inno è riuscita a trasmettere il senso di agitazione che attanagliava l’America in quel momento.

In quei pochi accordi, il musicista riesce a racchiudere fedelmente il principio che aveva guidato i giorni appena vissuti. Le visioni da incubo della guerra e dell’odio che marciava nei territori americani, proposti dagli arpeggi della sua chitarra, si assopirono in una lettura pacifica dei versi finali del brano. Fu un’esibizione davvero sorprendente, che sarebbe diventata uno dei momenti e dei ricordi più duraturi di Woodstock.

Ma Jimi Hendrix non aveva finito.

L’ultimo regalo al pubblico (e a noi amanti della musica) fu il classico Purple Haze,  tratto dal suo primo album, offrendo una potente interpretazione di questo vecchio pezzo d’oro, esaltata dall’evidente magia che aveva appena creato.

Si è poi passati a una lunga improvvisazione strumentale, con Jimi che ha eseguito senza accompagnamento una varietà di riff e stili. Infine, ha chiuso il set principale con Villanova Junction, un lento e luttuoso blues strumentale che sembrava un requiem per l’intero weekend. Con questo, Jimi ha lasciato il palco con un semplice <<Grazie>>.

Martina Capitani

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Ph: Jimi Hendrix a Woodstock – Photo Credits consequence.net

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